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TESTO Commento su Isaia 25,6; Salmo 22; Filippesi 4,12-14.19-20; Matteo 22,1-14

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (09/10/2011)

Vangelo: Is 25,6; Sal 22; Fil 4,12-14.19-20; Mt 22,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,1-14

In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

 

Forma breve: Mt 22,1-10

In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

Il Regno è una festa, un banchetto gioioso al quale tutti siamo chiamati: noi che ci troviamo ai crocicchi delle strade, incerti sulla direzione del cammino, forse disillusi perché avvertiamo la nostra emarginazione dalla comunità, storpi, ciechi, rottami umani, peccatori... Il Regno è davvero una festa per noi che accettiamo, nonostante tutto, di sederci a tavola, perché abbiamo fame dopo lunghe stagioni di digiuno, perché non vogliamo avere cose più "importanti" da fare, né proprietà da custodire, né affari urgenti da intraprendere.
C'è tutto questo nella parabola del banchetto di nozze riportata da Matteo: "Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze". Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali." (Matteo 22,8-10).
Noi abbiamo accolto l'invito, talvolta un poco rude, degli inviati del re, e da quel momento, come si canta a Taizé, "La ténébre n'est point ténébre devant toi, la nuit, comme le jour, est lumière...(nemmeno le tenebre per te sono tenebre, e la notte è luminosa come il giorno)[Salmo 139,12).
Questo è - a me pare - il nucleo centrale ed irrinunciabile della Parola di liberazione proposta dall'Evangelo: se siamo distratti da altre prospettive, se rinunciamo ad andare direttamente alle fonti della gioia, al nucleo del messaggio per accedere al quale è necessario scrostare quella vernice che gli abbiamo sovrapposto, magari con l'intenzione di proteggerlo, di salvarlo, è venuto il momento - ed è ora - di fare chiarezza.
Fuori di ogni metafora e di ogni prudenza umana che raramente corrisponde alla Prudenza teologica, mi chiedo: la comunità cristiana ha la coscienza di partecipare alla festa del Regno, a quel banchetto di gioia nel quale si entra solo con la fiducia del cuore, con la consapevolezza che è Dio ad amarci per primo, senza chiederci tessere o ambigue dimostrazioni di appartenenza, solo con la "veste bianca" della disponibilità sincera a lasciarci coinvolgere fino in fondo dal vento gagliardo dello Spirito?
All'interno delle nostre comunità serpeggia, inutile negarlo, un'inquietudine profonda che attraversa la coscienza dei credenti, e ancora una volta si fa evidente la tensione tra Pietro e Paolo, tra una sorta di salvaguardia protezionistica della tradizione e il desiderio di rinnovamento espresso dal Concilio.
Due soli esempi, tra i tanti possibili. Spesso nelle nostre comunità, dal livello più particolare a quello più universale sono fatte tacere, senza troppi complimenti, le voci di dissenso. Eppure ci sono temi, che interessano soprattutto la famiglia, sui quali sarebbe opportuno avviare un dibattito che coinvolga tutti gli appartenenti alla comunità, anche i laici, non solo i vescovi ed i preti. Sono problemi che riguardano l'etica coniugale, la sessualità, i divorziati risposati, ma anche il celibato ecclesiastico, l'ordinazione femminile... Umilmente mi chiedo: unità vitale con la Chiesa ("sentire cum Ecclesia") e sottomissione acritica rinunciando al dovere di cercare, cercare sempre, devono necessariamente equivalere?
Altro esempio: gruppi politici che tradizionalmente hanno sempre portato avanti un disegno laicista ed anticlericale si trasformano oggi nei più accaniti difensori di un rapporto privilegiato con l'istituzione ecclesiastica offrendole privilegi e ottenendone elogi autorevoli; mentre la difesa di una comunità cristiana fondata su una fede pura ed essenziale, senza privilegi e senza puntelli che non siano quelli dello Spirito, è lasciata spesso ad una minoranza di credenti non di rado visti con sospetto. È possibile "fare festa" in queste condizioni?
Non mi scandalizzo, certo, anche se tutto questo mi sembra davvero eccessivo o quanto meno incapace di favorire e di promuovere una testimonianza evangelica. E resto convinto che, nonostante tutto, il clima di festa possa ancora essere la caratteristica del banchetto del Regno. Ma che fatica!
Ci soccorre una consapevolezza: nessuno può far da padrone alla nostra fede. Come scriveva Paolo ai cristiani di Corinto: "Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siate saldi (2Cor 1,24).
Traccia per la revisione di vita
1. Sappiamo essere lieti, fare festa, nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie, all'interno della nostra coppia? Anche quando le avversità sembrano sopraffarci?

2. Trasmettiamo la gioia alle persone che vivono attorno a noi e che spesso esprimono tristezza, disillusione, incapacità di reazione?

 

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