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TESTO Inizia il mese del Rosario

mons. Antonio Riboldi

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (02/10/2011)

Vangelo: Mt 21,33-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,33-43

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartato

è diventata la pietra d’angolo;

questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi?

43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

C'è una preghiera, che è come il racconto della vita di Gesù, contemplata da tantissimi, uomini, donne, giovani e anziani, nella recita del S. Rosario.

Sappiamo tutti come è facile trovare nelle mani o addosso questa coroncina, come a ricordarci che Maria, la dolce Mamma, davvero si prende cura di tutti noi.

Una preghiera semplice, che un tempo, e mi auguro per molti oggi, chiudeva la giornata delle famiglie, che si radunavano per la recita del S. Rosario.

Nella mia famiglia, anche quando ero diventato prete, era papà che sentiva di essere 'il sacerdote', che anima il Rosario... così come, quando c'era ancora la nonna materna, era lei che, non solo ci voleva tutti vicini, ma commentava con semplice profondità i Misteri del Rosario.

Una teologia spicciola, ma saggia, che la diceva lunga sulla fede e la conoscenza della nonna. Era una recita così sentita, che ci coinvolgeva tutti, non solo gli adulti, ma anche noi adolescenti. Era davvero una catechesi pregata, quella recita del S. Rosario.

Diceva Paolo VI: "Il Rosario è un'educazione alla pietà religiosa, più semplice e popolare e allo stesso tempo più seria e più autentica, insegna ad unire l'orazione con le comuni azioni della giornata, santifica le vostre amicizie, vi abitua a unire le parole della preghiera al pensiero, alla riflessione sui Misteri del Rosario e questi si presentano come quadri e come scene, come racconti, l'uno dopo l'altro, e ricordano un po' l'incantesimo delle sequenze cinematografiche, per voi tanto interessanti; vi portano alla visione fantastica dei fatti ricordati dai Misteri, alla storia della vita di Gesù e di Maria, e alla comprensione delle più alte verità della vostra religione: l'Incarnazione del Signore, la sua Redenzione e la vita Cristiana presente e futura. È una scala il Rosario e voi salite insieme adagio, adagio, andando in su, incontro alla Madonna, che vuol dire incontro a Gesù. Perché anche questo è uno dei caratteri del Rosario, ed è il più importante, il più bello di tutti, e cioè, il Rosario è una devozione che, attraverso la Madonna, ci porta a Gesù.

È Gesù Cristo il termine di questa lunga e ripetuta invocazione a Maria. Si parla di Maria per arrivare a Gesù. Ella lo ha portato al mondo. Ella è la Madre del Signore. Ella ci introduce a Lui, se noi siamo devoti a Lei". (maggio 1964)

La recita del S. Rosario era la preghiera del tempo libero del grande beato Giovanni Paolo II.

Lo ricordo un giorno, in visita alla Sacra di S. Michele. Dopo la visita all'abbazia, che credo molti conoscano, non potendo l'elicottero atterrare sui dorsali della Sacra, per il grande vento, fu costretto a scendere in macchina.

Lo accompagnai, felice di stare insieme e poter scambiare con lui qualche parola.

Il beato si raccolse in se stesso e mi pregò di fargli compagnia nella recita del S. Rosario. Essendo il tragitto abbastanza lungo, insieme, senza perdersi in parole, recitammo i Misteri gaudiosi e dolorosi. Alla fine mi salutò con un grazie, che esprimeva non solo riconoscenza, ma tanto affetto. È proprio vero che i santi sono, con la loro vita, una scuola di santità, anche... viaggiando! Abbiamo bisogno che la Mamma ci aiuti.

Un tormentato e famoso scrittore di spiritualità, Peguy, paragonava il Padre nostro e l'Ave Maria a dei 'vascellì naviganti vittoriosamente verso il Padre. Dobbiamo tentare anche noi questa impresa. E non si dica che, così facendo, strumentalizziamo la preghiera, il culto alla Vergine, la religione in favore di nostri bisogni o fini temporali.

Non può essere considerata una strumentalizzazione, il vivere l'orazione come una confessione dei nostri limiti, dei nostri bisogni, della nostra fiducia di ottenere dall'Alto ciò che, con le nostre forze, non possiamo conseguire, anzi.

Non ce lo ha forse insegnato Gesù stesso? 'Chiedete e vi sarà dato '.

Non ultimo, la recita del S. Rosario, per chi vi ha confidenza, eletto quasi a dialogo con la Vergine, ci mette al passo con Lei, ce ne fa subire il fascino, ci incoraggia a seguirne l'esempio educatore e trasformante. È davvero una scuola di vita cristiana.

Ma vi è anche tanta gente che oggi ha sostituito il rosario con i gingilli della moda, nell'intento di apparire esteriormente, ma svuotando quello che più conta: il cuore.

Non è così delle persone semplici, anche giovani, che vedono nel S. Rosario, che portano con sé, una forma di presenza nella vita della Vergine, come un segno di appartenenza a Maria.

