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padre Gian Franco Scarpitta  

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (18/09/2011)

Vangelo: Mt 20,1-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Una dramma al giorno era la paga lavorativa che spettava a tutti coloro che prestavano un servizio come si legge per esempio in Tobia 5, 14 - 15 indipendentemente dalla ore di lavoro. Ragion per cui se da una parte è giusto (dal punto di vista odierno) che i lavoratori della prima ora protestino per la discriminazione e l'ingiustizia di fatto evidente, dall'altra non avrebbero dovuto recriminare, considerando il vigente sistema di remunerazione: una dramma a testa era quello che spettava di diritto a qualsiasi lavoratore e piuttosto che giudicare e riprovare gli intenti del padrone, avrebbero dovuto ringraziare e restare soddisfatti.

E' questo un ammonimento che riguarda anche gli stipendiati e i lavoratori dei nostri giorni: nella nostra situazione attuale, trovare lavoro (almeno per quello che riguarda un impiego aziendale o di simile natura) è talmente difficile che chiunque ottenga un posto deve fare di tutto per mantenerlo; perdere il proprio impiego è invece talmente facile che in parecchi casi, per non essere licenziati, è conveniente chinare il capo, accettare vessazioni e sfruttamenti, sottostare a condizioni di disagio anche rinunciando a diritti sindacali poiché "quando l'acqua giunge alla gola, bacia la mano che non puoi mordere".

Ma il senso della parabola di Gesù è molto più profondo e cela un significato sopito: la salvezza. Essa è un dono che Dio riserva a tutti a larghe mani, che ciascuno può accogliere e che non è mai troppo tardi accettare. Anche chi giunge "all'ultima ora" purché accoglie il dono di Dio con apertura e fiducia, guadagna il premio e molte volte è anzi più esaltante che si raggiunga la salvezza tardivamente ma con risolutezza, piuttosto che all'inizio ma senza ferma convinzione.

Nei confronti di coloro che giungono in un secondo momento alla comunione con il Signore è riservato lo stesso onore e lo stesso trattamento degli altri, e tracciare paragoni, sottolineare possibili divergenze, mostrando invidia per le attenzioni che Dio usa verso i "ritardatari" equivale a collocare se stessi al posto di Dio nel giudizio e nella capacità decisionale e corrisponde all'"essere gelosi perché lui è buono."

Raramente del resto si considera che coloro che si convertono in una seconda fase della vita potrebbero vantare più meriti di noi per aver esperito in prima persona l'amore di Dio nel passaggio da una vita disordinata a una condotta degna e misurata nel Signore e che chi si innamora di Dio dopo un trascorso travagliato ha molto da insegnare a chi presume di essere giusto eppure si mostra ancora principiante.

Del resto essere salvi, seppure dipende anche dal nostro benvolere, è possibile solamente in ragione dell'amore di Dio e della sua libera iniziativa nei nostri confronti che prevarica i calcoli umani delle ore di lavoro, della fatica.

Dio è imparziale con tutti e nella sua giustizia retributiva intende garantire a ciascuno il premio proporzionato delle nostre fatiche nonché la gioia di vivere sempre nel suo nome insomma intende proporsi a tutti come il Dio della gioia e della salvezza universale che chiama tutti alla riconciliazione con sè: "Chi non ha denaro venga ugualmente" (I Lettura). Dio offre vino e latte oltre che lauti banchetti, perché queste due bevande esprimono con chiarezza l'abbondanza e la copiosità del bene che viene coincesso da qualcuno. In questo caso il bene è la riconciliazione con Dio per la salvezza che viene data a ciascuno a prescindere dai propri meriti e che di conseguenza impone il silenzio sui raffronti e sui paragoni.

La salvezza non è questione di interessi commerciali né scaturisce da un rapporto fra datore di lavoro e dipendente, ma si attua a partire dalla sola benevolenza di Dio, i cui criteri di giudizio e di ricompensa superano le aspettative umane ed è molto bello e conveniente che si possa riporre fede in un Dio che si presta all'uomo totalmente fino a raggiungere l'umanità assurda e peccatrice che attende di essere riscattata e di avvertire la garanzia di trovarsi riammessa nell'ordine della grazia; e da parte di tutti bisogna che tale prerogativa di salvezza divina universale venga accettata a cuore aperto e senza condizioni.

 

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