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TESTO Cerchi qualcosa? E se trovassi Gesù...?

don Alberto Brignoli  

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (15/01/2012)

Vangelo: Gv 1,35-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

"Che cosa cerchi?": pensiamo a quante volte avremo pronunciato questa frase nella nostra vita... Mi viene da pensare anche solo a una mamma che vede il figlio indaffarato a trafficare con le mani in un cassetto o con la porta di uno sgabuzzino spalancata, in cerca di qualcosa di introvabile che di solito solo alla mamma è possibile trovare senza difficoltà. Ognuno di noi, anche senza accorgersene, è (o è stato) alla ricerca di qualcosa nella vita. E non è detto che lo trovi immediatamente; così come non è scontato avere sempre qualcuno al nostro fianco che ci aiuti a trovare ciò che cerchiamo.

Mettersi alla ricerca, anche se a volte può creare scompiglio perché si mette tutto a soqquadro, è a mio avviso sempre e comunque un segno di vitalità (quale genitore non preferisce, del resto, avere un figlio vivace piuttosto che un bambino apatico e senza interessi?), perché significa non dare nulla per assodato, nulla per certo: significa ritenersi sempre in cammino. E rimanere in cammino è l'atteggiamento per eccellenza del discepolo, che è sempre alla sequela del maestro, pronto a fare ciò che egli dice perché ha in lui totale fiducia; anche quando giunge il momento in cui il maestro, con profonda onestà, riconosce che il discepolo deve prendere un'altra strada, la sua strada, a volte sotto la guida di qualcuno di più valido e importante.

È quanto avviene a questi discepoli di Giovanni Battista, i quali si fidano talmente del loro maestro da non esitare un solo istante a seguire Colui che dal Battista viene indicato come lo scopo, l'obiettivo del suo annuncio e della sua missione: l'Agnello di Dio, il Salvatore, Colui che con il suo sacrificio sulla Croce toglierà il peccato dal mondo.

Oltre al suggestivo e preciso dettaglio nel definire l'orario dell'incontro con Cristo (erano le quattro del pomeriggio... anche dopo tanti anni questo particolare rimane marcato "a fuoco" nella memoria dell'evangelista Giovanni), c'è un altro aspetto che desta la mia attenzione in questo bellissimo brano di Vangelo: ed è esattamente la domanda di Gesù, quella con cui abbiamo aperto la nostra riflessione. "Che cosa cercate?", chiede Gesù quando, voltandosi, si accorge di essere seguito da un gruppo di giovani affascinati dalla sua personalità e da quanto si dice di lui. E la cosa ancor più interessante è che questi giovani rispondono con un'altra domanda, che - come ogni domanda - lascia tutto irrisolto, come prima: come nelle migliori situazioni di discepolato, sempre domandando, sempre in ricerca, sempre in cammino...

Qualcosa senz'altro cercano: cercano di capire dove abita, cosa fa', cosa pensa, che dottrina insegna; in definitiva, cercano di capire chi è. E ci riescono, alla fine: perché basta loro un pomeriggio per scoprire che quello non è un Maestro qualsiasi, ma "il Messia", quello che secondo la loro particolare religione doveva venire per liberare il popolo da ogni forma di oppressione e ridonare la salvezza a quanti la cercavano. Faranno, senza dubbio, qualche errore, perché non coglieranno immediatamente ciò da cui il Messia è venuto a liberare: ma tant'è, per lo meno l'hanno incontrato e sono stati con lui.

Attualizzando questo episodio del Vangelo, anche noi ci troviamo - come dicevo all'inizio - sempre alla ricerca di qualcosa, anche quando la nostra ricerca riguarda "il sacro" in tutte le sue forme. Accudiamo alla sfera del religioso, andiamo in chiesa con più o meno frequenza per "cercare qualcosa", a volte con un atteggiamento simile a quello consumista con il quale viviamo il quotidiano, ovvero per trovare qualcosa di utile, di vantaggioso, qualcosa che serva alla nostra vita, magari cercando anche in quello di "risparmiare" un po': cerchiamo una messa domenicale, possibilmente veloce per non perdere molto tempo o per non annoiarci troppo, cerchiamo una parola di speranza da parte di chi tiene l'omelia, cerchiamo - quando ne abbiamo la necessità - il sacramento che fa per noi in base a ciò che nella vita ci è capitato, dal nascere, all'innamoramento, all'esperienza dell'errore, fino alla malattia e alla morte; cerchiamo spesso anche il "santo" o il "santuario" su misura, quello che risponda alle nostre necessità perché vi andiamo "una tantum" con qualche pellegrinaggio, nella speranza che questo non ci comprometta più di tanto, e con questo siamo a posto.

Ma il Maestro non si conforma a questo, e vuole che "veniamo da lui e vediamo". Vuole che stiamo con lui, che perdiamo del tempo per lui, perché lui possa rivelarci davvero, fino in fondo, chi egli è.

Andare in Chiesa, allora, non diventa più "cercare e trovare qualcosa" che serva alla nostra vita (rimanendo delusi, magari, se l'omelia del prete non ci piace o se la messa era poco animata o per contro troppo lunga). Essere uomini e donne "di Chiesa" non vuol dire cercare "delle cose", degli "oggetti sacri", dei "talismani", ma cercare una persona.

Vivere un'esperienza religiosa, per un cristiano, significa "cercare qualcosa" e "trovare qualcuno", ovvero trovare Gesù Cristo per stare con lui, per condividere con lui un'esperienza forte, personale, per divenire suoi discepoli e per annunciarlo, a nostra volta, ai fratelli e agli amici che incontriamo sul nostro cammino.

Come avvenne quel pomeriggio, sulle rive del Giordano, dove Giovanni battezzava.

Come può avvenire anche quest'anno, all'inizio di questo Tempo Ordinario: un'esperienza che si ripete ogni anno, ma che ogni anno può aprirci nuove prospettive nella nostra esperienza di fede.

 

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