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TESTO Commento Marco 1,12-15

mons. Vincenzo Paglia  

I Domenica di Quaresima (Anno B) (09/03/2003)

Vangelo: Mc 1,12-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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12E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto 13e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.

14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

La celebrazione del mercoledì, con l'imposizione delle ceneri, ha aperto il tempo della Quaresima. L'abbiamo iniziata non la domenica ma in un giorno feriale, il "mercoledì delle ceneri", a metà della settimana, come a sottolineare che le ceneri riguardano tutti i giorni, il tempo ordinario della vita, anzi il nostro stesso essere. Ripartiamo dalla nostra debolezza, così com'è descritta dal libro della Genesi: "Il Signore Iddio plasmò l'uomo con polvere del suolo"(Gn 2,7). La vita di ognuno di noi è davvero come polvere. E' polvere il nostro orgoglio, è polvere la nostra tracotanza, è polvere il nostro desiderio di prevalere, è polvere il nostro sentirci tranquilli, è polvere la nostra sicurezza, è polvere il nostro protagonismo, è polvere il nostro affannarci. E' polvere anche il potere degli uomini e delle nazioni, soprattutto quando prevarica la dignità degli uomini e le leggi per una giusta convivenza. Mercoledì scorso, mentre il sacerdote poneva sul nostro capo le ceneri, ci ricordava la realtà della nostra vita, sia quella personale che quella collettiva. Tutti siamo deboli, anche se il mondo ci spinge a considerarci (e quindi anche a mostrarci) forti e autosufficienti.

La forza, l'autosufficienza, l'arroganza, la violenza, spingono gli uomini verso la distruzione reciproca. Accadde così al tempo di Noè, quando "il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male" (Gn 6,5). Il diluvio, conseguenza del peccato generalizzato degli uomini, distrusse la vita dalla terra sommergendola nelle acque torbide dell'odio e della violenza. Il Signore dovette intervenire nuovamente, dopo il diluvio, e operare come una nuova creazione, stabilire un nuovo patto con Noè, con i suoi figli, con i discendenti e con tutti gli esseri viventi. E' un patto che Dio stabilisce con tutti gli uomini ancor prima di Abramo. Ed è un'alleanza universale che abbraccia ogni essere vivente, ogni uomo e ogni donna, ogni popolo della terra, nessuno escluso. Tutti gli uomini sono di Dio. Tutti i popoli sono di Dio. E il Signore promette a se stesso e a Noè: "non sarà più distrutto nessun vivente dalle acque, né più diluvio devasterà la terra". Quella "polvere" che noi siamo è definitivamente difesa, protetta e custodita da Dio stesso. E perché Egli stesso non dimentichi questo patto, pone tra il cielo e la terra un'arcobaleno. Dio non vuole dimenticare la sua alleanza con l'umanità: "Quando apparirà l'arco sulle nubi...ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi". Questa alleanza perpetua è la forza e la vita della "polvere" che noi siamo. La quaresima è tempo favorevole per tornare al Signore e alla Sua alleanza. Troopo spesso la dimentichiamo e sovente continuiamo a infrangerla.

La preghiera e il digiuno, con cui abbiamo aperto questo tempo di quaresima, ci conducono verso quella profondità spirituale che ci fa ricomprendere il senso dell'alleanza con Dio. Non solo quella personale, bensì quella con tutti i popoli della terra. I giorni che verranno ci vedono in compagnia di Gesù che passa quaranta giorni nel deserto. Il Signore ci porta con lui per riscoprire il cuore di Dio e quindi anche il senso della vita nostra e del mondo. Sappiamo bene quanto sia difficile la vita nel deserto (anche qui è la "polvere" che domina). L'evangelista Marco lo dice di Gesù che, per quaranta giorni, dovette stare in compagnia delle belve e di satana che lo tentava. Tuttavia, fu un tempo nel quale Gesù, identificandosi in ognuno di noi e quasi ricordando le parole del profeta Osea: "Ecco, l'attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore(2,16), rafforzò il suo profondo legame con il Padre. Al termine di quei giorni, infatti, arrivarono gli angeli e lo servirono. Anche a noi mancano quaranta giorni per giungere sino a Pasqua, quando verranno gli angeli ad annunciare la vittoria della vita sulla morte. In questo frattempo ci accostiamo a Gesù, per stare accanto a lui nel deserto. In realtà, questi giorni sono il paradigma di tutta la vita di Gesù e quindi di quella di ogni credente. Non c'è bisogno, pertanto, ritirarsi in luoghi più o meno solitari per trovare il "deserto". Le nostre città, ove è rara la vita solidale e frequente la solitudine, ove è scomparsa la comprensione e il perdono ed è sempre più forte la violenza e il sopruso, sono il vero deserto di oggi. Un deserto che è divenuto interiore, che è penetrato nel cuore di ognuno inaridendolo. C'è come un processo di desertificazione dei cuori che porta all'inaridimento e alla violenza. Come non accorgersi di essere sempre più spesso in compagnia di belve e del demone della divisione e dell'odio che rendono la vita dura ed amara?

Lo Spirito, più che ad uscire dalle nostre città magari alla ricerca di una avara tranquillità, ci spinge ad entravi più profondamente con una nuova responsabilità che nasce appunto dal Vangelo. Il "deserto" delle nostre città può divenire un'occasione per rinnovare il cuore, per allargarlo e riempirlo di sentimenti di bontà, di misericordia, di perdono, di benevolenza, di amore per i più deboli. Rinnovati nel cuore sapremo superare la la dimensione rovinosa e violenta del deserto: gli animali selvatici non faranno più paura, la calura e la fame scompariranno perché chi digiuna di se stesso e del proprio orgoglio è protetto da Dio ed è fonte di vita. E ognuno di noi diverrà come quegli angeli che servono il pane buono del Vangelo a coloro che incontrano. In questo tempo nel quale tutti rischiamo di sentirci irrilevanti rispetto alle scelte che contano e che sembrano portare solo venti di guerra, siamo richiamati al valore della pace vissuta personalmente nel proprio cuore, nella preghiera e nel digiuno. E' il tempo per mettersi in ascolto e gustare la pace dell'incontro con Dio. Questa pace è contagiosa e forte: respinge "satana", principe della divisione e vince le belve dell'odio e della guerra.

C'è un senso di definitività nelle parole evangeliche con cui Gesù apre la sua predicazione: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino". E' terminato il tempo del potere assoluto del male perché l'amore di Dio, venuto ad abitare la terra, lo ha sconfitto. E il deserto, che fino ad ora era dominato dal diavolo e dalle fiere, è stato riappacificato e popolato di angeli. Accostiamoci al Signore che ci ha chiamto ad essere gli angeli di questo tempo per portare pace e consolazione.

 

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