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TESTO Quanti no bisogna dirsi per volersi bene

Marco Pedron  

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XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/08/2011)

Vangelo: Mt 16,21-27 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 21Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

Domenica scorsa Pietro aveva riconosciuto in Gesù il Vivente, colui che fa vivere veramente. Gli apostoli iniziano a intuire chi sia Gesù e cosa voglia dire essere suoi discepoli. Ma c'è una dimensione dalla quale sono ancora lontani e che rifiutano: il prezzo dell'autenticità.

Gesù ha già parecchi nemici, più volte hanno tentato di ucciderlo, sta scomodo ad un sacco di persone che sarebbero ben contente di toglierselo dai piedi, attira invidie e gelosie. Per molto tempo Gesù si è evitato, per quanto possibile, ogni tipo di "grana": se ne stava lontano da Gerusalemme e per quanto poteva cercava di evitare un inasprimento del conflitto con le autorità.

Ma ad un certo punto della sua vita, Gesù cambia direzione e progetto (la cosa è molto evidente nei vangeli!). Ad un certo punto Gesù va a sfidare i suoi nemici (16,21), va là dove sa benissimo risiede il potere. Gesù va proprio nella tana del nemico: Gesù va a Gerusalemme.

Questo annuncio che Gesù fa (è il primo di tre) non è una preveggenza, come se lui sapesse in anticipo cosa poi gli sarebbe successo. E' conseguenza di un semplice ragionamento. A Gerusalemme lo odiano; a Gerusalemme sono preoccupati per la sua fama crescente e non vedono l'ora di trovare un modo per sbarazzarsi di lui; a Gerusalemme hanno il potere di ucciderlo e di farlo passare per quello che non è (eretico): non ci voleva mica tanto per capirlo! Cosa vuoi che gli facessero i sacerdoti, gli scribi e gli anziani? Che gli stendessero un tappeto rosso? Quando l'avranno visto non gli sarà sembrato vero! Quando ne hanno avuto l'occasione non gli sarà parso vero di potersi disfare di una "rogna" così grande.

Ma perché allora questa scelta così decisa, così drastica, così illogica secondo i nostri criteri (è andato in bocca al nemico!)? Perché questa determinazione? Perché questo "dover" andare a Gerusalemme (16,21)? Difficile da dirsi. Gesù sapeva benissimo cosa l'avrebbe aspettato. Nessuna televisione in testa con il futuro: semplicemente lo capivano tutti cosa gli sarebbe successo, era ovvio!

Gerusalemme era il centro politico e religioso. La Galilea e i luoghi di predicazione di Gesù erano al margine, tutto sommato, delle questioni politiche del tempo. Un profeta a Nazareth poteva infastidire ma non entrava nelle grandi logiche politiche del tempo. Non era un problema. Ma Gerusalemme, invece, era il centro.

Gesù ad un certo punto si è detto: "Io vivo questo. Io vivo e sento che Dio è Padre. Sento che l'uomo non è cattivo, è solo lacerato da divisioni interne e da relazioni malsane; sento che non c'è niente di cattivo e di impuro; sento che l'uomo può guarire dalle sue malattie; sento che Dio ci è vicino, ci accompagna ed è per noi; sento che ci può guidare l'amore e la compassione nelle nostre giornate; sento che possiamo alzarci e prendere il volo e percepire la bellezza della nostra vita; sento che siamo tutti fratelli, tutti uniti, che c'è un unico legame che ci unisce tutti al Tutto; sento che questa religione della paura, dell'ignoranza e dell'oppressione viene dagli uomini e non da mio Padre, ecc. Ora se Dio è con me, se davvero è Lui che mi guida, se tutto questo è vero, allora io devo andare al centro del mondo (Gerusalemme era il centro di quel tempo per un ebreo)".

Gesù, cioè, vuole cambiare il mondo, vuole cambiare la religione del suo tempo, vuole fare un mondo nuovo. Gesù alza la sua pretesa: "Ma vuoi che Dio mi abbandoni? Se Lui è così come dico io, sarà con me anche a Gerusalemme e insieme faremo cose grandi". Per ciò che crede Gesù è disposto a giocarsi del tutto, anche a morire. Un uomo che non è disposto a pagare per le sue idee o non vale l'uomo o non valgono le idee.

