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TESTO Pelo e contropelo

don Carlo Occelli  

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (30/10/2011)

Vangelo: Mt 23,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. 4Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, 7dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.

8Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. 9E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. 10E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. 11Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; 12chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato.

Pelo e contropelo.

Ai farisei Gesù non risparmia nulla. Affonda la lama, colpisce il bersaglio al centro. Non per ferire mortalmente, no. Le parole di Gesù non sgorgano per uccidere l'avversario, né per umiliarlo gratuitamente e di fronte alla pubblica piazza. Colpiscono l'interlocutore certo, ma per guarirlo.

Sì, perché talvolta abbiamo bisogno di uno schiaffo per svegliarci, di uno scossone deciso per ridestarci dal sonno, dal torpore di una fede stanca dallo sbadiglio continuo.

Ogni domenica è per noi un nuovo mattino, raggio di sole che impone alla notte di fuggire altrove senza se e senza ma: le pagine di vangelo non somigliano all'acqua calda dei nostri rubinetti di città, ma all'acqua di sorgente davanti alle nostre case di montagna. Quando ti lanci sul viso una bella manciata di acqua gelida ti manca il respiro. Per un attimo. Poi ti senti vivo.

Matteo raggruppa tutti i discorsi e i detti polemici di Gesù contro farisei e scribi in questa pagina: alle soglie del cammino verso la croce aumenta sempre più il divario tra il Dio di Gesù e quello presente nella testa dei religiosi farisei. C'è dell'altro però. C'è una chiesa che sta nascendo, ed è ad essa che pensa Matteo: anche nei discepoli cristiani si annidano vecchie abitudini e modelli di vita assai lontani dallo stile di evangelico. Sono passati pochi anni dall'evento della Risurrezione, eppure ci cascano di nuovo.

E' dunque per i discepoli questa pagina, è per noi. Per me. Perché è dentro me che si nasconde la mia controfigura, si annida un fariseo infestante.

Scoviamo questo fariseo che infesta la nostra fede e le nostre chiese, scacciamolo come ospite indesiderato.

Veniamo al dunque. Primo colpo: legano pesanti fardelli sulle spalle della gente e loro non li toccano neppure.

A me si rivolge Gesù, a me prete, ma anche a te amico. Gesù ha veramente una libertà incredibile nel sognare il popolo dei credenti.

Vivo talvolta la fede e tutto ciò che ci ruota attorno con migliaia di sensi di colpa. Mi trovo davanti un muro di leggi umane, di disposizioni inventate dagli uomini che non c'entrano poi un granché con la parola annunciata da Gesù. Mi convinco che la chiesa non possa che andare avanti così, non mi sfiora neppure l'idea che ci possa essere anche un altro modo di vivere la fede. Mi hanno insegnato che si è sempre fatto così. Una di quelle frasi che non permettono mai alcun orizzonte di novità. Ma dico io: siamo un'organizzazione noi? Siamo solo un'enorme struttura planetaria, organizzata dalla a alla zeta, legata da pesanti fardelli che non si sa più da dove arrivino e perché?

No, non voglio morire d'organizzazione. Non voglio conquistarmi dei meriti di fronte a Dio perché obbedisco a leggi che non vengono neppure da lui.

Mi mette con le spalle al muro Gesù: anzitutto se carico altri di pesi che io neppure sfioro con un dito.

Mi mette con le spalle al muro: con gli altri esigente, con me indulgente. Non è vero che mi capita come prete d'esser proprio così? Esigo che gli altri abbiano sempre tempo, che dicano sempre si, che siano sempre pronti, che la pensino proprio come me, facciano proprio come voglio io...

C'è da pensare amici. Prendiamoci del tempo. Siamo autentici perbacco.
Secondo colpo.

Fanno le loro opere per essere ammirati. Allargano i filatteri, allungano le frange. Per essere ammirato da Dio mi metto una divisa, devo distinguermi, devo essere riconosciuto e notato. La divisa porta nel proprio significato il termine divisione. S'intende, mica mi voglio accanire con chi porta la divisa. Per carità. Però è bene capire che di fronte a Dio non ci sono divise da indossare, non occorre farsi vedere. Non occorrono copricapi che ci innalzino sopra gli altri. Non sarebbe l'ora di rivedere certe divise di noialtri uomini di chiesa?

Mi mette con le spalle al muro Gesù: fatti riconoscere dal tuo stile di vita, non dalla divisa. Fatti riconoscere dal modo in cui accogli i bambini, gli anziani, gli stranieri che ti suonano il campanello... non dall'altezza del tuo colletto da prete. Non dai pizzetti e merletti.

Mi mette con le spalle al muro Gesù: l'unico copricapo suo fu la corona di spine.
Terzo colpo.

Amano i posti di onore, i saluti nelle piazze, gli inchini, i baciamani. La scelta di seguire Gesù ci porta a scegliere i crocicchi delle strade più che le piazze, a diffidare dagli inchini dei potenti, a scegliere gli invisibili, ad essere riconosciuti da chi perde il posto di lavoro, a non sentirsi maestri ma fratelli.

Mi mette con le spalle al muro Gesù: sono io l'unico rabbì, l'unico maestro, la sola guida in grado di portarti alla gioia della vita. E noi che ci gloriamo dei nostri titoli, dei nostri ruoli ed incarichi. Convinti che la chiesa sia una nostra proprietà e le parrocchie il nostro feudo. Nessuno lo dice così, certo. Tuttavia siamo noi a guidare, a dirigere, a comandare, a decidere cosa è bene e cosa non lo è per la comunità.

Mi mette con le spalle al muro Gesù: là dove approfitto del mio ruolo e faccio passar per parola di Dio parole solamente mie.
Quarto colpo.

Il più grande non è il più bravo, quello con più savoir faire. Il più grande non è il più organizzato, il più intelligente, quello che riesce a reperire più fondi dall'8permille. Il più grande non è quello fotografato insieme al sindaco, all'assessore, al vescovo, al papa.
Il più grande tra voi sia vostro servo. Punto.

Mi mette con le spalle al muro Gesù: mi ritrovo appesantito di leggi e leggine, tradizioni e strutture, titoli onorifici e divise. Schiacciato dalla superbia di guidare e di condurre, oppresso dall'amministrare il sacro in lungo e in largo.

E sento nostalgia. Nostalgia di camminare senza nulla. A piedi nudi e senza copricapo. Fratello tra fratelli. Dietro all'unico Maestro, mio e tuo.

 

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