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TESTO Nella crisi un invito alla gioia

mons. Roberto Brunelli

III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (11/12/2011)

Vangelo: Gv 1,6-8.19-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,6-8.19-28

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose:

«Io sono voce di uno che grida nel deserto:

Rendete diritta la via del Signore,

come disse il profeta Isaia».

24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Torna oggi, presentata quasi negli stessi termini di domenica scorsa, la figura della "voce che grida nel deserto" per invitare a prepararsi all'avvento del Messia (Giovanni 1,6-8.19-28). Il Battista è uno dei due personaggi (l'altro è Maria, alla quale è appena stata dedicata una festa e della quale sentiremo parlare domenica prossima) che campeggiano nella liturgia di questo periodo, ciascuno con una propria fisionomia. Tra gli aspetti che caratterizzano lui spicca l'austerità, in inatteso contrasto con le altre letture, tra le quali serpeggia un ben diverso tema. "Lo spirito del Signore è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri... Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio" proclama la prima lettura (Isaia 61,1-11), cui fa eco il salmo responsoriale: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore" (Luca 1,46-54), e sulla stessa lunghezza d'onda è la seconda lettura (1Tessalonicesi 5,16-24): "Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie".

Il tema comune è dunque la gioia, e a prima vista lo si direbbe il meno appropriato in questa domenica, qualche giorno appena dopo le severe misure economiche adottate dal governo, di cui tutti, in varia misura, risentiremo. In realtà il tema è valido anche oggi, perché trascende le contingenze, si colloca su un piano diverso da quello che tocca il portafogli. Pur auspicando che, per superare la presente crisi, governo e parlamento vogliano e sappiano trovare le vie meno traumatiche e più eque, non si può dimenticare la comune esperienza: difficoltà - economiche, di salute, nei rapporti con gli altri - ce ne sono sempre e per tutti. Ma esse non esauriscono la vita, che conosce anche dimensioni positive, quali l'amicizia, gli affetti e in genere tutte le buone e sane soddisfazioni.

Le letture di oggi, con l'insistente richiamo alla letizia portata sino all'esultanza, invitano a scoprire e valorizzare un'altra dimensione positiva della vita, la più importante perché si prolunga addirittura oltre la dimensione terrena. Io gioisco, la mia anima esulta nel mio Dio, dice Isaia, "perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli": vale a dire, io sono oggetto delle attenzioni di Dio, il quale mi dona quella salvezza per cui io non sono condannato a trascorrere il resto dei miei giorni nei bassi orizzonti dei miei guai, o peggio nella palude delle mie colpe. Egli fa per me quello che solo lui può fare: mi perdona, mi trasforma, mi rende giusto, mi spalanca porte e finestre che si affacciano sul giardino della serenità interiore e mi consentono di proiettare lo sguardo verso l'infinito. Mi fa bello, come gli sposi nel giorno delle nozze: mi fa indossare la fulgida veste della salvezza e il trionfale mantello della giustizia, e (secondo gli usi del tempo) mi adorna con il diadema, come un re, o di gioielli, come una regina.

Il riferimento agli sposi qui è appena accennato, ma basta a richiamare gli altri passi della Scrittura in cui il vincolo nuziale è assunto a simbolo del rapporto tra Dio e l'uomo. Pur non avendo bisogno di nulla e di nessuno, Dio non ignora né trascura l'uomo che ha fatto a sua immagine e somiglianza; anzi vuole stringere con lui un tale vincolo di intimità, quale solo l'intimità coniugale può lasciar intuire. Per questo ha voluto redimere l'umanità: l'ha trovata coperta di stracci, e nel suo amore l'ha ripulita, rivestita, adornata; l'ha sollevata sino a sé, l'ha chiamata a condividere la sua stessa vita. Ecco perché, malgrado le (passeggere) difficoltà terrene, sussistono tutte le ragioni per accogliere gli inviti che si rincorrono nelle letture di oggi.

 

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