Direi di più, come a ricordarsi che c'è viva e attenta Chi ha cura di noi in Cielo: la Mamma celeste. Mi ha colpito un giorno, in aereo, un signore distinto. Uno che apparentemente apparteneva alla cosiddetta alta società. Ad un certo punto, meravigliandomi, mi chiese di recitare con lui il S. Rosario... 'in cielo!'. Quello che più mi colpì fu la devozione e la fede, il suo raccoglimento. Questo esempio è l'affermazione che la Mamma è amata da tanti, senza distinzione.

Dovremmo dialogare con Lei più spesso, soprattutto oggi, con la semplicità profonda del Santo Rosario: un dialogo che si distingue dalle chiacchiere del mondo e ci fa sentire il sapore del Cielo. Con Maria, oggi, vogliamo meditare la Parola di Dio, dal Vangelo di Matteo:

"Gesù disse ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 'Ascoltate quest'altra parabola:

C'era un padre, che aveva una vigna e la circondò con una siepe. Vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò ai vignaioli e se ne andò.

Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono .. l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono.

Di nuovo mandò altri servi, più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò anche il proprio figlio, dicendo: 'Avranno rispetto di mio figlio'. Ma quei vignaioli, videro il figlio e dissero tra di loro: 'Costui è l'erede: venite, uccidiamolo e avremo poi l'eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'ucciserò

Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a questi vignaioli?

Gli risposero: 'Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli, che gli consegneranno i frutti a suo tempo". (Mt. 21, 33-43)

È stata la storia del popolo eletto, che uccideva i profeti inviati da Dio per ammonirlo ed infine uccise il Figlio Gesù. Una storia di infedeltà e di non amore, che parrebbe incredibile se non vi fosse la testimonianza storica di tale comportamento del popolo eletto nell'Antico Testamento.

Ma può anche essere 'lettà come un'altra storia: quella della Chiesa che ora e per sempre è e sarà la vigna del Signore.

Una vigna difficile e meravigliosa da coltivare ma che, qualche volta, trova nei pastori stessi, che dovrebbero averne cura, peccato e miserie, come pure può essere per loro causa di difficoltà e persecuzioni. Basti pensare all'uccisione di tanti missionari, o anche solo delle incomprensioni o critiche, non sempre oneste, verso i pastori.

Conosciamo tutti, soprattutto oggi, la difficoltà di lavorare nella vigna del Signore.

Se un tempo la Chiesa, la famiglia di Dio, era davvero percepita dalle nostre famiglie come comunità a cui si apparteneva con impegno e gioia, oggi, spesso, la meraviglia della Presenza di Dio tra di noi è snobbata dagli stessi cristiani che, non solo non si ritrovano per l'Eucarestia, ma vivono come se la 'loro vigna' fosse un 'accessorio', di cui si può assolutamente fare a meno in questo mondo.

Sì, è davvero faticoso lavorare in questa vigna.... ma anche entusiasmante!

Ripenso, nonostante le innumerevoli difficoltà, all'immensa gioia sprigionatasi dalla Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid. Incredibile come nella veglia, funestata da un forte temporale, tutti, a cominciare dal S. Padre, continuarono sereni, pur sapendo che avrebbero poi dovuto, almeno i giovani, riposare... .in quel campo bagnato!

E come non ricordare il Congresso Eucaristico di Ancona, che è stato punto di riferimento, riunendo - anche se a distanza - milioni di cristiani intorno all'Eucarestia?

Se questi momenti speciali sono importanti, non possiamo dimenticare i tanti fratelli che sfidano la morte per riunirsi in preghiera, in Cina e in tante altre parti del mondo, dove per loro, cristiani, la vita non è davvero facile.

Sono questi fratelli, che soffrono per vivere la fede in Gesù, che ci insegnano ad amare di più la nostra Chiesa. Guardando a loro dovremmo, tutte le volte che ci troviamo assieme, come la domenica, saper rinvigorire la consapevolezza di essere la vigna del Signore, che accoglie la salvezza donata dal nostro Redentore.

Infatti fa male scoprire come in troppi cristiani sia scomparso l'amore alla Chiesa, 'loro famiglia divina', per cui non provano gioia stando insieme, anzi rifuggono ne rifuggono la compagnia.

Sono tanti anni che il Signore mi ha chiamato alla Sua vigna, inviandomi in luoghi difficili, come il Belice, da parroco, o vescovo ad Acerra. Erano, allora, vigne da dissodare. Le ho amate con tutto il cuore e, a volte, - per contrastare il crimine organizzato - 'mettendo in conto' la stessa vita.

Ma più era difficile donare tutto me stesso, più l'amore alla vigna diventava grande e la consapevolezza che la vigna era del Signore sempre più intensa: Lui operava e guidava, io ero solo un suo strumento e questa convinzione dava forza e serenità.

Auguro a tutti di sperimentare lo stesso amore per le vostre Chiese, che devono sempre essere viste come 'famiglie diviné dove il Padre, non solo sta con noi, ma nella Parola e nei Sacramenti è vivo e Vivente, per farci crescere in Lui.

Amiamoci tanto come Chiesa e preghiamo con il cuore, quando in lei tocchiamo la presenza del male, chiedendo a Gesù: 'Perdonali... perdonaci... non sappiamo quello che facciamo!'.

 

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