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TESTO Misericordia, dono, lontananza-vicinanza

don Maurizio Prandi

Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (08/12/2011)

Vangelo: Gen 3,9-15.20|Ef 1,3-6.11-12|Lc 1,26-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,26-38

In quel tempo, 26l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Dio dona continuamente la sua misericordia: è l'idea che ci ha guidato in questa celebrazione per cercare di "capire qualcosa" del significato di questa solennità. Cosa vuol dire Immacolata Concezione? Difficile risposta, troppo difficile almeno per me, semplice prete (che oggi festeggia i suoi 14 anni di ordinazione diaconale) spiegare come Dio può preservare una creatura dal peccato originale, troppo difficile anche per le nostre comunità qui a Cuba. Per provare ad essere semplici (e non banali) ci siamo fatti aiutare da alcune parole: misericordia, dono, lontananza-vicinanza. In queste abbiamo osato "racchiudere" per quest'anno il mistero dell'Immacolata.

Ascoltando la prima lettura ci veniva in mente proprio la parola misericordia, perché la risposta di Dio alla vicenda di Adamo ed Eva non è stata la condanna, ma una promessa, la promessa che da quella stessa fragilità di carne di donna nascerà, come abbiamo ascoltato domenica scorsa nel vangelo, uno più forte. La stessa idea di fragilità chiaramente è opinabile: qui a Cuba la donna, nell'immaginario comune, è debole, è fragile, è poca cosa e dobbiamo riconoscere che anche nella chiesa dobbiamo fare passi avanti nei confronti delle donne (leggevo oggi con piacere che il card. Scola nel discorso alla città di Milano, citando S. Ambrogio ha rimarcato la grande considerazione che questo santo ha avuto per le donne: Ambrogio richiama con forza il senso autentico della proprietà privata: i beni ci sono dati in uso e in primis in funzione del bene comune. Fa sentire alto il suo monito contro la cupidigia e l'avidità, in particolare presso coloro che ricoprono cariche pubbliche. Da qui consegue l'attenzione ai poveri (soprattutto ai poveri "vergognosi", che non avevano il coraggio di manifestare la propria situazione di indigenza), ai malati, ai condannati a morte, ai prigionieri, ai forestieri, agli affamati, alle vedove e agli orfani... Tra le tante fragilità del suo tempo non dimentica nemmeno quella degli anziani trascurati e lasciati a se stessi e invita i figli ad assistere i genitori anziani. Particolarmente significativo il soccorso a chi affollava le città arrivando da fuori, soprattutto gli immigrati, in particolare i contadini, colpiti da carestie e guerre, e i profughi. Questa sua sensibilità e l'impegno sul piano sociale ed economico poggiano su una strenua difesa della verità, incurante di rischi e difficoltà, nella consapevolezza che la morale cristiana perfeziona quella naturale senza contraddirla. Ciò lo rende particolarmente attento all'etica matrimoniale e familiare. Alla ferma condanna dell'aborto fa seguire una decisa valorizzazione, profetica per il suo tempo, del ruolo della donna).

Immacolata, allora, ci siamo detti vuol dire: forza, radicalità, fermezza, coraggio. Chi è più forte? Adamo con la sua paura e il suo nascondersi, o Maria con il suo turbamento e il suo dire: Eccomi? Chi è più forte? Adamo che gioca a scaricare la responsabilità su Eva o Maria che accetta la responsabilità della maternità? Chi è più forte? Adamo, che non riconosce più in Eva un dono (diventa: la donna che tu mi hai posto a fianco...), oppure Maria che accetta di fondare la propria vita sulla fragilità della parola di Dio (avvenga di me quello che hai detto)? Dalla Vergine nascerà colui che il Battista definisce come più forte di me, forte perché fonderà la propria vita terrena sull'umiltà, sulla fragilità, sul dono, sulla disponibilità: tutti valori che, se ci pensate bene, possiamo riscontrare facilmente in Maria. La cosa più bella a mio parere è questa: che da quella storia di peccato, ovvero di lontananza da Dio non nasce una condanna, ma nasce la storia della Salvezza, la storia della compassione e della misericordia di Dio con gli uomini: la storia della vicinanza di Dio, che in Gesù ha il suo compimento.

Mi piace condividere con voi alcune parole di don Giovanni Nicolini a proposito dei versetti 14 e 15 di questo capitolo 3 del libro della Genesi: questi versetti, che sono intesi come un proto-evangelo che dice la futura sconfitta del signore del male e della morte ad opera di una discendenza della donna, ci aiutano ad andare contro la retorica spaventosa che vede la donna come sede propria della tentazione e della seduzione maligna! Al contrario: sembra che proprio a lei sia affidato il compito storico di una generazione nuova, come esito finale di una lotta tra lei e il serpente.

Una conferma a tutto questo ci viene, a mio avviso, dalla seconda lettura, nella quale Paolo fa entrare in scena tutti gli uomini (E. Ronchi). Ognuno è chiamato ad essere santo ed immacolato, ognuno è chiamato a fondare la propria vita sulla fragilità della Parola di Dio perché questa Parola Dio l'ha affidata alla fragilità della nostra carne. Ci siamo soffermati un po' su questa chiamata nelle nostre comunità e ci siamo detti che questa chiamata è un dono, un bel dono che Dio ci fa', il più bel dono che Dio ci possa fare perché Lui non ci regala delle cose ma ci regala la sua paternità. Siamo figli adottivi dice il testo, il che non significa che siamo "meno figli". La vicenda di Gesù infatti ci dice che ognuno di noi è fortemente voluto, desiderato, amato dal Padre. Chi adotta un bambino sa quali e quanti sacrifici, fatiche e coraggio sono necessari. Che bello per un papà e una mamma che adottano un bambino (spero di non esagerare), poter fare questo paragone tra la loro vicenda e quella di Dio Padre con ognuno di noi.

Una parola, quella di Paolo, di una bellezza straordinaria che "quasi" ci pone sullo stesso piano di Maria, scelta per puro dono e preservata dal peccato per puro dono. E anche noi, come lei scelti prima della creazione del mondo per essere santi ed immacolati. Possiamo sentire allora rivolte a noi le parole dell'angelo a Maria: Kaire, gioisci! Non si può non gioire quando Dio entra nella nostra vita. Kekaritomene, E. Ronchi traduce: amata per sempre, perché l'amore di Dio non conosce misura; il Signore è con te, la promessa di una presenza, di una vicinanza, di un accompagnamento, di una benedizione. Nella vita di Maria, nella vita di ogni uomo e di ogni donna si compie il cammino della misericordia di Dio.

 

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