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TESTO Commento su Isaia 25, 6-10a;Colossesi 2, 1-10a;Giovanni 2, 1-11

don Raffaello Ciccone  

II domenica dopo l'Epifania (Anno B) (15/01/2012)

Vangelo: Is 25, 6-10a;Col 2, 1-10a;Gv 2, 1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 2,1-11

1Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Lettura del profeta Isaia 25, 6-10a
Questo testo fa parte di una serie di capitoli (cc 24-27) chiamati anche "Apocalisse di Isaia". Vi si trova la rivelazione del giudizio definitivo di Dio contro i suoi avversari e l'annuncio dell'inizio del dominio universale di Dio sul mondo. Dopo che il Signore avrà sconfitto l'esercito celeste e tutti i re della terra, si potrà celebrare la sua intronizzazione sul monte Sion, dove egli manifesterà la sua gloria in una dimensione cosmica (si parla del sole che impallidisce e la luna che arrossisce: Is24,22-23). Il capitolo 25 va compreso come seguito della intronizzazione di Dio e si apre con un inno di lode e di gloria a Dio (25,1-5). Dio prepara un banchetto per tutti popoli: Egli stesso celebra finalmente la conclusione festosa per la vittoria e rappresenta il coinvolgimento di tutti popoli per cui è garantita la pace. Si deve ricordare che uno stesso banchetto rituale fu consumato dopo il "patto dell'alleanza" con Mosé al Sinai (Es 24,9-11). Anche Gesù, nel Nuovo Testamento, celebra un banchetto, prima di morire. Esso è, nello stesso tempo, il rinnovo della Nuova Alleanza conclusa tra Dio e tutti gli uomini della terra e gesto continuo di comunione in un mondo che si costituirà nella pace. Si dice infatti nel Vangelo di Matteo "Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati". (26,26-28). Il Signore eliminerà il dolore da tutti popoli e "da ogni volto" e vincerà la morte. In questo brano si apre anche lo spiraglio di una speranza di immortalità e quindi il superamento della morte. Gesù ricorderà la risurrezione. Tutti i popoli si riconosceranno nella fede e nella speranza del Signore e quindi vivranno nella serenità, felicità e pace.
Per tre volte viene nominato il monte del Signore per indicare che sarà proprio Gerusalemme il punto di confluenza della vittoria di Dio sul male. Ma ancor oggi Gerusalemme non è il luogo della pace e dobbiamo tutti pregare perché possa vivere in pace il suo cammino e il suo cambiamento per la concordia dei popoli.
Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 2, 1-10a
Paolo non è stato nella città di Colossi o di Laodicea né ha fondato queste comunità e tuttavia è preoccupato per le notizie che gli fa giungere Epafra, un collaboratore che sembra essere stato il fondatore di queste piccole chiese. L'apostolo se ne sente la responsabilità, pur non avendole fondate ed usa una immagine biblica famosa, quella che corrisponde alla lotta di Giacobbe con l'angelo (Gen32,25-33), quando dice:"Sappiate quale lotta debbo sostenere per voi" (2,1).. Questa "lettera ai Colossesi", collocata durante la prima prigionia di Paolo a Roma (tra il 61 e il 63 d.C.), affidata a Tichico, mette in guardia da "inganni" che vengono proposti "con argomenti seducenti". Confluiscono, probabilmente, elementi giudaici sugli angeli ed elementi pagani che nascono da una suggerita "filosofia". Con questo termine Paolo indica il pensiero anche religioso che propone idee opposte al Vangelo. E l'inganno consiste nel ritenere presenti altri esseri accanto a Cristo o in alternativa a lui, per garantire che possono offrire essi stessi la salvezza: si tratta di potenze cosmiche o angeli (1,16) come pure elementi del mondo naturali (aria, acqua, terra, fuoco). Questo affollamento di potenze e di elementi, accanto a Cristo, compromette la fede nella sua supremazia sul mondo. Paolo non mette in discussione la potenza e l'attività di queste realtà, che egli assomiglia agli angeli della tradizione giudaica (2,15), ma chiarisce che "è in lui, cioè in Gesù, che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità", e voi partecipate della "pienezza di lui che il capo di ogni principato e di ogni potestà" (2,10). E se gli angeli hanno svolto un ruolo di mediazione e di amministrazione della legge finora, essi hanno solamente preparato questo tempo. Ora quel loro ruolo è cessato. E' Cristo, il Signore, che ha preso in mano il governo del mondo e ha instaurato un tempo nuovo.
In questo testo Paolo accenna alle lotte che ha affrontato per salvaguardare la fede nelle comunità di Colossi e di Laodicea. Egli desidera fortemente portare questa comunità a conoscere sempre più profondamente il mistero di Cristo. Paolo prega perché i "cuori vengano consolati" (2,2) nei doni dello Spirito Santo. Egli è sicuro che la fraternità arricchirà "di una piena intelligenza" ciascuno di questa comunità, "per conoscere il mistero di Dio". Il mistero di Dio è "Cristo in cui sono nascosti tutti tesori della sapienza e della conoscenza" (2,3).
Paolo parla della mistero che è unico, superando così tutta la letteratura giudaica. Il mistero è concentrato in Gesù che attua insieme la rivelazione e la presenza di Dio stesso nella concretezza storica della sua vita. Questo mistero è rivelato ai credenti nella Chiesa. E se in Gesù sono nascosti tutti tesori della sapienza e della conoscenza, nella parola di Dio viene svelato che essi risplendono nella sua pienezza nel cuore dei credenti.
