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TESTO Commento su Lettera ai Galati 6,14

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

S. Francesco d'Assisi, patrono d'Italia (04/10/2011)

Brano biblico: Gal 6,14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 11,25-30

25In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

"Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo".
Gal 6,14
Come vivere questa Parola?
In questa celebrazione del santo che ad Assisi, da spensierato riccone gaudente si spoglia di tutto per amore di Cristo, questa parola di Paolo ai Galati è quanto mai calzante anche per noi oggi.
C'è un momento nella vita in cui si fa' chiarezza. Appare il limite, spesso il non senso di tutto quello di cui, per inveterata inclinazione alla vanità, noi troppo spesso ci vantiamo: possesso di cose e a volte di persone, di qualità che abbiamo o crediamo di avere, di desideri più o meno grandi, più o meno opportuni.
Ecco, per grazia di Dio, viene l'ora in cui avvertiamo il niente di tutto questo che è - come dice un antico poeta greco - "come il batter dell'ala di una mosca d'estate". Eppure, se come fece Francesco non chiudiamo ma spalanchiamo il cuore alla confessione, alla comprensione, all'amore, emerge in noi l'unico vanto che conta: la croce.
Non il supplizio degli schiavi (com'era un tempo), ma il segno del nostro riscatto perché su di essa Gesù è morto dichiarando così la morte, il non senso di ogni pseudo valore, di ogni mondanità ma per far risplendere la vita per noi.
È su questa stessa croce che anche noi accettiamo di vivere le nostre difficoltà, contrarietà, dolori. Non certo per masochistica esaltazione di ciò che fa patire, ma per convinzione profonda (come fu per Francesco santo) che, se vissuto con Cristo, anche il dolore diventa vita, anzi generazione di vita per un mondo che nel mistero della croce di Cristo scopre scaturigini di vita nuova.
Signore mio Dio, amo Francesco per la sua gioia, per il suo cantico a te attraverso la lode di tutto il creato. Aiutami a coglierne il segreto profondo dove gioia e dolore si incontrano e si identificano: due facce di un grande unico amore.
La voce di un Santo
Non appoggiarti all'uomo: deve morire. Non appoggiarti all'albero: deve seccare. Non appoggiarti al muro: deve crollare. Appoggiati a Dio, a Dio soltanto. Lui rimane sempre.
S. Francesco

 

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