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TESTO La croce: amore e dolore nella vita

mons. Antonio Riboldi

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/08/2011)

Vangelo: Mt 16,21-27 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 21Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

Se c'è una cosa, che salta subito agli occhi nel nostro mondo, è il tentativo di allontanare il dolore dalla vita. Si è insofferenti ad ogni piccolo disagio, basta un nulla o una contrarietà per mandarci in crisi. D'altra parte il mondo, che ci assedia, vuol apparire come una grande fiera, che si è riempita di ogni prodotto per allontanare il dolore, fino alla droga, che è davvero un affare miliardario, che contagia quanti si illudono di evadere dalla lotta necessaria della vita, credendo al 'sogno' di un momento che ha come unico frutto la distruzione lenta della vita stessa, senza dare a questa una ragione, che mostri la sua bellezza: una bellezza che necessariamente richiede fatica e dolore, come tutte le cose che hanno valore.

C'è poi una sofferenza, una croce, che è la malattia, a volte dolorosa: basta visitare un ospedale per accorgersi che la sofferenza è di tanti, ma tanti: alcuni con problemi che la medicina può eliminare, altri con una sofferenza che non ha fine e li accompagna fino alla morte. A volte è una sofferenza così devastante che fa desiderare la morte... al punto che ora si parla di eutanasia, ossia la fuga dal dolore nella morte.

E c'è una sofferenza interiore, che ha mille motivazioni: il più delle volte è causata dall'atteggiamento di chi ci sta intorno - che forse neppure se ne accorge - ma fa tanto male. E c'è infine la sofferenza nel mondo, da chi muore di fame a chi per la violenza, o per tante altre cause.

Davvero non si può pensare di avere una vita esente dal dolore. Si deve imparare ad amministrarlo come un'occasione di amore, come è nella vita di tanti credenti. E, diciamoci la verità, non c'è modo migliore di esprimere l'amore, che partecipando silenziosamente al dolore di chi ci è vicino.
È una grazia.

Se leggiamo la vita di tanti santi noti o di fratelli e sorelle, che vivono nel dolore, meraviglia la loro serenità, come se soffrire fosse un dono, che è il frutto dell'amore, che non pone limite alla sofferenza. Quante volte io stesso, nel difficile compito di parroco o vescovo, per varie ragioni, mi sono trovato a sperimentare la durezza della croce... a volte si piange silenziosamente, ma mai viene meno la voglia di dare tutto, perché che amore sarebbe se non ci si fa carico delle sofferenze del gregge?

L'ho provato duramente nella notte del terremoto a S. Ninfa. Dopo dieci anni di tanta fatica nel ricostruire chiesa e comunità, potevamo con i confratelli gioire. Una gioia che durò pochi giorni, svanita in pochi secondi con il terremoto, che distrusse tutto: l'unico valore rimasto in piedi era il condividere il dolore della comunità, non solo, ma spendersi per dare conforto.

Così il dolore non divenne disperazione, ma si trasformò in amore, che era la sola forza che ci sosteneva e confortava la comunità.

Gesù, oggi, mette in chiaro cosa significa seguirLo, ossia vivere di fede, che è il dono per poter amare.

"Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: 'Dio te ne scampi. Signore. questo non ti accadrà mai! '.

Pietro è categorico e sembra non voler lasciare spazio neppure ad una risposta.

Ma quando si ama e non si conoscono le ragioni della sofferenza dell'altro, ci si comporta tutti come Pietro: un atteggiamento di amore umano, incapace di entrare in quello ampio, divino, che ha piani
diversi dai nostri.

"Ma Gesù, voltatosi, disse a Pietro: 'Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini! '.

Allora Gesù disse ai suoi discepoli: 'Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me la troverà. Quale vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero e poi perderà la propria anima? O che cosa potrà dare l'uomo in cambio della propria anima?" (Mt 16, 21-26)
Sembra davvero un discorso duro... e lo è!

Gesù stesso, che pronuncia queste parole, sarà il primo a conoscere la durezza del dolore, il dramma della croce, tanto che nell'orto degli ulivi, quella notte sudò sangue e pronunciò parole che hanno tutto il senso di voler quasi allontanare la croce: 'Padre, se possibile, passi da me questo calice, ma si faccia non la mia, ma la tua volontà '.

