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TESTO Commento su Giovanni 1,35-42

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II Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (15/01/2012)

Vangelo: Gv 1,35-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,35-42

35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di padre Alvise Bellinato

LA VOCAZIONE CRISTIANA:

INCONTRO PERSONALE, IMPEGNO DI VITA, CAMMINO FRATERNO

Il tema della vocazione viene messo a fuoco in questa seconda Domenica del tempo ordinario.

Le tre letture ci dicono cos'è una vocazione (una chiamata di Dio) e le conseguenze che essa comporta nella vita di chi viene chiamato.

La prima lettura è il celebre brano della chiamata di Samuele.

Questo giovinetto ha un nome che significa (secondo quanto dice sua madre in 1 Sam 2,20) "richiesto al Signore".

In effetti Anna, non riuscendo ad avere figli, aveva fatto una voto al Dio: se le avesse dato un figlio, quel bambino sarebbe stato offerto al Signore per tutti i giorni della sua vita.

A prima vista quella di Samuele sembrerebbe una vocazione indotta, e quindi non autentica: la mamma lo accompagna al tempio e lo lascia lì, affidandolo alle cure del sacerdote Eli.

Anna si comporta come quelle madri che accompagnano il figlio in seminario, sperando che diventi prete.

Una notte, però, accade l'imprevisto: il Signore chiama davvero Samuele.

La prima lettura ci dice che si tratta di una chiamata autentica (è proprio il Signore, non altri, che lo chiama), chiara (Samuele viene chiamato per nome), insistente (la chiamata si ripete tre volte) e ben fondata nella presenza di Dio accanto al ragazzo ("Venne il Signore, stette accanto a lui").

Samuele viene chiamato a diventare un grande profeta e dovrà esercitare la sua vocazione profetica, per la prima volta, paradossalmente, proprio contro il sacerdote che lo ha aiutato a rispondere alla sua chiamata.

Capiamo quindi che la vocazione è una chiamata che ha come protagonista Dio stesso, viene suscitata misteriosamente, chiama in causa in modo personalissimo, necessita dell'aiuto di qualcuno (più anziano) che faccia da mediatore e sostegno, esige generosità nell'ascoltare ciò che Dio dice (talvolta può essere qualcosa di duro o impegnativo).

Curiosamente, il sacerdote che fa da mediatore non è perfetto, anzi.

Ma Dio si serve proprio di lui, così com'è, per aiutare Samuele nel discernimento.

La prima lettura, in sostanza, ci offre le coordinate essenziali per comprendere cos'è una vocazione, come nasce, come va scoperta e corrisposta.

Nella seconda lettura ci viene detto, invece, quali sono le conseguenze di una vocazione.

Ci viene annunciato che noi cristiani siamo "tempio dello Spirito Santo che è in noi e che abbiamo da Dio".

Qui non si dice più che Dio "viene e sta accanto" per qualche minuto. Si dice qualcosa di più: "Dio è in noi" in modo permanente e continuo.

Si tratta di un passo ulteriore: la venuta di Cristo in una carne simile in tutto alla nostra - eccetto il peccato - comporta come conseguenza che siamo stati comprati a caro prezzo: "non apparteniamo più a noi stessi".

Questa grande chiamata è propria di ogni cristiano: è la vocazione battesimale, in virtù della quale Dio abita in noi, parla in noi (se ci sforziamo di ascoltare la sua voce) e ci orienta verso scelte esigenti di bene, attraverso la coscienza, illuminata dalla Grazia.

La scoperta di avere questa vocazione meravigliosa (avere Dio che ha posto in noi la sua dimora) comporta conseguenze importanti ed impegnative: il nostro corpo è "per il Signore", la nostra persona è "tempio dello Spirito Santo" (seconda lettura).

Rispetto alla prima lettura vediamo una interiorizzazione della vocazione: prima Dio chiamava "da fuori", ora chiama "da dentro", per mezzo del suo Spirito che vive in noi e geme con "gemiti inesprimibili" (cf. Rm 8,26).

La vocazione cristiana è, dunque, una chiamata alla santità, alla purezza, all'irreprensibilità.

Non si tratta solamente di qualcosa che accade una volta nella vita, di un episodio, seppur bello.

È invece un cammino che si fa quotidianamente, un impegno al quale siamo chiamati a rispondere ogni giorno, fino alla venuta del Signore.

S. Paolo sintetizza questa vocazione cristiana con parole chiare e forti: "Fratelli, Tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo" (1Ts 5,23)

La vocazione di Dio (cioè Dio che chiama), per mezzo dello Spirito che abita in noi, ha come obiettivo quello di unirci a Cristo: "Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito".

Non si tratta, in conclusione, di fare qualcosa, ma di essere in un certo modo, di riprodurre in noi le sembianze del maestro, nell'imitazione costante della sua persona, fino al punto di unirci a lui completamente.

Il Vangelo ci rivela un aspetto ulteriore, importante, della vocazione; la dimensione comunitaria.

Nessuna vocazione è un fatto puramente individuale. Nemmeno coloro che sono chiamati a vivere la vita di solitudine, clausura, distacco totale dal mondo, sono fuori della dimensione comunitaria. Anch'essi sono nella Chiesa e a servizio della Chiesa, mediante l'intercessione continua e la comunione fraterna nella carità.

C'è bisogno di cristiani che siamo come Giovanni Battista, in grado di stendere il dito della mano e, indicando Gesù, capaci di esclamare: "Ecco l'Agnello di Dio!".

I due discepoli del Battista, davanti alla sua capacità di testimoniare l'amore per Cristo, "sentendolo parlare così seguirono Gesù".

Il Vangelo ci dice, quindi, l'importanza della comunità, nell'aiutare a scoprire la vocazione e nell'impegnarsi a seguirla.

La testimonianza convincente di chi è già stato chiamato e vive la bellezza e la gioia di un incontro personale con Cristo diventa segnale prorompente, capace di suscitare desiderio di sequela in altri. Accade ai discepoli di Giovanni, contagiati dalle sue parole, come anche a Pietro, coinvolto dall'entusiasmo di suo fratello Andrea.

La vocazione è grazia che pulsa nella Chiesa, che passa attraverso la testimonianza coerente e generosa di coloro che già vivono la bellezza di un incontro intimo e reale con il Signore.

Anche qui la dimensione personale è imprescindibile: "Andarono dunque e videro dove abitava Gesù e quel giorno si fermarono presso di lui". Si tratta di un'esperienza tangibile, unica e indimenticabile. L'evangelista Giovanni, che secondo una antica tradizione, ebbe una vita molto lunga, quando scrisse il so Vangelo si ricordava ancora l'ora del suo primo incontro con Gesù: "Erano circa le quattro del pomeriggio". Passano i decenni, ma il ricordo vivo di un momento personale rimane impresso nel cuore, alimenta la speranza e la gioia, suscita anche in altri il desiderio di condividere la stessa grazia.

Anche a noi è capitato di essere chiamati, mediante il Battesimo, a vivere la vita nuova dei cristiani. Per alimentare questa vocazione abbiamo bisogno, accanto a noi, della presenza del Signore, come Samuele. Ci dobbiamo impegnare a trasformare questa chiamata in uno stile di vita coerente e generoso, come ci ha chiesto Paolo. Desideriamo testimoniare agli altri la bellezza di questa chiamata, come il Battista e Andrea, che hanno coinvolto altri e si sono trasformati in testimoni.

Su questi tre piani, la vicinanza del Signore, la vita buona del Vangelo e la testimonianza coraggiosa nella comunità, si basa il futuro della Chiesa e tutti siamo chiamati in causa, per fare la nostra parte.

 

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