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TESTO Solennità di Gesù Cristo, Re dell'Universo

mons. Antonio Riboldi

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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (20/11/2011)

Vangelo: Mt 25,31-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 25,31-46

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Tutti noi, se siamo sinceri, siamo sempre affannosamente in ricerca di qualcosa o QUALCUNO CHE SIA CAPACE DI FARCI FELICI, che è il solo senso del nostro vivere.

Ma rischiamo di chiamare felicità qualcosa o qualcuno che tale non è o, se lo è, - come quando ci si ama - comprendiamo che non può donarci quella felicità integrale che ci attendiamo.

Per capire questa sete interiore, basta guardare tante volte la gente che pare si abbarbichi a tutto e tutti, nella speranza di trovare la sorgente della felicità.

Che la felicità sia il sale della vita di ogni uomo è scontato. L'uomo, tutti noi, che lo ammettiamo o no, siamo usciti dal cuore del Padre. Ed è logico che, essendo Sue creature, conserviamo nel profondo dell'anima la nostalgia di ciò che Lui è: la gioia, che è frutto di amore.

Cercarla altrove è pura follia. Ma purtroppo noi la cerchiamo ovunque, dando nome di gioia a qualsiasi cosa ci capiti tra le mani.

Non possiamo cancellare dalla vita ciò che Dio ci ha donato e desidera e opera perché, non solo la troviamo, ma ne partecipiamo, ossia la gioia dell'amore.

Con il peccato originale i nostri progenitori, tentati, preferirono se stessi a Dio amore e vennero esclusi dal Paradiso. Come è vero quel grido di Dio nell'Eden: "Uomo dove sei?".

Un grido, una ricerca appassionata, che si ripete anche oggi nel mondo e non sempre trova risposta.

Si preferisce nascondersi agli occhi del Padre, ma non è sufficiente una foglia di fico... e rimane l'amarezza dell'esilio dal Cielo... a cui ha risposto e risponde il Padre con il più grande gesto di amore possibile: donandoci il Figlio.

Incredibile amore del Padre verso di noi, e molte volte, quando lo medito, non ho parola per esprimere la mia confusione, come a dire: 'Ma è mai possibile che Dio, che non ha certo bisogno di noi, si sia abbassato tanto fino a donarci il Figlio Gesù, perché spazzasse via ogni ombra di esilio e riaprisse le porte del cielo?'

Fa sempre impressione e tanta commozione, ogni volta ci mettiamo di fronte al Crocifisso, sapere che quella croce ha una sola parola da comunicarci "TI VOGLIO BENE A QUALUNQUE COSTO".

Ed è un dono a portata di mano di tutti: non solo, ma è la ragione stessa della nostra creazione.

Oggi la Chiesa chiude l'anno liturgico, racconto della nostra redenzione - iniziato con l'Avvento del 2010 - con la SOLENNITA' DI GESU' RE DELL'UNIVERSO.

Ma troppi ancora sanno poco o niente di Gesù, che invece dovrebbe essere il centro dei nostri pensieri. Ma perché così tanta ignoranza o indifferenza?

Il nostro grande Paolo VI così risponde all'interrogativo: "Chi dicono che sia il Figlio dell'uomo?' (Mt.16,13) Questo interrogativo fatto da Gesù stesso, si presenta ancora agli uomini, a noi personalmente. 'Io, che penso di Gesù Cristo?'.

Lo conosciamo forse perché Egli vive con noi, in una civiltà plasmata dai suoi principi, da una religione? Lo conosciamo forse perché la nostra educazione religiosa ci parlò di Lui? Eppure la domanda resta anche sulle nostre labbra, sovente senza risposta. La prima risposta è troppo grave: implica il nostro destino spirituale, E' troppo profonda e ineffabile. Conoscere Gesù e definirLo vorrebbe dire viverLo e sarebbe risposta fatta di gioia interiore. Ma la sua figura il più delle volte rimane vaga e sbiadita, cioè la nostra conoscenza di Gesù il più delle volte è rudimentale, frammentaria, incerta e forse anche fredda. Così i nostri stati di animo di fronte a Lui rimangono ordinariamente, un conoscerLo senza amarLo, un supporLo senza conoscerLo, un trascurarLo, dimenticarLo" .

