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TESTO Commento su Matteo 20,1-16

padre Paul Devreux

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (18/09/2011)

Vangelo: Mt 20,1-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Nel vangelo di oggi si nota la bontà di Dio e l'invidia dei lavoratori. L'invidia è un sentimento da tutti considerato come cattivo; infatti ho tendenza a dire che io non sono invidioso. Però quello che mi lascia perplesso è che se da una parte dico di non essere invidioso, molto facilmente vedo l'invidia negli altri. Da qui la domanda: possibile che io sia cosi diverso dagli altri? E come mai non riesco a vedere in me ciò che cosi facilmente vedo negli altri?

Dire che sono invidioso è come dire che l'altro ha qualche cosa che io non ho; è più ricco, più bello, più intelligente, più libero, più, più, più di me, e di conseguenza io mi sento meno, meno, meno. In altre parole riconoscere che sono invidioso è come dire che sono povero ed è questo che non sopporto.

Come si manifesta? Quando faccio discorsi sulla giustizia o su qualche ingiustizia che denuncio con un'animosità non proporzionale all'argomento discusso. Quando mi scurisco in volto e divento brutto, allora posso domandarmi se sono mosso veramente dal desiderio di fare trionfare la giustizia o non piuttosto dall'invidia.

Invece è molto bello contemplare questo padrone che esce tutto il giorno per verificare se ci sono ancora persone da assumere. Visibilmente non lo fa per se; ama il suo popolo e desidera renderlo felice facendolo lavorare nella sua vigna. Nella sua logica è beato chi arriva prima, perché lavorarci significa diventare protagonisti e non più spettatori nel suo Regno, e non si lascia condizionare da chi è invidioso.

Anche oggi il Signore invita ognuno di noi a lavorare nella sua vigna. Non mi dice cosa devo fare perché chi ha voglia lo vede da se cosa c'è da fare e sa cosa è in grado di fare. L'importante è accogliere questo invito e fare. Posso leggere, scrivere, cantare, pregare, fare catechismo, visitare i malati, pulire la chiesa, aiutare il mio vicino di casa, essere caritatevole sul lavoro; in sintesi sono invitato a testimoniare in parole e opere l'amore di Dio. Il lavoro non manca mai. Siamo tutti invitati a dare il nostro contributo senza rimanere spettatori, e a ciascuno il Signore darà la sua ricompensa non in base ai suoi meriti ma in base ai suoi bisogni.

Il Signore ci aiuti ad essere sempre più protagonisti nel suo regno.

 

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