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TESTO Commento su Matteo 20,1-16

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XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (18/09/2011)

Vangelo: Mt 20,1-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

L'evangelista Matteo, in questa domenica, ci riferisce una parabola davvero interessante, perché ci descrive uno scorcio della vita quotidiana ai tempi di Gesù. Rileggiamola insieme, pian piano, per gustarne ogni dettaglio: "Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna."

Il racconto inizia molto presto, intorno alle sei del mattino, quando il sole è appena sorto; il padrone di una vigna si alza presto perché è tempo di vendemmia e ha bisogno di assumere lavoratori per i suoi campi.

In molte parti d'Italia si continua a praticare qualcosa di simile: si assumono persone per un breve periodo, per la stagione estiva negli alberghi e nei ristoranti, ad esempio; oppure in campagna per la raccolta dei pomodori, della frutta e dell'uva in particolare. Per coltivare grandi campi possono bastare poche persone, ma quando tutto il raccolto matura insieme, ci vuole un aiuto in più per fare in fretta, prima che il caldo sciupi ciò che è maturo.

Anche al tempo di Gesù venivano assunti i braccianti, coloro che mettevano a disposizione le loro braccia per le giornate necessarie a completare il raccolto.

Il padrone di questa vigna, dunque, si reca in piazza, dove tutti i braccianti disponibili aspettano di essere chiamati, ne sceglie alcuni e si accorda con loro per la paga da dare: un denaro. È una paga buona, per un semplice bracciante, paragonabile a quella che poteva ricevere un soldato romano. Coloro che sono stati assunti da questo padrone sono soddisfatti: li attende una giornata faticosa, ma saranno ben ricompensati.

Fin qui, tutto quello che Gesù ha raccontato rispecchia fedelmente quanto avveniva di solito: gli ascoltatori del suo tempo riconoscono un modo di fare piuttosto comune. Da questo punto in avanti, però, la parabola prende una direzione diversa; ascoltiamo: "Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò."

Questo è ben strano: perché il padrone della vigna esce ancora a chiamare altri braccianti? Gesù non dice che si era sbagliato e che ne aveva chiamati troppo pochi al mattino, per cui ora gli servono altri lavoratori. No, il Maestro di Nazareth ci dice semplicemente che quest'uomo esce e si accorge che in piazza ci sono persone che non sono state chiamate da nessuno e se ne stanno lì, deluse e tristi. Il padrone chiama anche loro e promette che saranno ricompensati in modo equo. Contenti per la possibilità di guadagnare almeno qualcosa, questi nuovi braccianti si aggiungo ai primi.

Ma non è finita qui! "Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto."

Beh, se anche si fosse sbagliato al mattino presto, chiamandone troppo pochi, di sicuro adesso non aveva bisogno di altri operai! Eppure incontra altre presone disoccupate, prima a mezzogiorno e poi alle tre del pomeriggio, e sempre li invita a lavorare per lui. Quelli ovviamente vanno e, mentre si avviano, pensano con sollievo: - Non avremo la paga intera, ma almeno qualcosa raggranelliamo in questa giornata! -

Eppure, questo strano padrone, non si accontenta ancora: "Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente? Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella vigna."

Sono ormai le cinque del pomeriggio e il lavoro nei campi sta per terminare: intorno alle sei il sole cominciava a tramontare e, poiché non c'era illuminazione elettrica, tutto doveva essere in ordine prima che facesse notte.

Quindi resta appena un'ora per lavorare e sicuramente non c'era nessuna reale necessità di altri operai nella vigna: il grosso del lavoro è stato fatto! Però penso che gli ultimi braccianti, che ormai avevano perso ogni speranza di trovare lavoro per quella giornata, arriveranno nei campi pieni di slancio, di energia, di entusiasmo, pronti a dare una bella mano ai vignaioli più stanchi, che erano al lavoro fin dal mattino.

Quando scende la sera arriva il momento di riceve il compenso e qui avviene un colpo di scena: il fattore, incaricato dal padrone della vigna, chiama per primi quelli che hanno iniziato a lavorare alle cinque del pomeriggio e dà loro un denaro, cioè la paga di un giorno intero!

Gli altri vignaioli, che sono in fila e aspettano il proprio turno, un po' si stupiscono e poi si fanno speranzosi: se questi, che hanno lavorato un'ora soltanto, stanno ricevendo un denaro, di certo il padrone darà un extra a loro, che invece hanno faticato per l'intera giornata!

E invece, quando si avvicinano al fattore, ricevono anch'essi soltanto un denaro. Immaginatevi la scena: musi lunghi, mugugni, borbottii scocciati...