Che grande esempio dell'uomo che soffre e cerca di sfuggire, ma poi accetta per amore, perché sa che è dal suo amore, fatto dono totale, che verrà un bene immenso per tutti e arriverà fino a noi.

Un altro esempio ci viene da Maria SS. ma, che segue Gesù nel suo cammino verso il Calvario.

Assiste all'agonia del Figlio sulla croce, dove viene donata a noi come Mamma: 'Donna, ecco tuo figlio! '. Divino! Davvero siamo rinati al Cielo, grazie ad un amore incredibile, che sboccia dal dolore. Ci si commuove contemplando come il dolore si fa oceano di amore: un amore per noi.

Il profeta Geremia, esperto nella sofferenza, così dialoga con Dio:

"Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso. Son diventato un oggetto di scherno ogni giorno: ognuno si fa beffa di me.

Quando parlo devo gridare, devo proclamare: 'Violenza! Oppressione!'.

Così la parola del Signore è diventata per me motivo di obbrobrio e di scherno ogni giorno. Mi dicevo: 'Non penserò più a Lui, non parlerò più in Suo Nome!'.

Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa: mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo". (Ger. 20, 7-9)

Commentava Paolo VI: "Portare la croce: che significa? Ci sono tante persone che seguono Cristo, che ne ascoltano la parola, che ne ammirano le opere prodigiose, e dicono: 'Ti seguirò ovunque andrai '. Uguali erano le parole degli apostoli poche ore prima: 'Se necessario morire per te, non ti rinnegherò' (Mt. 26,35) Ma poi... tutti i discepoli, abbandonato Lui, fùggirono".

Gli apostoli, quelli fedeli, i più cari, più istruiti, quelli che avevano giurato fedeltà, quando si trattò di seguirLo per quella ignominiosa Via della Croce, tutti furono assenti.

Seguire il Signore fino alla croce è un privilegio ed è un atto singolare, che si affianca a quell'unico che arrivò sul calvario, Giovanni, forse il più giovane degli apostoli, quello che 'Gesù prediligeva'. Giovanni arrivò fino sul Calvario, non ebbe né vergogna né paura: fu là sotto la croce, accanto a Lui, a condividere il pianto di Maria, Sua Madre, e delle donne...

La croce è la stazione di arrivo dell'infinito amore di Dio per noi uomini. Parte dalla croce, per gli uomini, un'onda di bontà, che arriva a tutte le anime per salvarle. In altre parole, nella croce si è compiuto il Mistero della Redenzione. È la Redenzione che ha il segreto dei grandi destini umani: senza quella croce il genere umano è perduto; con la croce, tutto il genere umano è salvo.

Tutti ne siamo interessati, tutti siamo guardati da Cristo dall'alto della croce.

Ci guarda, ci chiama, ci ama: noi crediamo che i nostri destini sono concentrati nella croce di Cristo.
(15 aprile 1960)

Posso immaginare il dolore, le sofferenze di ogni tipo, che appartengono a quanti mi stanno leggendo. Vorrei farmi vicino per condividere, ma soprattutto per aiutare a far diventare tesoro quello che sembra castigo.

Tutti portiamo la nostra croce, a volte con tanta fatica. Con la fede e l'amore può diventare un grande tesoro, come la Croce di Gesù, diversamente è solo dolore, senza speranza, e può diventare disperazione.

Dono a tutti, che mi leggete, una preghiera di don Tonino Bello.

"Madonna santa, fa' che io sia ferito dalle piaghe di Gesù Cristo.

Dammi le stigmate, ma non come le fessure che hanno colpito la pianta della mano, o dei piedi di S. Francesco d'Assisi o di altri santi.

No, dammi le stigmate e i segni di questa mia compassione, di questo mio soffrire per Te, come è accaduto ai piedi della croce."

E io voglio assicurare quanti, leggendomi, sono colpiti dalla sofferenza, che avranno un posto privilegiato nella mia preghiera e nel mio cuore, che sia per loro come un non sentirsi nella maledetta solitudine.

 

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