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TESTO Potere divino e potere terreno

padre Gian Franco Scarpitta  

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XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (16/10/2011)

Vangelo: Mt 22,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,15-21

In quel tempo, 15i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Attraverso il profeta Isaia Dio proclama se stesso come l'unico Signore, di fronte al quale non vi è altra divinità e che non accetta altre autorità concorrenti (I Lettura). La sua signoria è affermata sul mondo e su tutti i popoli accanto all'unicità del suo essere divino e appunto come Signore universale egli si mostra nei confronti dell'uomo.

Quello di Dio non è tuttavia un potere dispotico o coercitivo, ma piuttosto esplicantesi nel servizio e nel dono di sé, nella bontà e nella misericordia verso l'uomo, nell'elargizione della salvezza e va osservato che sempre in questa Dio, mentre domina su tutto, istruisce l'uomo educandolo al concetto stesso di autorità. Nell'essere Signore, Egli offre all'uomo l'ideale di chi dirige, governa e gestisce in modo tale che l'uomo apprenda quello che significhi autorità e di conseguenza umiltà e sottomissione.

Che Dio proceda nei confronti dell'uomo con amore di Padre e che manifesti la sua onnipotenza con la misericordia e con il perdono e con la grazie anziché con la coercizione e che si protenda al dialogo e alla comunicazione con l'uomo, non smentisce che Egli si mostri qualitativamente Distante da noi. Anche se Padre misericordioso ed elargitore di beni e di salvezza, Dio è sempre Dio, qualitativamente Differente (Barth) dall'uomo.

A tal proposito, non va dimenticato che esiste un comandamento ben categorico: "Io sono il Signore tuo Dio. Non avrai altro Dio all'infuori di me", il quale ci invita a riconoscere inopinatamente la Signoria e l'universale grandezza di Dio, imponendo venerazione rispetto verso Colui che nella fede riconosciamo come il Creatore e il Salvatore.

L'antico popolo d'Israele aveva sospirato la presenza di un monarca, soprattutto dopo il periodo dei Giudici: si chiedeva da parte di tutti un re che con l'esercizio del suo potere rappresentasse sulla terra la volontà di Dio e si prodigasse ad attuarla. Il re veniva anzi unto e consacrato da Dio, abilitato a fungere da garante della volontà e della giustizia divina in mezzo al popolo e tale sarà in effetti il ministero di Saul. Successivamente regnerà Davide, fin quando nella mente de popolo non comincia ad ingenerarsi l'idea di un Sovrano universale Messia o Cristo. Questi sarà il Signore Re dell'Universo che regnerà sul popolo della Nuova Alleanza nella donazione totale di sé, cioè la morte di croce.

Il popolo è stato sempre educato insomma al concetto autorità, indirizzato all'umiltà, alla sottomissione e al rispetto nei confronti di chi si erge come suo capo, q questo principalmente da Dio, che ha regnato nella persona di subordinati ministri.

Ne deriva una logica pedagogia dell'autorità, per la quale non va dimenticato che ogni potere umano legittimo proviene da Dio e obbedire a chi ci governa e ci dirige equivale a rispettare Dio stesso. A chi governa è richiesta la promozione della giustizia e il perseguimento del bene comune dei propri sudditi, come pure il procacciamento dei diritti dei più deboli e la soddisfazione delle necessità di tutti e di ciascuno; ogni autorità è infatti al servizio del popolo o del gruppo ad essa affidato ed è tenuta a rendere partecipe i sudditi dell'attività politica e amministrativa cercando sempre il giusto e l'equo per tutti. Abuso e illegittima usurpazione è invece la ricerca dei propri interessi o l'arbitrario profitto che si ricava per se stessi dall'esercizio del potere.

D'altra parte è tuttavia dovere morale del cittadino rispettare il sistema vigente di governo, ottemperare ai doveri che gli competono facendo fronte alle proprie responsabilità, mostrando sempre sottomissione al potere istituito riconosciuto come espressione del volere di Dio. Pietro esorta: "Servite Dio, onorate il re."

Così Paolo esorta espressamente i Romani alla soddisfazione dei doveri civili e al pagamento delle tasse e dei tributi nel rispetto delle autorità costituite, "poiché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio... Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza. Per questo dunque dovete pagare i tributi, perché quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio.

Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto il rispetto" (Rm 13, 2 - 7).

