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TESTO Si ama perché si è amati per primi

Gaetano Salvati

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (23/10/2011)

Vangelo: Mt 22,34-40 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 34i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

La Liturgia della Parola di questa Domenica pone l'accento sul più grande dei comandamenti di Dio, l'amore, chiave di lettura sia dell'Antico testamento che del Nuovo. Tale interpretazione è ravvivata attraverso la parola dei profeti e la riflessione dei sapienti. In effetti, quando Paolo parla della comunità di Tessalonica come di un modello da seguire (1Ts 1,6ss), si riferisce alla loro fede che si esprime nella carità. Lo stesso libro dell'Esodo richiama a Israele la misericordia del Signore nei confronti delle classi più deboli: "il forestiero, la vedova e l'orfano" (Es 22,20-22). Per loro, Dio è "scudo, salvezza e baluardo" (Sal 17,3). È amore infinito, e palpabile nella carne di Cristo, verso ogni uomo e donna.

Questo amore è annunciato nel vangelo. San Matteo, infatti, narra che i dottori della Legge d'Israele cercano di mettere alla prova Gesù, domandandogli qual è il più grande comandamento della Legge. Il Maestro risponde che sono due: il primo riguarda l'amore che il credente deve necessariamente rivolgere al Signore (v. 37); il secondo, invece, è l'amore disinteressato che il discepolo deve nutrire verso il suo fratello (v. 39).

Le parole di Gesù, i due testi riguardanti il comandamento dell'amore (Mt 22,37-39), non attuano una sintesi della Bibbia, bensì riportano alla sua originale essenza il desiderio di ogni pio israelita, e di ogni cristiano, di essere fedele all'alleanza stipulata da Dio con Mosè e i patriarchi. Il Maestro afferma che ogni azione di Dio nei confronti dell'uomo, è sempre sostenuta dall'amore infinito del Creatore verso la creatura.

I due comandamenti, allora, formano un'unica realtà, un percorso di fede, che conduce il cristiano verso la piena comprensione del mistero divino. Ma, in che modo il credente riesce ad amare il Signore e i Fratelli? L'amore a cui appella il Maestro è l'imitazione della compassione di Dio nei confronti dell'uomo: il Padre, per amore, non ha esitato a mandare il Figlio sulla terra; il Figlio, per amore, non ha negato il sacrificio supremo di sé sulla croce; lo Spirito, per amore, non cessa di santificare l'umanità e rendere presente, in mezzo ad essa, il Dio vivo. Quindi, il primo comandamento: "amerai il Signore", è la risposta sincera del discepolo di Gesù. Si ama perché si è amati per primi: l'uomo ama il Signore perché è amato da Lui, è ricolmato di beni, di vita eterna. È l'amore verso Dio che assume i tratti di riconoscenza per tutte le meraviglie compiute verso l'umanità, vale a dire, la gratuità del dono della vita, e la gioia della vita nuova instaurata da Cristo nel mattino di Pasqua. Ora, si comprende anche il secondo comandamento. L'amore originario, quello di Dio nei nostri confronti, che dà inizio all'amore della creatura per il Creatore, deve essere rivolto verso gli uomini. Tale amore costituisce la Chiesa. La comunità cristiana è la famiglia umana, chiamata da Dio per testimoniare al mondo l'amore del Signore. L'esortazione di Gesù, perciò, "amerai", "amerai", oltre a spiegare le profondità delle azioni divine sull'uomo, illustra anche quello che i discepoli devono attuare. Come per il primo comandamento, i cristiani rispondono all'amore amando. Infatti, convocando la comunità, lo Spirito invita all'amore, cioè a scorgere in ogni fratello il volto di Dio; ancora, a coltivare sentimenti di pace e di perdono. Nell'amore, ogni fratello appartiene all'altro; per cui, nella Chiesa, non esistono individualismi: ognuno è responsabile dell'altro, custode della fede del prossimo. L'Amore (Dio) non dissolve neppure la persona umana nel collettivo: il discepolo, amato e spinto ad amare, viene indirizzato dallo Spirito verso Dio e con Dio. Verso Dio, poiché l'uomo, accettando liberamente di lasciarsi risollevare da Gesù, viene trasformato in una creatura nuova. Con Dio, poiché l'uomo nuovo non è più da solo, è con Dio e con tutti i fratelli in Cristo. Dunque, la comunità cristiana è l'umanità che ha creduto nell'amore e nel perdono, nella speranza contro le disperazioni del peccato e della morte, nella fede in Gesù Cristo. In Lui, la fede, la speranza e la carità, non rimangono miti, ma eventi che, continuamente, si ripropongono nella nostra vita: in Lui, ogni cristiano cresce nell'amore, rafforza la fede e spera; in Lui, infine, la Chiesa si scopre generata dall'Amore e indirizzata verso di Essa.

Fratelli, non respingiamo l'amore di Dio. Sforziamoci ad amare Dio in ogni sguardo che incrociamo durante il cammino. Al crocevia di ogni incontro e scontro, il nostro Dio, incarnato, vuole essere smascherato. Rimaniamo sensibili, allora, al suo amore, che si manifesta, quasi di nascosto, negli spazi che concediamo o no, ai viandanti della vita. Amen.

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