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TESTO La difficile regola del PERDONO

mons. Antonio Riboldi

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (04/09/2011)

Vangelo: Mt 18,15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

La Parola di Dio, oggi, mette in discussione un atteggiamento diffuso, che è veramente il contrario del Vangelo. Conosciamo tutti la nostra fragilità umana, capace di offendere e pronta a sentirsi offesa, poco disposta a quella medicina che è la comprensione e il perdono.
Basta un nulla, a volte, per renderci nemici o estranei.
La frase più diffusa, in questi casi, è 'me la pagherai'.

Chi non si è trovato nella situazione di offendere, forse senza calcolare le conseguenze, o di essere offeso? Viviamo a contatto l'uno con l'altro ed è facile farsi uscire dalla bocca una frase non ben pronunciata o travisata, per creare un vero muro di divisione tra di noi.

L'uomo, nella sua fragilità, in questo senso 'pecca' spesso verso il fratello.

Facile, invece, rompere un dialogo già spesso difficile ed a volte impossibile sanare lo squarcio causato dall'incomprensione. Siamo davvero fragili!

Se le incomprensioni possono rovinare i rapporti personali, fa ancora più impressione constatare come l'intolleranza, le ingiustizie o gli attriti tra le nazioni, causino guerre, che hanno un prezzo di dolore incalcolabile per l'umanità.

È scandaloso quanto le varie nazioni spendano in armamenti, per costruire strumenti di morte sempre più devastanti.

È come se il veleno di satana, iniettato sui progenitori, dopo la creazione, continui a moltiplicarsi.

Se quanto si spende per la guerra fosse applicato per una equa distribuzione delle ricchezze e la pace tra i popoli, credo che avremmo un benessere generale, che sarebbe come un pezzo di Paradiso tra di noi. Ma non è così. Sembra che nell'uomo si annidi e domini la voglia di contrasto e non l'aspirazione all'amore.

Per fortuna non è così per i Santi o per i cristiani veri, che hanno un cuore grande, capace di assorbire il male che ricevono, trasformandolo in occasione per manifestare la bellezza del perdono.
La medicina all'immane male, che è la vendetta, la dà Gesù:

"Gesù disse ai suoi discepoli: 'Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui

solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolta neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano o un pubblicano".

Una prova che Dio esige amore e perdono, l'abbiamo nel momento in cui noi ci avviciniamo al Signore nel Sacrificio della S. Messa, che è l'espressione visibile dell' Amore di Dio, senza se e senza ma.... Ma chiede lo stesso a noi, al punto che, se non vi è totale amore tra di noi, chi odia o non perdona il fratello non può accostarsi alla S. Comunione, segno visibile della nostra UNIONE.

La S. Comunione è come la confessione pubblica che ci vogliamo bene e che non vi sono divisioni con alcuno, in noi.

Scriveva l'Apostolo Paolo ai Romani: 'Fratelli,. non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole: perché chi ama il suo simile ha adempiuto alla legge. Infatti il precetto: 'Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare' e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole; 'Amerai il prossimo tuo come te stesso'. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore". (Rom. 13,8-10)

Un grande esempio ce lo ha dato Papa Giovanni Paolo II, dopo l'attentato in piazza S. Pietro, dove fu miracolosamente preservato dalla morte. Guarito, chiese di poter far visita in carcere al suo attentatore,
Alì Agcà, portandogli il segno del suo totale perdono.

E potremmo estendere lo sguardo a tantissimi martiri che, sull'esempio di Gesù, perdonavano chi li

torturava o uccideva, e a tanti tra di noi capaci di perdonare anche il tradimento.

Sono la testimonianza che nel mondo, anche oggi, non c'è solo voglia di vendetta, ma esiste il grande bene del perdono.

Diceva il beato Giovanni Paolo II: "Atteggiamenti di conversione, di pentimento, si manifestano all'esterno: è il fare penitenza. Fare penitenza vuol dire ristabilire l'equilibrio e l'armonia rotti dal peccato, cambiare direzione anche a costo di sacrifici. Una catechesi sulla penitenza è inderogabile in

un tempo come il nostro, nel quale gli atteggiamenti dominanti nella psicologia e nel comportamento sociale sono così in contrasto con il valore del pentimento: l'uomo contemporaneo sembra fare più fatica che mai nel riconoscere i propri sbagli e a decidere di tornare sui suoi passi per riprendere il cammino dopo aver rettificato la marcia; egli sembra molto riluttante a dire 'me ne pento' o 'mi dispiace'; sembra rifiutare istintivamente tutto ciò che è penitenza".