Il padrone se ne accorge subito e capisce il motivo di tanto malumore, per cui prende la parola e spiega: - Non vi sto facendo alcun torto: ci eravamo accordati stamattina perché ciascuno di voi ricevesse un denaro ed io ho mantenuto la mia parola ed ho consegnato ad ognuno esattamente un denaro. Se poi ho deciso di dare la stessa ricompensa anche a questi altri, che sono arrivati dopo, che hanno faticato di meno, perché vi arrabbiate? Non commetto ingiustizie, ma solo un atto di generosità, distribuendo ciò che è mio. Non sto togliendo nulla a voi, sto solo regalando qualcosa in più a questi altri. È un problema? Non posso essere generoso? Oppure siete invidiosi? -

La parabola finisce qui, non sappiamo che cosa abbiano pensato quei vignaioli e, soprattutto, ci dispiace non sapere che cosa abbiano pensato i braccianti arrivati all'ultimo momento, quelli che si aspettavano solo pochi spiccioli ed invece hanno ricevuto la paga di un'intera giornata!

Piuttosto, viene spontaneo chiederci: perché il Maestro e Signore racconta proprio questa parabola? Che cosa sta cercando di spiegare ai suoi discepoli e a ciascuno di noi?

Secondo me, il significato profondo di questo insegnamento è racchiuso proprio nell'ultimo versetto del Vangelo di oggi: "Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi."

Già altre volte ci siamo soffermati a considerare questa nostra mania di stabilire sempre le classifiche, le graduatorie: lo facevano gli apostoli e lo facciamo anche noi. Ci confrontiamo con gli altri, intorno a noi, per stabilire chi è migliore e chi peggiore, per decidere chi è più bella, chi è più forte, chi è più intelligente, chi riesce a battere un record... Siamo sempre interessati a verificare la nostra posizione nella classifica delle opinioni altrui, per capire che cosa pensano gli altri di noi. Ci piace gareggiare, per cercare di arrivare primi. Mica solo nelle gare sportive! Ho visto gente fare a gara per occupare il posto in un parcheggio; litigare per chi è primo in una fila alla posta o in una gelateria; correre all'apertura dei cancelli di un concerto, per essere i primi, vicini alle transenne; ho visto alunni lanciarsi tra i banchi, per consegnare per primi un quaderno oppure per essere i primi della fila quando si va a pranzo...

E non si tratta solo di essere i primi materialmente: molto più sottile è il desiderio di considerarsi "primi" come intelligenza, come capacità, come meriti. Chissà, magari anche noi certe volte ci sentiamo più bravi degli altri nostri compagni, perché veniamo a Messa, perché ci comportiamo bene, perché andiamo in oratorio... un modo come un altro per metterci al primo posto nella classifica delle "brave persone".

Può darsi che ci venga in mente persino di avere delle pretese di fronte a Dio. Ho conosciuto alcune persone che pregavano come se stessero elencando i loro diritti: - Signore, tu lo sai, io non faccio male a nessuno, mi comporto bene, dico le preghiere tutti i giorni, vado a Messa ogni settimana, quindi mi devi esaudire! -

"Mi devi esaudire"! come se al mondo può esserci qualcuno che dà ordini a Dio, che può avanzare delle pretese verso il Creatore del Mondo e il Signore della Vita, sentendosi in diritto di ottenere ciò che chiede!

Spero che questa tentazione non ci sfiori mai, che possiamo vivere ogni giorno gustando la bellezza di ciò che riceviamo da Dio gratuitamente, senza meriti: non perché siamo belli, o bravi, o educati, o puntuali al catechismo, ma perché siamo amati.

Tante volte il Signore Gesù, nei suoi insegnamenti, ritorna su questo punto e sceglie apposta le parabole adatte a chiarire il suo pensiero, perché sa che ci restano impresse molto di più di una predica. A Lui, che pure è Dio, quindi è il "primo" di tutti, non interessano le classifiche;

per gli occhi del Padre Buono le graduatorie non contano nulla.

La sua logica d'amore non tiene conto delle prestazioni eccellenti o della perfezione della bellezza.

L'amore è sempre senza misura: non stabilisce contratti da rispettare, ma dona, senza limiti. Come ha fatto il padrone della parabola verso quegli operai arrivati per ultimi, che non avevano pretese, ma solo riconoscenza.

Viviamo così questa settimana, cominciando da subito, da questa eucaristia: sentendoci pieni di gratitudine perché colmati di amore e di doni al di là di ogni nostro merito. Nel silenzio dell'anima, guardiamoci con serietà, mettiamo da parte ogni classifica, per riscoprirci tutti amati in modo speciale, come solo il cuore di Dio sa fare!

Commento a cura di Daniela De Simeis

 

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