Questo brano aiuta a capire anche il significato del lavoro pastorale. Paolo ritiene giusto non essere di parte. Anzi, la frammentazione in gruppi contrapposti lacera e isterilisce la fede (1Cor1,10ss). Il suo compito non è solo quello di annunciare ma è anche quello di sostenere, istruire e incoraggiare per camminare verso la piena maturità di Cristo. Si tratta così di un faticoso lavoro quotidiano per far progredire la comunità, rivolgendosi a tutti perché tutti possano conoscere il Signore Gesù e vivano senza divisioni (id)..
La pastorale che Paolo sviluppa, e che fa maturare nelle sue comunità, proponendola come stile di vita, non è certo quella della selezione, del creare gruppi, del preoccuparsi di una elite di persone, ma è quella di costituire una famiglia dove ci si accolga e dove ciascuno aiuti l'altro nelle difficoltà e nelle incomprensioni. Non a caso questo brano orienta verso la fraternità.
Perciò Gesù è la strada, il compagno di viaggio, la meta, il progetto, il fondamento di tutto per tutti: "Camminate dunque nel Signore Gesù". Restando perciò in comunione con Lui, ogni credente riceve la garanzia da parte di Gesù risorto che egli è in noi e noi aderiamo a lui.
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 2, 1-11
Gesù è invitato ad un matrimonio e Giovanni ricorda che siamo al terzo giorno, il settimo giorno dall'inizio del Vangelo, suggerendo un particolare valore poiché siamo alla conclusione della nuova creazione.
Il racconto è particolare. Lo si dice "il primo dei segni": "segni" e non "miracoli. I segni che Giovanni riporta nei primi 12 capitoli sono sette, tutti nella linea del manifestare il significato della presenza di Gesù tra noi. Nel restante testo del Vangelo si parla "dell'ora". "L'ora" viene ricordata anche qui, ma per negarla: "Non è ancora giunta la mia ora" (2,4). Così il Vangelo di Giovanni è compreso "nell'ora": la prima è anticipo per la gioia degli sposi e l'ultima ora è la gloria di Gesù morto e risorto (GV13,1ss).. Questo testo, che è splendido e nello stesso tempo curioso, suscita molti interrogativi di interpretazione per cui va letto, nello stesso tempo, come un episodio ma anche come un interessantissimo racconto simbolico.
Il settimo giorno, ovviamente, è il parallelo con il racconto della creazione, quando Dio si riposa dopo aver creato l'uomo e la donna (Gen 1,26-27). Egli riposa con loro in una intimità che fa superare il rapporto e l'attenzione alle cose per orientarli nella gioia della relazione e dell'accoglienza. E, nello stesso tempo, con terzo giorno", si ricorda l'operato di Gesù che dalla morte risorge. La risurrezione costituisce la pienezza della creazione e della liberazione dal male. Non si parla per nulla della sposa e, solo marginalmente, dello sposo. Non si parla degli invitati, ma i due personaggi fondamentali sono Maria e Gesù.
Il vino è il simbolo dell'amore coniugale nel Vecchio Testamento e, se si accetta che questo segno sia l'immagine dell'amore di Dio verso il suo popolo, si comprende come il rapporto tra Dio e Israele (in ebraico Israele è femminile: è la sposa) è destinato al fallimento. La madre di Gesù (Giovanni non la chiama mai Maria ma la "donna") intercede perché Dio compia, per pura gratuità il dono dell'amore pieno. E se un primo momento la risposta di Gesù sembra esprimere diffidenza e rifiuto: "Che cosa vuoi da me", la risposta della madre corrisponde, insieme, all'attesa di comprensione, alla sicurezza di amore, alla disponibilità verso la volontà di Dio, incontestabilmente. "Qualsiasi cosa vi dirà, fatela" (2,5). E questo testo si può accostare alla promessa del popolo d'Israele prima del dono della legge al Sinai (Es 19,8): "Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo".
Ci sono sei anfore di pietra, monumentali, inamovibili e per quello che appare, sono anche vuote. Manca l'acqua della purificazione e manca il vino per la gioia dell'amore. Colui che dirige il banchetto saprà solo scoprire l'eccellenza del vino, ma non capirà altro. Rappresenta il vecchio mentre i servitori intravvedono il nuovo perché hanno scoperto il senso di ciò che è avvenuto.
Così Gesù, dice Giovanni, inizia una serie di gesti (segni) che dovrebbero aiutare la comunità cristiana a intravvedere il significato della presenza di Gesù tra noi.
Ci vogliono delle persone che Intercedano, sono necessarie delle attese e speranze sul futuro (qualcuno poteva andarsene via prima, disgustato), è necessario che qualcuno accetti di rischiare, come i servi, perché può sembrare di dover fare gesti inutili o addirittura ridicoli.
Solo i discepoli riescono a credere e quindi saranno i custodi di questa novità che li porterà ad essere annunciatori nel mondo. Collegando con la conclusione del quarto Vangelo: "E' stato scritto perché credono che Gesù il Messia, figlio di Dio, e credendo abbiano vita nel suo nome" (Gv 20,31), con le nozze di Cana, in un certo senso, tutto porta già alla conclusione.
Questi testi sviluppano il progetto della pace, danno speranza di pace e offrono suggerimenti alla pace.
Il nostro tempo soffre duramente l'instabilità, conosce di più la morte perché le notizie sul mondo ci caricano di drammatiche conoscenze che ci coinvolgono ogni giorno. Per questo conosciamo la morte più di prima ma, meglio di altri tempi, aspiriamo alla pace e stiamo comprendendo meglio il bisogno ed il coraggio di costruirla.

 

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