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TESTO Secondo le capacità di ciascuno

don Luca Orlando Russo

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (13/11/2011)

Vangelo: Mt 25,14-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Forma breve (Mt 25,14-15.19-21):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Non si può entrare nel cuore di questa parabola se non si osserva innanzitutto il padrone e il suo modo di porsi nei confronti dei servi.

A caratterizzare la figura del padrone è: una grande fiducia per i suoi servi, la capacità di rischiare "i suoi beni", una buona conoscenza della diversità dei soggetti a cui affida le sue ricchezze.

La fiducia che il padrone accorda ai servi gli permette di partire tranquillo e, nello stesso tempo, costituisce una dichiarazione di stima nei confronti di coloro nelle cui mani consegna il suo patrimonio, da lui ritenuti idonei a portare il carico della responsabilità.

Il padrone sa bene che corre un rischio, che mette a repentaglio le proprie ricchezze. Ma a rischiare sono anche i servi che, non potendo tradire la fiducia del padrone, devono mettercela tutta per non sprecare un'opportunità irripetibile.

La conoscenza del padrone e la sua concretezza sono tali da consentirgli di fare una valutazione oggettiva delle capacità di ciascuno dei servi. La diversificazione delle consegne non è dettata dalla volontà di favorire il primo o di penalizzare l'ultimo. Il comportamento del padrone è rispettoso della diversità di ciascuno ed è un gesto amorevole. Nessuno dei servi è insoddisfatto e tutti e tre accettano in modo sereno ciò che viene loro affidato.

Ma quando tutto sembra andare secondo le attese e il padrone sta raccogliendo il frutto della sua perizia, ecco presentarsi l'ultimo servo che ha passato tutto il suo tempo nell'inattività.

Come giustificare un simile comportamento? Un errore di valutazione da parte del padrone verso l'ultimo servo? O solo pigrizia del servo? A ben vedere il problema sembra legato alla diversità che il padrone non solo non ha nascosto, ma ha reso evidente con la sua scelta di diversificare le consegne.

La coscienza del terzo servo, tentando di superare la crisi della propria diversità, non riesce a portare il peso di quel malessere profondo, quella sofferenza struggente, che noi chiamiamo "invidia". Una sofferenza che lo induce a fare un solo ragionamento: se non posso essere il primo, allora rinuncio al confronto con la realtà.

Peccato! Una vita sprecata nell'inconcludenza, mancando di prendere parte alla gioia del suo padrone. Stupida rivalità!
Buona domenica e buona settimana!

 

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