Ed è davvero inconcepibile che CHI dovrebbe essere il centro della vita, la fonte della gioia, la bellezza di una compagnia che fa sicuri i nostri passi, possa conoscere il pericolo di essere 'l'ultimo dei nostri pensieri'; un bene di cui non sappiamo cosa fame... anche se Gesù ha detto di Sé: 'Io sono la VIA, la VERITA', la VITA',

Sarà forse per la natura stessa dell'amore che, quando si fa vicino, fino ad essere segreto della serenità della vita, guida della vita, può essere, come la presenza di Gesù, talmente discreto, da passare inosservata... soprattutto per chi è troppo affaccendato, indaffarato, chiassoso?

Non dimentichiamo che è proprio dell'amore non fare chiasso, ma essere foresta che cresce; non imporsi, ma liberare; non possedere, ma donare... nel silenzio e nella pace.

Il Vangelo della solennità di Cristo Re, ce Lo presenta nella pienezza della sua regalità, che ci giudica sulla carità. Ci mostra come Gesù sempre si mette nei nostri panni in attesa di una risposta che non è solo rivolta a noi. ma è rivolta a Lui.

"In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 'Quando il Figlio dell'uomo, verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri come il pastore separa le pecore dai capri e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sua sinistra. Allora il re dirà a quelli della sua destra: 'Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi'

Allora i giusti gli risponderanno: 'Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato e siamo venuti a visitarti?'. Rispondendo il re dirà loro: "In verità vi dico ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo dei miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me '.

Poi dirà a quelli alla sua sinistra: "Via lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 'ero forestiero e non mi avete ospitato; nudo e non mi avete vestito, malato o in carcere e non mi avete visitato'. Anch 'essi risponderanno: 'Signore, quando ti abbiamo visto affamato e non ti abbiamo dato da mangiare, o assetato o forestiero o nudo, o malato o in carcere e non ti abbiamo visitato?'. Ma egli risponderà: 'In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose ad uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me'.

E se ne andranno, questi al supplizio eterno e i giusti alla vita eterna" (Mt. 25, 31-46).

Il giudizio di Dio può sembrare duro, ma è fondato sulla carità. Un giudizio che noi ci costruiamo con la nostra condotta verso gli altri, giorno per giorno, con il nostro agire con amore o senza.

E, onestamente, se c'è un a cosa che oggi si nota è proprio la mancanza di amore verso chi ha bisogno. E' stupendo sapere che ogni gesto di carità che noi facciamo - e ogni giorno se ne presenta l'occasione - non si ferma al povero, all'ammalato, all'emarginato, non si ferma alla persona che si incontra, ma Dio lo considera fatto a Lui stesso. Ne fossimo davvero coscienti sarebbe certamente diversa la nostra condotta verso chi tende a noi la mano. Ma rattrista vedere come manca questa consapevolezza e, quindi, rispetto, accoglienza, bontà, verso chi incontriamo nel bisogno.
Con Paolo VI oggi con voi rifletto:

"Dall'inquietudine degli spiriti laici e ribelli, dall'aberrazione delle dolorose esperienze umane, prorompe forte la confessione al Cristo assente: di Te abbiamo bisogno. E' una strana sinfonia di nostalgici che sospirano a Cristo perduto; di sofferenti che sentono la simpatia per l'uomo dei dolori; di delusi che cercano una parola ferma, una pace sicura: di onesti che riconoscono la saggezza del vero maestro; di convertiti che confidano la loro avventura spirituale e dicono la loro felicità per averlo trovato".

E sempre con Paolo VI, preghiamo oggi Gesù Re e Signore dell'universo, nella cui mani e Cuore vogliamo essere tutti:

"O Cristo, nostro unico mediatore, tu ci sei necessario; per venire in comunione con Dio Padre; per diventare con Te suoi figli adottivi. Tu ci sei necessario, o Redentore nostro, per scoprire la nostra miseria e per guarirla; per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità.

Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio-con-noi, per imparare l'amore vero e per camminare nella gioia e nella forza della carità lungo il cammino della nostra vita faticosa, fino all'incontro finale con Te, amato, con Te atteso, con Te benedetto nei secoli" (Quaresima 1955).

 

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