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TESTO Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro

mons. Gianfranco Poma

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (04/09/2011)

Vangelo: Mt 18,15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

La Liturgia della domenica XXIII del tempo ordinario ci propone la lettura di Matt. 18,15-20, un brano del "discorso sulla vita della Chiesa". Purtroppo la lettura liturgica continuata del Vangelo di Matteo omette tutto il cap.17 che è molto importante nel cammino che Gesù sta compiendo con i suoi discepoli, con Pietro in particolare e con noi, oggi: la Trasfigurazione è l'esperienza vissuta da Gesù nella quale introduce i discepoli nel cuore del suo mistero, che è il centro della rivelazione cristiana: l'umanità di Gesù risplende della gloria di Dio, nella fragilità della carne è presente l'infinito della divinità. E' Gesù che invita ancora Pietro in particolare, ad entrare nella fede che ha professato: Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, ma occorre che entri veramente in ciò che "il Padre gli ha rivelato", non riporti tutto alla razionalità umana, bisogna che impari a vedere Dio nella carne di Gesù, Dio che si inabissa nella debolezza umana per fare dell'umanità il luogo della divinità. Per questo Matt.17,23 ripropone l'annuncio della passione e in questa logica nei vv.24-27, in un brano che è per noi di grandissima attualità, Gesù pagando con Pietro il tributo al tempio, indica alla Chiesa la via per essere immersa nel mondo, per vivere l'esperienza di Dio restando dentro la storia.

Matt.18 contiene il quarto dei grandi discorsi di Gesù che hanno come unico argomento il "Regno dei cieli", nucleo centrale del suo messaggio. Dopo aver insistito sulla formazione dei discepoli e di Pietro in particolare, Gesù, indica quali debbano essere i rapporti tra i discepoli nella comunità ("la Chiesa"), forma di vita che logicamente assume la relazione fraterna sperimentata da loro.

Molto opportunamente la Liturgia di questa domenica ci fa leggere come seconda lettura, il brano della lettera ai Romani 13, 8-10: "Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell'amore vicendevole: chi ama l'altro, i ha dato compimento alla Legge. Infatti.ogni comandamento si ricapitola in questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. L'amore non fa male al prossimo: pienezza della Legge è l'amore". In questa ottica che comprendere il cap.18 di Matteo: l'esistenza cristiana si riassume nell'amore. Anche Giovanni rivela: Dio è Amore perché Gesù ci ha mostrato che cosa è l'Amore con il quale il Padre ama il Figlio e attraverso il Figlio ama l'umanità. la Croce è la rivelazione piena dell'amore di cui Cristo risorto vive vivificando l'umanità della vita nuova di Dio. E ancora S.Paolo, nella 2 Cor.5,14 ci ricorda: "L'amore di Cristo ci possiede.poiché egli è morto per tutti perché quelli che vivono, non vivano più per se stessi, ma per Colui che è morto e risorto per loro.Se uno è in Cristo è una nuova creatura, le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove".

Quando Matteo parla della comunità ("la chiesa") come "forma" della vita cristiana, ci invita precisamente ad entrare in questa esperienza: in Cristo c'è una creazione nuova, le cose vecchie sono passate e ne sono nate di nuove. La comunità, manifestazione concreta della comunione che Cristo risorto genera, è la "cosa nuova" che prende vita in noi e che abbiamo sotto i nostri occhi.

La comunità di cui parla Matteo, non è frutto degli sforzi umani, ma è generata dall'amore per cui Cristo è morto: è un dono che viene dal cuore del Padre che donando il proprio Figlio realizza il suo progetto, di fare della creazione una unità nell'Amore. Per questo la comunità è anzitutto un fatto di fede: credere la "comunità" (la Chiesa) significa credere l'amore che Dio ha per noi, per fare di noi dei figli suoi e quindi fratelli tra noi. Costruire la comunità, di conseguenza, non è principalmente un impegno etico, ma è una risposta di fede a ciò che Cristo opera in noi, è una risposta d'amore all'amore che lui ha per noi: Cristo cambia le nostre relazioni con Dio e con gli altri; Dio diventa il nostro Padre e gli altri nostri fratelli. Solo Cristo crea in noi l'atteggiamento autentico per entrare in un rapporto vero con gli altri, aprendoci così la via per una relazione nuova con Dio: amare Dio significa accettare in ogni momento di essere già amati da Lui e di riproporre nella nostra vita la stessa proposta di gratuità di amore, di amicizia verso gli altri. La gratuità la cui fonte è Dio, genera sempre nuova gratuità: e nasce così un tessuto nuovo di relazioni interpersonali che ci avvicina al "regno dei cieli" nel quale non c'è desiderio di possesso, violenza, prepotenza, aggressione.

Per ben due volte nel nostro brano Gesù usa l'espressione: "In verità vi dico." che significa che egli sta rivelando qualcosa del mistero di Dio. Introdurre sulla terra un'atmosfera di vita senza ipocrisia, libera, sciolta, essere concordi di fronte a Dio, è il segno che Cristo risorto è con noi e fa di noi la sua comunità.

Matteo, quando scrive, ha di fronte la sua comunità, per lei attualizza le parole di Gesù, ad essa propone la esperienza meravigliosa della fede, diventare cioè il luogo che sulla terra rende visibile il mistero dell'Amore che è Dio. Ma la bellezza del Vangelo è il suo realismo: il Vangelo non fa "teoria", mostra la verità della presenza di Dio nell'uomo, nella sua fragilità, nel suo peccato. La comunità è il luogo nel quale impariamo a vivere l'amore di Dio che scende nella nostra fragilità. Accogliere vicendevolmente la fragilità, non nasconderla mettendo maschere, accogliere i "piccoli", accettare di essere noi "piccoli", fare della accoglienza vera, vicendevole, il normale metodo della vita della comunità, è la via normale per non impedire all'amore di Dio di mostrare tutta la sua forza.

Matteo ha di fronte a sé una comunità che comincia a darsi una struttura: le relazioni diventano "sociali", "economiche", "gerarchiche". La preoccupazione di Matteo è di mostrare che le strutture se da una parte sono necessarie, dall'altra non possono esaurire l'amore: le regole della convivenza non possono sostituirsi alla "libertà" dell'amore.

Come comportarsi in una comunità di persone reali che credono l'Amore e che rimangono persone fragili, peccatrici? Matteo indica le regole di comportamento: tra persone che si amano, non ci si nasconde, non ci si evita, non c'è una relazione falsificata. "Se il tuo fratello pecca, parla tra te e lui.": è una trafila di comportamenti fatti di verità. Ma alla fine: "se non ascolterà, sia per te come il pagano e il pubblicano" che non vuol dire "escludilo, allontanalo, scomunicalo.", anzi.Gesù è sempre in cerca del pagano e del pubblicano: Gesù scandalizza gli scribi e i farisei perché accoglie i peccatori e mangia con loro. La meraviglia della comunità cristiana è di essere il luogo dell'infinita, incontenibile forza dell'amore gratuito di Dio: ha bisogno dell'etica, ma non si rinchiude nei suoi confini, ha bisogno di regole ma non dimentica che l'amore è il compimento della legge, ha bisogno di "autorità", ma a condizione che non si faccia servire ma che serva, che come Cristo doni la vita perché la comunità viva.

 

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