L'uomo moderno non ha più la capacità di riconoscere il male e lo stupore del perdono, cioè sia il riconoscere il proprio sbaglio - vera Grazia di Dio! - Sia l'essere pronto a ristabilire la comunione con il fratello, nella Grazia del perdono. Insomma, avere la capacità del 'ritornò, affidandosi al perdono, come figli prodighi.

"In verità vi dico: 'Tutto quello che legherete sopra la terra, sarà legato anche in Cielo e tutto quello che scioglierete sulla terra, sarà sciolto anche in Cielo'.

In verità vi dico: 'Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei Cieli ve la concederà. Perché dove due o tre sono riuniti nel mio Nome, Io sono in mezzo a loro". (Mt. 18, 15-20)
Parole chiare, quelle che Gesù ci rivolge sul perdono.

Sappiamo tutti, per esperienza, come sia facile scontrarsi e, a volte, senza quasi accorgersene, offendere: è nella debolezza della nostra natura, ma Dio chiede che non ci sia mai e poi mai qualche ruggine nei nostri rapporti.

Basterebbe pensare all'esempio di Dio stesso, in Gesù, Suo Figlio. Dopo una vita passata a trasmettere

il Cielo e fare del bene a noi uomini - quanti miraco1i! Alla fine viene arrestato e crocifisso.

In un momento così drammatico, come quello in croce, Dio dà l'esempio a tutti noi: 'Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno'.
Non aveva offeso nessuno, anzi... Lui era stato offeso.

E tutti sappiamo che offendere Dio è cosa inaudita. Perché Dio è solo amore e non offende mai e neppure ci fa del male. Ama solo.

Eppure, nonostante le nostre offese, Lui è sempre il Padre, che non chiude la porta al 'figlio prodigo', che, dopo aver dissipato tutti i beni ed aver preferito il mondo alla casa del Padre, ritorna.

Anzi il Padre non si rassegna mai all'assenza di un solo figlio, 'lo attende sulla porta di casa' e, quando si accorge che sta ritornando, 'gli va incontro e gli mette le braccia al collo e invita tutti a fare festà: la festa del perdono. Incredibile quanto Dio ci voglia bene!

Proviamo a pensare a quante volte, nel sacramento della Penitenza, ci accade lo stesso, come al figlio

prodigo. A noi, che ritorniamo a Lui, pentiti, il sacerdote si fa "padre" e rimette ogni colpa. Questo è

Dio. E se Dio è così nei nostri riguardi, chiede a noi di essere come Lui verso i nostri fratelli.

Non più dunque il sentimento di 'me la pagherà' o il togliere il saluto, come se chi ci ha offeso non fosse più nostro fratello! Sono sentimenti e atteggiamenti inconcepibili per noi, che in Dio siamo fratelli e che dovremmo imitarLo, perché quello che Lui ci perdona è mille volte più grave, di quanto noi dobbiamo perdonare...

Non resta che meditare ed affidarsi alla Parola del profeta Ezechiele: Così dice il Signore: Figlio dell'uomo, io ti ho costituito sentinella per gli Israeliti: ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li avvertirai da parte mia. Se io dico all'empio: Empio tu morirai e tu non parli per distogliere l'empio dalla sua condotta, egli, l'empio, morirà, per la sua iniquità, ma della sua morte chiederò conto a te. Ma se tu avrai ammonito l'empio della sua condotta, perché egli si converta ed egli non si converte, egli morirà per la sua iniquità, tu invece sarai salvo. (Ez. 33, 7-9)

Non ci resta che pregare per ottenere quella generosità di cuore, non solo per non recare offesa al prossimo, ma ancor più per donare amore a chi ci fa del male.

In altre parole, mettere in pratica la Parola del Padre nostro:

"...RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI, COME NOI LI RIMETTIAMO AI NOSTRI DEBITORI".

 

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