Adempiere gli obblighi tributari, ottemperare agli obblighi civili e rispettare ogni disposizione in ordine alla giustizia e alla retta convivenza, anche nell'osservanza delle minime norme civiche è un dovere morale imprescindibile del cristiano, che non di rado viene disatteso con troppa facilità. Non di rado argomenti quali pagare l'iva, eseguire la dichiarazione dei redditi, evitare di parcheggiare in doppia fila, dare la giusta paga ai nostri dipendenti, arrivare puntuali sul posto di lavoro, evitare di insudiciare le strade sembrano essere infatti considerati banali e insignificanti da molti cristiani o comunque non sempre assumono la stessa importanza rispetto ad altri temi inerenti l'evangelizzazione e la testimonianza evangelica. Facilmente si dimentica che il primo valore di testimonianza risiede nell'osservanza delle comuni norme di convivenza civica, nell'adempimento dei doveri che ci impone lo stato di cittadini e nel rispetto di ogni normativa vigente, non già perché intimiditi dal timore di una pena, ma perché sollecitati dalla necessità missionaria di annuncio del Regno. Il senso del dovere civico e della responsabilità verso gli altri in quello che riguarda la convivenza comune dovrebbe essere primario atteggiamento da assumersi in ambito cristiano, perché è appunto il mondo nel quale siamo immediatamente collocati il luogo della nostra appartenenza cristiana e se non si vuole adempiere quanto ci viene richiesto tutti i giorni neppure potremo adeguatamente essere testimoni nelle dimensioni più impegnative.

Non si può tuttavia in piena coscienza considerare moralmente legittima una disposizione o una legge che contravvenga ai nostri imperativi etici, e non sarebbe moralmente lecito adempiere dei doveri quando questi non siano in linea con la retta morale e con la sana dottrina: riconoscere la legittimità dello Stato non equivale infatti ad essere succubi del sistema sempre e in ogni occasione, ma mostrarsi sempre pronti sia nel rispetto che nel senso critico, mostrando anche eventuale disappunto qualora determinate disposizioni non collimino con le vedute proprie del Vangelo.

Tale è l'insegnamento di Gesù nella famosissima espressione: "A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio", nella quale si sottolinea l'indipendenza del potere spirituale dal potere temporale, mentre Gesù, che risponde con padronanza a coloro che tendono a metterlo alla prova, tende a scongiurare che quest'ultimo abbia il sopravvento: Dio è al di sopra di ogni autorità terrena. Allo stesso tempo però Gesù riconosce il valore dell'autorità dei governi delle nazioni come legittimo luogo di esercizio della volontà di Dio e ribadisce i doveri del cittadino di fronte alle istituzioni, in modo tale che in tutto si faccia la volontà di Dio anche nell'adempienza della legge terrena.

"A Dio quel che è di Dio" sottolinea nondimeno che la volontà suprema del Signore giustifichi che si prendano le distanze da tutte quelle leggi e disposizioni che si oppongano a quanto Dio ha deliberato.

Nella nostra civiltà odierna attuale vi sono tutti i mezzi perché si possa adempiere alla volontà del Signore vivendo al contempo da onesti cittadini, e il ricorso alle "obiezioni di coscienza" garantisce che si possa scegliere di non attenersi a una determinata condotta quando questa non è da noi condivisibile; ragion per cui vi sono tutti i mezzi per ottemperare ai nostri doveri in ordine civile in piena coscienza e nella piena linearità evangelica.

Siffatte garanzie molte volte volutamente eluse o non prese in seria considerazione, come quando si trascura che vi è la possibilità, sancita dalla nostra Costituzione, di non riconoscere (e di non vedere) il proprio figlio dopo averlo partorito, per chi fosse mosso dalla volontà di abortire. Il che dovrebbe incoraggiare molti alla scelta della vita e non all'interruzione della gravidanza. Nell'esercizio di tante professioni mediche vi è la possibilità di non attenersi a determinati obblighi quando non siano confacenti alla nostra coscienza e in generale è possibile attuare anche con i mezzi della società e della legge stessa quanto la morale ci prescrive.

Diversamente vanno le cose in tanti paesi dove questa libertà di coscienza non si è raggiunta o viene ostacolata da un sistema avverso al cristianesimo, che costringe parecchi nostri fratelli a subire la persecuzione e il martirio. E che non lesinano a perseverare nella loro testimonianza cristiana.

 

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