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TESTO Dov'è finita la nostra gioia?!

don Carlo Occelli  

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (09/10/2011)

Vangelo: Mt 22,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

 

Forma breve: Mt 22,1-10

In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

Ancora una parabola che sorprende per la sua costruzione, per le allegorie non immediatamente comprensibili. Certo, noi siamo invitati a leggere questa pagina oltre l'immediatezza, non come semplice descrizione di una festa nuziale: tutto infatti ci parrebbe sproporzionato ed eccessivo. A cominciare da tutta questa gente che rifiuta l'invito a nozze. Per non parlare del secondo gruppo che addirittura passa agli insulti e alla violenza. Figuriamoci! Uno sarà ben libero di rifiutare un invito, non per questo prende a bastonate chi gliel'ha portato. Ancora: la grande magnanimità di questo re per le nozze del figlio stona con la sua ultima reazione: s'infuria perché c'è un tipo che non ha l'abito della festa...

Ma la parabola non si legge così, in superficie. Essa è sempre un evento che smuove, come vanga che rivolta le zolle, parola che mette in moto processi interiori di cambiamento e trasformazioni.

Abbiamo già visto nelle ultime domeniche come Matteo compia una doppia lettura: da una parte l'annuncio del regno da parte di Gesù ha subìto il rifiuto degli scribi e dei farisei, di coloro che avevano tutto in regola per accoglierlo eppure non lo riconoscono e così pubblicani e prostitute sono passati davanti; dall'altra Matteo si accorge che le medesime difficoltà continuano anche dopo. Israele rifiuta Cristo, i pagani lo accolgono. I cristiani possono aderire a Gesù superficialmente, e poi fare altro nella vita.

Non guardiamo con precisione biblica a tutta la ricchezza di questo brano, però vogliamo vangare un poco la nostra fede. Questo sì!

Il regno di Dio è un invito a nozze. Oh perbacco, ma ce lo siamo scordati o siamo decisi a riprenderci l'originaria bellezza di questa cosetta qui? Avete l'impressione che il nostro vivere ecclesiale sia una festa di nozze?

Un invito a nozze è qualcosa di straordinario, preludio di festa e di gioia, fascino di un amore che osa dichiararsi pubblicamente per sempre.

Il regno dei cieli è un invito a nozze. La nostra fede è un invito a nozze, non ad un mortorio. Partecipare a nozze è altra cosa dal seguire un corteo funebre.

È un invito, non un ordine. Ah, è sempre bello aprire un invito, leggere, gioire perché hanno invitato proprio te, ringraziare, prepararsi, fare il conto alla rovescia... per arrivare finalmente alla data!
Ebbene il vangelo di oggi afferma: tutto è pronto! Ci stai?
Urge una risposta.

Vuoi partecipare al corteo nuziale o a quello funebre?

L'invito si può rifiutare, si può essere indifferenti. Gesù, come nelle domeniche scorse parlando della vigna, ci racconta il dramma di Dio, della sua amicizia con Israele, dei profeti mandati a più riprese per l'invito, dei rifiuti, del figlio del vignaiolo ucciso... come lo sposo di oggi lasciato in solitudine.

I primi della parabola odierna rifiutano, i secondi hanno altro a cui pensare: tra i campi e i propri affari.

Hanno smarrito la gioia dell'incontro, il sapore degli inizi, l'emozione della festa. Così la sala rimane vuota. Che brutta foto di matrimonio: tavole imbandite ed invitati assenti.

Scusate, penso alla mia fede anzitutto. Penso alla mia Messa domenicale. Perché se c'è per noi un invito al banchetto nuziale, non è quello del banchetto eucaristico? E certo che sì! Ce la contano dal catechismo che la Messa è un banchetto nuziale. Sicuri? E dove? Guardiamoci attorno! (Oh, amici, guardiamoci attorno non per fare le pulci al parroco, a chi legge, canta o quant'altro, ma per scrutare anzitutto nel nostro cuore, e convertire noi, prima dei nostri vicini!).

Ma quando abbiamo smarrito la gioia nuziale? Quando, anche noi cristiani che nasciamo da Cristo risorto, abbiamo smarrito la gioia dell'incontro, la bellezza del dialogo attorno alla mensa, le danze serali insieme agli sposi?

Le nostre eucaristie hanno ancora il gusto della festa e il profumo della freschezza? Siamo destinati ad essere definitivamente e costantemente bolliti?

Suvvia! Certo che no, e non in forza della nostra creatività o della nostra bravura, ma perché è lo Spirito Santo che soffia la fantasia del possibile, anima la nostra fede e rigenera la nostra vita. E le nostre Messe! Coraggio! Offriamo allo Spirito la nostra collaborazione.

Lasciamo che le nostre eucaristie raccontino ancora del misterioso incontro tra gli uomini e Cristo, intessuto di lacrime di gioia e di dolore, di sorrisi ed abbracci, di canti e di danze, di silenzi e preghiere gridate, di commozione e gioia del cuore...

Puliamo la nostra fede dalle ragnatele accumulate e rispolveriamo la nostra follia originaria.

Il re però non demorde: continua ad invitare, a mandare messaggeri ai crocicchi delle strade. Stupenda questa espressione: siamo mandati, noi credenti in Cristo, agli incroci delle strade. Là dove si incontrano i punti cardinali, s'intersecano le culture e i popoli sconfinano: l'invito a nozze è per tutti, in ogni crocevia del tempo e dello spazio. Usciamo dalle nostre chiese con il desiderio di abitare i crocicchi delle strade, di intersecarci con le questioni di questo mondo, di lottare perché ai crocevia della vita nessuno si perda. Coraggio amici!

Ancora la questione dell'abito nuziale. Perché questo re se la prende con quell'uomo e lo caccia a pedate? Diciamola così: non si può venire in chiesa senza abito nuziale, non si inganna il nostro Dio, non si bluffa con lui! Nell'Apocalisse leggiamo che "la veste di lino sono le opere giuste dei santi", ossia l'impegno concreto per una vita fraterna, per sentieri di giustizia e di pace.

Cambiarsi l'abito, mettere l'abito nuziale, significa cambiare vita, rivoltare i propri stili di vivere ed indossare il nostro abito, Cristo stesso.

Non possiamo vivere il nostro banchetto nuziale senza un riscontro nel nostro modo di essere, nella nostro vivere virtuoso.

Come nel giorno del nostro battesimo abbiamo ricevuto una veste bianca, così ogni volta siamo chiamati a rivestirci di Cristo: spogliatevi dell'uomo vecchio e rivestitevi dell'uomo nuovo. Cioè Cristo. Rivestirsi di lui, è imparare ad amare come lui, abbracciare come lui, guardare come lui...

Coraggio! Rivestiamoci di Cristo, rivestiamoci di gioia e di luce!

 

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