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TESTO Fuggire l'errore e testimoniare la verità. Ci aiuta la luce

padre Gian Franco Scarpitta  

III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (11/12/2011)

Vangelo: Gv 1,6-8.19-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose:

«Io sono voce di uno che grida nel deserto:

Rendete diritta la via del Signore,

come disse il profeta Isaia».

24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Che oggigiorno si affronti il problema dell'ateismo è risaputo e non suscita meraviglia. Che però si debba affrontare il ridicolo ateismo ostinato, che tende con tutti i mezzi a screditare ogni dottrina e fede religiosa, è ancora più demoralizzante e deprimente. Non perché esso ci metta in crisi o scoraggi il nostro stato di credenti: in fin dei conti, le motivazioni di raffinati atei razionalisti (scienziati o filosofi) atti a screditare l'Assoluto e la Trascendenza non si reggono neppure in piedi da se stesse, poiché partono da un pregiudizio ottuso e ostinato che trova pochi fondamenti nella realtà oggettiva. In verità, mentre vi sono scienziati credenti che si avvalgono delle loro ricerche per giustificare la propria fede, nessun uomo di scienza ha ancora apportato una prova concreta, tangibile e incontrovertibile, che Dio non esiste e il fatto che dopo tanti millenni comunque ancora c'è che crede in un Dio personale comprova che determinati tentativi di mettere Dio in discussione non hanno avuto ancora alcun esito. In realtà a capitolare è quasi sempre la razionalità esasperata di certi atei animati dal solo proposito di combattere Dio, poiché mentre avversano la religione, non si accorgono di professare essi stessi una religione: la fede nella (presunta) non esistenza di Dio.

Al contrario, la vera scienza è nata da un atto di fede ed è piuttosto quella che riconosce di avere delle domande che non è in grado di soddisfare con i propri mezzi (Zichichi); la vera razionalità è quella che ammette di doversi arrendere all'impossibilità di superare se stessa. L'ultimo passo della ragione, è il riconoscere che ci sono un'infinità di cose che la sorpassano (Pascal).

Quello che è più drammatico e spiacevole dell'odierna vicenda ateistica e anticlericale è invece il fatto che essa corrisponde semplicemente ad un sentimento di astio, di avversione e di illogica acredine nei confronti della religione che non può che recare danno a quanti tendono ad esternarlo; ancora più insensato e inaudito è il non accorgersi che, quanto più si tende a bandire Dio con tutti i mezzi dall'uomo e dal mondo, tanto più l'uomo e il mondo avvertono la necessità di Dio.

Per quanto possa sembrare illogico e inverosimile, chi pretende di "liberare l'uomo da Dio" non farà altro che rovinare l'uomo stesso. Poiché la domanda su Dio è connaturale all'esperienza umana ed è inevitabile che la si affronti, sia pure sotto aspetti differenti e pertanto chi tende a distogliere l'uomo da Dio non fa' che rovinare l'uomo stesso.

Il vero problema di fondo è quindi quello evinto dal teologo De Lubach: "Non è vero che l'uomo non possa organizzare la terra senza Dio. E' vero piuttosto che, senza Dio, egli non può che organizzarla alla fin fine contro l'uomo."

Di fronte alla sfida dell'ateismo esasperato, le Chiese e i singoli cristiani non possono tuttavia omettere un serio esame di coscienza sulle proprie colpe e sulle proprie responsabilità: fino a che punto abbiamo reso testimonianza del Dio vivente? In che misura abbiamo mostrato, nella vita e nella prassi, di credere davvero in un Dio e non in un idolo? Abbiamo cercato il vero Dio, o abbiamo cercato un Dio fatto a nostra misura o preferenza? Non ha forse la Chiesa meritato, con le sue nefandezze e peccaminosità, tutto l'odio e l'avversione che ora è costretta a subire?

La situazione di instabilità nella fede, prima ancora di ogni reazione, deve farci rientrare in noi stessi perché ci convertiamo sinceramente, una volta per tutte, al vero Dio per esserne realmente testimoni infaticabili. Dove troviamo il vero Dio? La rivelazione ci ha abbondantemente dimostrato che nessuno ce ne ha mai parlato meglio di Gesù Cristo. Sia per mezzo delle parole, sia per mezzo dei fatti concreti. Cristo ci ha mostrato che il vero Dio è Amore in se stesso come Padre, Figlio e Spirito Santo e che pertanto non possiamo che immedesimarci in questa stessa logica d'amore e farla nostra. Di conseguenza saremo capaci di apportarla agli altri con la debita testimonianza della condotta irreprensibile che chiude la bocca ad avversari e miscredenti. Proprio come dice Pietro: "la vostra condotta tra i pagani sia irreprensibile, perché mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio." (2Pt 2, 12).

E' urgente insomma recuperare le ragioni della nostra fede, il senso di appartenenza a Dio e il vigore sopito per il quale probabilmente ci comportiamo come non vorremmo o comunque non coerentemente al nostro credo. Occorre che noi stessi torniamo a Dio per condurvi anche gli altri. Mentre vi è chi tende ad allontanarci da Dio, scopriamo che in realtà il mondo ha bisogno di Dio, che questa fondamentale desiderio è insito nell'uomo e che è alla radice della soluzione di tutti i problemi di convivenza storica e umana e pertanto è indispensabile che anche noi siamo di aiuto affinché altri trovino il vero Dio Signore e Salvatore. Ma è indispensabile che chi presume di credere avverta la necessità fondamentale di radicarsi ancora nella propria fede, di tornare a questo Dio che si presume di aver professato.

Ci offre uno sprone nell'itinerario di conversione Giovanni Battista, il precursore di Gesù, che mentre battezza con acqua annuncia l'arrivo di Colui che battezzerà in Spirito Santo. Non si proclama egli stesso la Luce, ma afferma di essere di Essa il testimone veritiero che tende a predisporre gli uomini "nel deserto" alla venuta del Salvatore promesso. Egli ci predispone Cristo Verbo del Padre nonché alla sapienza che procede solo da Dio. La sua testimonianza è verace ed è determinante per la nostra vita e per la nostra salvezza perché dalla conversione scaturisce la nostra fede e da questa la vita piena. Come "voce di uno che grida nel deserto" Giovanni è testimone anche in quanto orienta verso Colui che è oggetto delle attese delle uomo e il compimento delle promesse e delle speranze; invitandoci a raddrizzare i sentieri e a spianare le strade, egli ci introduce nella vita stessa del Cristo perché noi stessi persistiamo in essa.

Gesù sarà il testimone della verità così come il Battista lo è ora del Cristo. E la verità non si arrende alle dottrine varie e peregrine che tendono a sviarci, prevale sempre sulla menzogna e sulla falsità e alla fine si mostra sempre trionfante, perché non è verità concepita da nessuno, ma semplicemente rivelata. Ma soprattutto essa non si lascia sconvolgere né sopraffare dal peccato, che è la vera radice che distoglie l'uomo dalla verità.

Di questa verità occcorre che siamo testimoni tutti quanti noi in forza della radicale trasformazione alla quale ci invita Giovanni, che vi persistiamo e che ne siamo apportatori con la vita e con i fatti, i soli espedienti in grado di illuminare quanti con noi vivono e interagiscono.

 

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