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TESTO Tu lo dici io sono re

don Romeo Maggioni  

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) - Cristo Re (09/11/2003)

Vangelo: Gv 18,33b-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 18,33-37

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Oggi, faccia a faccia, si confrontano Gesù e Pilato, il Regno di Dio e il regno del mondo, chi costruisce se stesso e la storia secondo il disegno di Dio e chi con prepotenza sempre più grande irride o emargina o perseguita religione e fede, o l'ignora come insignificante al vivere e al fare in favore dell'uomo.

Come sempre, sembra che sia il tribunale umano a condannare e a mandare a morte Gesù; ma in realtà è poi Gesù a vincere e a condannare "il principe di questo mondo" (Gv 16,11), è la forza della fede e della verità ad avere la meglio sulla prepotenza degli uomini, come del resto canta con fede il Magnificat di Maria.

Ma ascoltiamo oggi Gesù che ci parla della sua regalità: in che senso è re dell'universo e della storia, e quindi in che modo dobbiamo noi riconoscerlo come nostro Signore.

1) "IL MIO REGNO NON E' DI QUESTO MONDO"

Prima precisazione: "Il mio regno non è di questo mondo". Chiaramente non è da questo mondo, né per origine né per qualità: "Il mio regno non è di quaggiù". E' da Dio la sua origine: "Gli diede potere, gloria e regno"; è dalla croce la sua conquista, e quindi una vittoria in amore, non in potenza. Per la sua messianicità Gesù è re, e perché è primogenito dei risorti; perciò può dichiarare di sé: "Io sono l'Alfa e l'Omega". Ai suoi discepoli ha detto: "I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi si farà vostro servo; appunto come il Figlio dell'uomo che non è venuto per essere servito ma per servire" (Mt 20,25-28).

Non ne abbiano paura i nemici, non c'è alcuna competizione politica: è su un altro piano di valori la battaglia della Chiesa e dei credenti.

"Per questo io sono nato e per questo sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla verità". Ecco il contenuto positivo della sua regalità. La verità è la rivelazione di Dio, il suo autocomunicarsi per salvare e arricchire l'uomo della sua divinità; la verità è ciò che ha fatto e portato Gesù, anzi è lui la verità: "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). Egli è quella "luce vera che illumina ogni uomo" (Gv 1,9), egli è la verità dell'uomo, è colui che rivela la più profonda identità e il più alto destino di questa nostra povera umanità, riscattata e nobilitata da quel gesto paradossale di un re coronato di spine e appeso alla croce. Lì egli è "il testimone fedele" dell'amore di quel Dio "che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi" (Rm 8,32).

La vicenda degli uomini è storia di chiusura a questa verità. Dalle prime persecuzioni romane alle più sistematiche e pesanti oppressioni dei regimi comunisti atei, ai recenti e .. quotidiani martiri in terra di missione, fino alla più subdola lotta che la cultura pagana laica sferra oggi contro la fede, è un ripetersi costante della sfida umoristica di Pilato contro Gesù: "Dunque tu sei re?". Rideva Stalin chiedendosi: "Quante divisioni ha il Vaticano?!". Certo che è re, "il principe dei re della terra", lui che un giorno disse: "Io ho vinto il mondo" (Gv 16,33). "Il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto" (I lett.). E anche alla sua Chiesa è promesso "che le porte degli inferi non prevarranno" (Mt 16,18). Anzi alla fine, quando verrà come giudice, "anche quelli che lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno per lui il petto" (II lett.).

2) "VENGA IL TUO REGNO"

Di fronte alla regalità di Cristo ciascuno è chiamato a prendere posizione personale: "Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?". Ecco la risposta della Chiesa primitiva: "A colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen" (II lett.). Il primo nostro impegno è quello di riconoscere questa signoria di Cristo su di noi. Noi lo chiamiamo appunto "il Signore, il nostro Signore Gesù Cristo". Egli ci ha fatti figli di Dio, ci ha come chiamati fuori da questo mondo destinato alla morte per fare di noi "un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre" (II lett.); tocca ora a noi rispondere di sì a una tale proposta di vita che supera in grandezza ogni nostro stesso sogno di riuscita umana! "Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce". E' una sequela che ci rende liberi: "Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8,31-32).

Ma è una signoria che non finisce nell'ambito personale; Egli ci ha insegnato a pregare: "Venga il tuo regno". Se il suo Regno non è di questo mondo, inizia e cresce in questo mondo, anzi deve esservi dentro come sale e come lievito. "Non chiedo che tu li tolga dal mondo - prega Gesù per i suoi discepoli -, ma che li custodisca dal maligno. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo: consacrali nella verità" (Gv 17,19). Ci aspetta una testimonianza pubblica della nostra fede, e più ancora la promozione di questo Regno nelle realtà di ogni giorno, così che "tutto sia ricapitolato in Cristo" (Ef 1,10). La missione di Gesù e della sua Chiesa mira a costruire nel mondo "un regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace" (Prefazio); quella "civiltà dell'amore" (Paolo VI) cioè, di cui la Chiesa "in Cristo è come un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (LG 1).

Oggi certo è un regno ancora incompiuto: è questa l'ambiguità che sfida la nostra fede. "Nella speranza noi siamo stati salvati" (Rm 8,24). Ma con la sua risurrezione dai morti, Gesù ha già raggiunto il compimento del Regno: egli è "il primogenito dei morti", e quindi primizia e garanzia anche per noi. Ora viviamo come il travaglio difficile di un parto: "noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo" (Rm 8,23). Si tratta di tenere viva questa speranza, come facciamo a messa, annunciando la sua risurrezione nell'attesa della sua venuta.

Il tema della verità è scottante in un mondo di opinioni, di tolleranza.. e quindi di indifferentismo di fronte ad ogni valore oggettivo! Noi cristiani crediamo che Dio è uno solo, che si è rivelato pienamente in Cristo e che quindi la verità oggettiva delle cose, del senso della vita e della storia è espressa tutta e pienamente in quel Gesù che ha detto: "Io sono la verità!". Rispettosi delle opinioni di tutti, noi crediamo che le cose stanno come stanno, cioè che bianco è bianco, nero e nero, e questo non dipende da una opinione soggettiva, ma dal dato di fatto. E il fatto, nelle sua sostanza, è svelato – al di là delle pur valide intuizioni umane – dalla pienezza di rivelazione che Gesù ci ha dato. Dialogo sì, rispetto, ma non meno IDENTITA' e annuncio. Così si costruisce il Regno di Dio, o di Cristo, re dell'universo che esiste!

 

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