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TESTO Dalle alcove con tre cammelli

don Marco Pozza  

Epifania del Signore (06/01/2012)

Vangelo: Mt 2,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». 3All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

6E tu, Betlemme, terra di Giuda,

non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda:

da te infatti uscirà un capo

che sarà il pastore del mio popolo, Israele».

7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».

9Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

In ginocchio sono oggi i cercatori di Dio. Hanno seguito una stella e si sono accollati il peso di un viaggio e l'irriverenza di un re-fantoccio di nome Erode Il Grande. Le stelle le conoscevano a menadito, le Scritture potevano somigliare loro a degli arabeschi carichi di mistero. Eppure dentro quell'apparente incomprensione hanno contemplato ciò che ad Erode rimarrà proibito: il Volto di un Dio fatto Uomo. Dalla Palestina - ultima provincia dell'impero romano - salgono i passi vellutati e graziosi di una fanciulla Nazarena; dalle stalle d'Oriente - terra di non popoli, di stranieri e di foresti - s'odono bramire i cammelli di Magi desiderosi di Verità; dalla terra peccatrice - terra nefasta e irrisa agli occhi dei saggi - s'alzerà la figura possente di Levi/Matteo, capace di pennellate narrative degne del Regno di Lassù. E di un Dio diventato Uomo: punto e a capo.

Forse non bastavano proprio i pastori del campo di Betlemme, gli splendidi discendenti della tribù di Giuda poveri e ignari come gli armenti che portavano al pascolo. Questi ricchi sorti nel lontano Oriente non si chinerebbero a raccattare una perla, custodi di quella sapienza che non si lascia inarcare le ciglia da nulla. La loro lingua è così straniera che la semplicità di Maria non riuscirà a comprendere, i loro mantelli di diaspro e di seta spaventeranno di vergogna la nudità di quella stalla improvvisatasi tempio dell'Altissimo. Eppure si sono scomodati dalle loro alcove opulenti, impregnate di resina e riscaldate di tappeti, han sentito i cuori vibrare come nessun'altra situazione aveva provocato in loro. Le loro menti rimembravano quell'antica citazione: "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscira infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele". Hanno fatto bramire i loro cammelli coccolati nelle stalle dell'Oltregiordano, nei covili di Persia e di Mesopotamia, li hanno fatti rizzare sui ginocchi ai gridi rauchi dei cammellieri e hanno incastrato nei loro fianchi lo sperone di quella stella che galoppava verso Occidente. "Alcuni Magi giunsero da Oriente a Gerusalemme e domandavano: "Dov'è il re dei Giudei che è nato?" (Mt 2,1-2). Allora non è vero che a quel bambino il ricco è odioso, anche se dirà che è più difficile al ricco di salvarsi che al cammello di incunearsi per la cruna di un ago. Allora non è vero che il sapiente lo infastidisce, sebbene un giorno dirà che dei semplici è il regno dei cieli. Eppure quel Bambino ripugna la ricchezza, ma solo la ricchezza di chi non sa alzarsi di notte, aprire i suoi forzieri per portare doni ad un bambino sconosciuto. Ripugna la dottrina di chi si crede stolto perché aggancia i suoi sandali alle orme di una stella che compare e sparisce, di chi ha cancellato la parola "adorare". Eccoli i magi! Gente che, per un miracolo rarissimo sussurrato di notte da angeli indaffarati, s'erano santificati trafficando la ricchezza e inseguendo la dottrina. Le loro guance profumate di mirra e odorose di nardo erano degne di premere guance innocenti, di accarezzarlo senza l'onere di togliere quell'anello luccicante di dignità regali.

Cammelli con una stella sui loro speroni: "ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino" (Mt2,9) Sul limitare estremo della loro vita hanno barattato settant'anni di filosofie e di abitudini con l'ingenuità e il rischio di questo viaggio insensato. Hanno compromesso la rendita dei loro forzieri con questa dilapidazione nell'ignoto, la dignità e l'ossequio delle loro aule disturbate di inchini con questa sgambata ridicola sulla groppa di un dromedario. Ma era la gioia che faceva la differenza: "Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia" (Mt 2,10). Perché nati cercatori, sul limite di una grotta si sono scoperti cercati: per addestrare l'uomo all'umile arte di continuare a sperare.

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