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TESTO Commento su Matteo 21,33-43

padre Paul Devreux

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (02/10/2011)

Vangelo: Mt 21,33-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartato

è diventata la pietra d’angolo;

questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi?

43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

Per la terza domenica consecutiva riemerge il tema della vigna del Signore. Prima abbiamo visto la parabola degli operai dell'ultima ora o del padrone buono, poi quella dei due figli, oggi abbiamo quella dei vignaioli che vogliono impossessarsi della vigna sbarazzandosi del padrone e di suo figlio.

I vignaioli uccidono i servi che il Signore manda, e questa è un'allusione a come furono trattati i profeti, compreso Giovanni Battista, poi pensano di uccidere il figlio che è Gesù.

Gesù conclude che, per via di questo comportamento, sarà tolto loro il regno di Dio e sarà dato ad un popolo che ne produca i frutti.

Per molti secoli si è pensato più o meno apertamente che ciò significava che il regno sarebbe stato tolto al popolo ebreo e dato alla chiesa romana. Oggi ci rendiamo conto che pensare questo è presuntuoso e poco cristiano, ma dobbiamo anche domandarci, sia come singoli che come comunità parrocchiali, se stiamo portando questi frutti del regno, o se c'è il rischio che il Signore debba riprendersi questo regno per riconsegnarlo a qualcun altra.

Noi siamo cristiani se ci impegniamo ad esserlo nelle piccole situazioni di ogni giorno come nelle scelte importanti. Pensare di esserlo per diritto, perché sono stato battezzato e cresimato, o anche perché frequento tutti i santi giorni la messa, non è serio. La frequenza e i sacramenti sono degli aiuti che il Signore ci da e che fanno di noi già dei privilegiati rispetto ai nostri fratelli che non hanno ricevuto la buona notizia di Gesù. Ma portare i frutti del regno è un'altra cosa. Si vede chi lo vive cominciando dalle piccole attenzioni che si hanno o non si hanno nei confronti degli altri.

Io riesco a considerare l'altro più importante di me, ad amarlo? E noi, come comunità cristiana, ci sforziamo di portare questi frutti del regno che sappiamo essere bontà, mansuetudine, rispetto dell'altro, etc.?

Il Signore si impegna molto nel costruire la sua vigna e poi ce la consegna. Oggi sta a noi coltivarla.

Signore donaci la forza di fare scelte giuste, realistiche e costruttive.

 

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