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TESTO Il terrore e la proposta

padre Gian Franco Scarpitta  

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (11/09/2011)

Vangelo: Mt 18,21-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 21Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». 22E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.

28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.

31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Esattamente dieci anni or sono un avvenimento orripilante e inaudito sconvolgeva il mondo, che in conseguenza di esso resterà segnato per sempre dalla paradossalità e dall'insensatezza di tanta violenza umana... Aerei che, appositamente predisposti e guidati si schiantano contro i grattacieli di una metropoli per seminare morte, orrore, panico e distruzione mentre possenti palazzi si disfano facendo anche fratumi di altri palazzi. Migliaia di cadaveri sotto le macerie, altra gente ferita, altri dispersi, il sangue sparso e brandelli di cadaveri macellati dalla deflagrazione sparsi tutt'intormno, il polverone degli edifici distrutti che si solleva alto divorando tutta l'aria e le strade antistanti, inghittendo le auto auto, i passanti anche di zone lontane dal disastro. Le urla e gli strepiti della gente che corre terrorizzata senza meta e gli effluvi dei gas...

La ferocia dell'uomo non ha confini, è la sconfitta della vera umanità e della dignità stessa che di fronte a tanta ferocia fuggono terrorizzate.

E fugge scoraggiato anche il senso cristiano del perdono, visto che simili episodi aberranti sono ripetitivi nella nostra epoca e la tragedia appena descritta non è il solo caso di eccidio e di efferatezza dei nostri giorni. Di fronte a fatti inquietanti di massacro e di sciagura provocata dalla cattiveria dell'uomo ci si domanda infatti: "Come poter concepire il perdono?"; "Come poter perdonare chi è capace di tanto orrore e spargimento di sangue?" e non di rado, anche fra cristiani motivati e zelantissimi, ci si preclude questa prospettiva e ci si nega all'apertura e alla riconciliazione verso coloro che ci hanno fatto del male, soprattutto nella fattispecie di cattiverie orrende come quella descritta. Si vorrebbe provare la soddisfazione della rivalsa, della ritorsione fisica e il disgusto guida e alimenta il senso della vedetta. Le reazioni che ciascuno, anche interiormente, coltiva di fronte all'efferatezza dell'uomo non lasciano spazio a sentimenti di indulgenza o di pietà.

Da parte nostra non possiamo trascurare il diritto alla giustizia, da perseguirsi con tutti i mezzi nei confronti dei responsabili di tali ignominiosi atti. Anche se a distanza di dieci anni, vanno perseguitati con ogni espediente gli artefici di quel famigerato misfatto assieme ai responsabili di tutti gli orrori del mondo e non sarà mai fatta giustizia finché coloro che hanno colpito non subiranno adeguata punizione.

Identificare tuttavia la giustizia con la vendetta equivale ad accettare la stessa logica del male che abbiamo ricevuto, adottare la mentalità malsana di chi sparge odio e collocarci sullo stesso piano di chi commette certi crimini. Voler dare alito ai sentimenti di ritorsione e di vendetta comporta in fin dei conti l'approvazione di certi atti, perché in tal caso si condivide - se così possiamo definirli - gli stessi sentimenti di chi ha sbagliato. Il che non estingue in noi il fondamentale sentire di nequizia e di cattiveria, ma suscita tensione su tensione.

Ferma restando la suddetta necessità di giustizia e di riprovazione concreta nei confronti di chi sbaglia, per quanto possa sembrare difficile ad essere concepita, occorre rivalutare ancora una volta la proposta di Gesù, legata al suo esempio eloquente di vita: quella del perdono.

Una proposta certamente molto difficile ad essere attuata; impensabile, assurda e insostenibile per chi non è abituato ad argomenti evangelici e che nell'evidenza di tante cattiverie suscita reazioni istintive al solo essere nominata, comportando non di rado anche inimicizie e avversioni per i sacerdoti che si esprimono in tal senso. In un vecchio film con Michele Placido (La Piovra 3), quando un frate parla al commissario Cattani del perdono, questi avvelenato dall'evidenza di tanta cattiveria umana ribatte con sdegno che perfino il segno della croce nasconde un trucco: Padre, Figlio e Spirito Santo non sono pienamente in linea con i gesti che accompagnano le parole. C'è un quarto posto (quello sulla spalla destra, l'ultimo) che resta vuoto.. Ed è occupato dal Diavolo.

Simili reazioni di suscettibilità sono pure comprensibili viste le riprovevoli circostanze a cui è costretta soprattutto la gente che subisce atroci cattiverie, eppure quale altro espediente è mai capace di recuperare la fiducia e la serenità se non quello del perdono e della fine di ogni acredine e risentimento? Perdonare anziché bramare vendetta è la radice della pacificazione interiore ed estinguere ogni rabbia da luogo alla riconciliazione piena con noi stessi oltre che con Dio.

Non si tratta affatto di un'ideologia o di un'impostazione di poesia o di mero sapere filosofico visto che chi ci parla di perdono ha vissuto in prima persona l'esperienza della persecuzione e del travaglio fisico, assoggettandosi senza riserve al flagello e allo strazio della croce. Cristo Figlio di Dio, che poteva scegliere altri mezzi di persuasione intorno al peccato dell'uomo, ha preferito "convincere il mondo quanto al peccato"(Gv 16, 8) per mezzo dello Spirito da lui promesso ed effuso, ma soprattutto con lo strumento di riconciliazione fra Cielo e Terra, che è quello della croce. Proprio in seguito agli schernimenti subiti, alle percosse, al flagello che gli squarciava le membra, alle percosse e ai chiodi della croce, Gesù esclamava: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno".

"Settanta volte sette!" Con questa risposta Gesù non vuole invitare Pietro a fare calcoli estenuanti sul suo dovere di perdonare al proprio nemico, ma vuole semplicemente affermare: "Devi perdonare sempre". Sette è il numero della totalità e della perfezione che coincide con Dio; 70 nella Bibbia indica la pienezza. Insomma, il perdono dev'essere continuo e disinteressato.

Soprattutto perché l'uomo di fronte a Dio è nelle condizioni di un debitore insolvente che non potrà mai estinguere con le proprie risorse le sue pendenze: se non fosse per la grazia del perdono che Dio ci concede non potremmo mai eclissare i nostri peccati, ma saremmo tutti condannati in partenza. Proprio come quel debitore di diecimila talenti, che sarebbe stato venduto come schiavo egli stesso e la sua famiglia se il padrone non avesse condonato il suo debito.

I debiti che gli altri hanno verso di noi, per quanto paradossali e abnormi possano essere, sono invece paragonabili alla cifra insignificante di cento denari (forse neppure cento euro), che di fatto potremmo condonare a chiunque. La conclusione allora è davvero ovvia.

 

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