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TESTO Una prostituta in fase di sorpasso

don Marco Pozza  

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (25/09/2011)

Vangelo: Mt 21,28-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

Sono rimasti i disobbedienti a dargli man forte in quella sperduta landa della Palestina. Basta aggirarsi ai margini di un borgo qualunque ed è tutto un pullulare di gente dai vestiti sgualciti, dai lineamenti rattrappiti e dall'anima agitata. Gente dall'aspetto caldo ed eternamente pendente dalla bocca del Cristo Nazareno, relegati in queste sperdute borgate quasi a fare le prove generali di un musical che metteranno poi in scena Lassù. Oggi sono qui nudi: nelle loro passioni, nel loro intricato modo di vivere, nel loro funambolico incedere alla ricerca della Grazia. Sono loro: peccatori e falliti, sfacchinati che nessuno voleva prendere a giornata, pecore-uomini che fiutano pascoli sempre fuori dall'ovile, ometti dall'anima rattrappita che in chiesa si vergognerebbero come dei cani, pezzenti che piagnucolano tra le pulci e le piaghe, figli viziati in eterna lotta col padre, donnaioli e debitori cronici che la prigione inghiotte, vomita, re-inghiotte. Eppoi storpi, ciechi, zoppi, malandati e donne di malaffare. Tutti là, tutti per Lui, guardali in faccia: è il carnevale della storia dell'uomo sotto il sole.

Anche oggi, come domenica scorsa, c'è una vigna sullo sfondo; perché un Dio agricolo è un Dio simpatico, familiare, comprensibile. Domenica scorsa è successo il putiferio all'ingresso di quella vigna: anche quella volta per una questione di soldi e di meritocrazia. Stavolta chi si lamenta non ha scampo: o sei un figlio o sei l'altro. All'invito del padre uno disse: "Sì, signore", ma non vi andò". Lascia stare i cattivi consiglieri: non cambia idea per aver trovato sulla strada un amico sbagliato. Lui sa già che non ci andrà, però dice di sì. E' il bravo figlio tutto casa e chiesa: una facciata suadente ma senza fondamenta. Vestito a puntino, la faccia reclinata, l'obbedienza beffarda. "Si, ci vado così taci. Poi faccio quello che voglio io". L'altro dice no, "non ne ho voglia", ma poi ci andò. Perché dentro quel no se ne stava nascosto uno sprone, un'interpellazione a se stesso, la chance per accendere del tutto la nostalgia di lavorare in quella vigna. Eppure in paese dicono fosse il disobbediente perché la facciata non c'era, la frequentazione al tempio nemmeno, il formalmente corretto era a rischio estinzione. Però nella vigna ha zappato o vendemmiato, scavato o irrigato: insomma, nella vigna c'è andato.

Questa domenica non si registra nessuna rivolta ai cancelli della vigna. La risposta - se risposta cercava il popolo dei santi e dei benpensanti - se la sono data da soli. Prendi e intasca: della tua formalità son piene le tasche degli uomini. A Dio interessa il cuore. E in paese oggi sono tutti mogi mogi: pensare che fatica tenere l'apparenza, il sorrisino devoto, le mani giunte e il collo inclinato. Che sforzo andare a messa dal don, rispondere alle preghiere, vestirsi a festa per l'appuntamento. Quanta fatica per nulla, gente: scoprire che a Dio piace il vestito ordinario è stata una vera sorpresa. Proprio quello lacero e consunto, sporco di minestra e di sogni, trasandato all'apparenza ma lucente nel cuore. Vestiti da bestie ammalate ma con l'anima piena di nostalgia, di passione, di stupore per quella Vigna nella quale si scava per terra osservando il Cielo. Scrisse un teologo coraggioso:

Ascoltate quest'unico, importante ammonimento! Non considerate mai empia la sfera profana semplicemente perché non parla di Dio. Definire empia una sfera della creazione e della provvidenza divina, questo sì che è empio: nega il potere di Dio sul mondo. Ma ciò costringerebbe Dio a confinare se stesso alla religione ed alla chiesa (P. Tillich, L'irrilevanza e la rilevanza del messaggio cristiano per l'umanità oggi, Queriniana, Brescia 1998, 88).

Vele ammainate oggi, perché "i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno dei Cieli". Con annesso motivo di spiegazione della sentenza: hanno visto e hanno creduto fino a convertirsi. La bella facciata non arreca loro nessun gaudio, ma nelle piaghe tengono nascosta la scintilla della luce di Dio. Cani che abbaiano perché fedeli al padrone: eppure nella VignaChiesa ancor oggi preferiscono l'obbedienza servile alla contestazione innamorata. Ma nella fattoria di quel paese il mezzadro sa che sono i cani fedeli quelli che abbaiano. Quelli che tacciono - "non vorrai mica disturbare il sonno del maggiordomo, vero?" - nella vigna non ci andranno.

Mica è così sprovveduto da immaginare il contrario il Padrone di quella Vigna.

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