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TESTO L'amore raddoppia

don Roberto Seregni  

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (13/11/2011)

Vangelo: Mt 25,14-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Forma breve (Mt 25,14-15.19-21):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Rieccoci con una nuova parabola del Rabbì. Per capirla fino in fondo è necessario "decodificare" alcune immagini, prima fra tutte quella del talento. Si tratta di una moneta dei tempi di Gesù che poteva pesare anche trentasei chilogrammi e il suo valore era di circa seimila denari. Calcolando che un denaro era la paga quotidiana di un operaio dei tempi di Gesù, un talento corrispondeva (tenetevi forti!) a circa diciassette anni di retribuzione!
Pazzesco! Ve l'immaginate la faccia degli ascoltatori?

Molti di loro, probabilmente, non avevano mai visto tanti soldi in una volta sola...

Come spesso capita nelle parabole, Gesù sfrutta queste esagerazioni per far capire che non sta dando lezioni per un master di economia, ma che vuole portare la nostra attenzione su altro.

Altro, come la nostra percezione della responsabilità che ci è affidata.

Altro, come il nostro modo di stare davanti a Dio.

A questo punto guardiamo da vicino i tre uomini della parabola.

I primi due sono coraggiosi, generosi, concreti; riconoscono la grande fiducia del padrone che gli ha affidato tutta quella ricchezza e si giocano (ma non si dice come!) per raddoppiare quello che hanno ricevuto. Il terzo, invece, sotterra tutto. Vive nel terrore. Si accontenta di restituire il talento conservato.

Ciò che fa la differenza tra i primi due e il terzo è la paura, e forse anche - come qualcuno dice - la pigrizia.

Quante delle nostre comunità vivono così, come questo servo che si accontenta, frenate dalla paura, ripetitive e pigre! Quanti cristiani confondono l'umiltà con l'elegante rifiuto delle proprie responsabilità e sotterrano il tesoro prezioso che è stato dato loro in dono.

Tutta questa paura che frena e rende ripetitiva e dimissionaria la nostra vita cristiana, dipende anche - o soprattutto? - dall'idea di Dio che custodiamo nel cuore.

Che idea del padrone avevano i primi due servi e che idea, invece, aveva il terzo?

Che idea ho io di Dio e che idea, invece, mi propone il Rabbì di Nazareth?
Questo è il centro. Non solo della parabola, ma del Vangelo.

Trovo ancora molti cristiani che pensano a Dio come a un ragioniere spietato che ci registra in partita doppia; o come a un poliziotto sadico che si diverte a staccare multe salate per ogni nostra infrazione; o come a un enorme "devotimetro" che fa piovere dal cielo favori e preferenze in base ai meriti acquisiti sul campo di battaglia.

Questo è un incubo, non è il Dio rivelato da Gesù di Nazareth.

Il Dio di Gesù è quel Padre appassionato che si fida di noi - ...affare raro di questi tempi! - e ci affida un tesoro prezioso senza nemmeno chiedere un colloquio informativo e senza rimanere a controllare. Se ne va. Si fida. Ci tratta da adulti.

Spetta a noi decidere che fare di questo dono. Scoprirci figli e metterci in gioco nell'amore, o rimanere all'ombra dei nostri fantasmi e deprimerci mentre ci scaviamo la fossa per sotterrare l'amore...

E tu, che pensi di fare?

 

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