All'inizio sembrò e fu un fallimento la pretesa di Gesù: Dio non operò ciò che lui pensava. Gerusalemme non si convertì e non gli credette. Anzi lo uccise con gran felicità di tutti! Ma poi dopo la resurrezione fu proprio come lui aveva detto: aveva ragione lui.

Gli anziani (16,21), uomini d'esperienza di fronte a Gesù, dicevano: "Ma è infantile, è un adolescente! Ma chi si crede di essere! Noi sappiamo; noi abbiamo studiato; noi conosciamo la Bibbia. Cos'è tutto questo sentimento? Tutti questo contatto, tutti questi abbracci? Questo toccare le donne da parte di un maestro?". Per uomini "anziani" o semplicemente morti dentro, Gesù è troppo intenso, troppo caldo, troppo pieno di vita, di amore, di emozione, di slancio; troppo pieno d'amore. Per chi è morto dentro, per chi è freddo, per chi non conosce più l'amore, per tutti gli uomini rigidi, senza slancio, corazzati per paura, incapaci di emozioni, Gesù è e sarà sempre uno da eliminare.

Per i sommi sacerdoti, Gesù è un'idealista, un sognatore: "Ma chi si crede di essere? Non ha neppure studiato così tanto e crede di conoscere Dio, crede di sapere chi è? Si mette contro la tradizione e contro tutti noi". Per chi è arroccato nella verità, per chi non ha nulla da cambiare perché ha la verità, per chi non è disposto a mettere in gioco le proprie immagini di Dio, Gesù è un eretico, uno da eliminare.

Per gli scribi, Gesù è un sovversivo, un anarchico, un trasgressivo: "Ci servono regole chiare, regole precise, che dicano cosa si può e cosa non si può fare; che dicano chiaramente cosa è "religioso" e cosa no; regole che ci indirizzino e che ci dicano se facciamo giusto". Per chi ha bisogno di essere condotto, di rimanere sempre a otto anni dove il papà e la mamma ti dicono cosa devi fare, per chi ha bisogno dell'approvazione di qualcuno ("Hai fatto secondo la regola: bravo!"), per chi non vuole prendersi la responsabilità di ascoltare il proprio cuore, Gesù è troppo! Hai la tua vita, vivila in prima persona e non permettere che nessuno la guidi al posto tuo. Vivere così è meraviglioso ma è responsabilizzante, per alcuni è troppo!

Per uomini così Gesù era semplicemente da "far fuori", da crocifiggere. Era troppo pericoloso per il loro cuore!

E quando Gesù paventa la possibilità e la probabilità di uno scontro duro, frontale e forse mortale, Pietro reagisce e gli dice: "Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai!" (16,22).

Guardate cosa fa Pietro. Gesù sta andando nella sua direzione (Gerusalemme). Pietro lo trae in disparte (16,22), lo tira fuori dalla sua strada. Pietro gli dice: "No, tu non devi fare così!". E glielo dice con forza. Il verbo (epi-timao) vuol dire rimproverare (indica lo sgridare uno alzando la voce perché sta sbagliando). E' lo stesso verbo che Gesù utilizza per sgridare i demoni (17,18).

In questo momento Pietro dice a Gesù: "Tu Gesù sei satana, ti sbagli, perché non dev'essere così". E Gesù: "No, amico, tu sei satana. Vai dietro e non ti permettere di intralciare la mia strada". Pietro vuole decidere della vita di Gesù; Pietro vuole suggerirgli, meglio, gli vuole dire cosa deve fare e cosa non deve fare. In questo momento Pietro è satana.

Ogni volta che uno vuole dirigere la vita di un altro è satana. Perché se tu vuoi dirigere la mia vita stai tentando di rubarmela. Hai la tua: guida la tua! E lascia a me guidare la mia. E' chiaro che chi cerca di dirigere la vita degli altri lo fa perché non sa dirigere la propria.

Il ragionamento di Pietro è un ragionamento umano (16,23): "Non rischiamo troppo Gesù; è meglio che ci proteggiamo; è meglio che facciamo delle scelte conservative; è meglio che per un po' stiamo buoni; anche se non andiamo fino in fondo, guarda quanto successo abbiamo, Gesù!". Ma Gesù non ragiona così. Gesù rimane fedele al Padre, a ciò che vive dentro di sé e per nessuno motivo tradirà se stesso, il proprio cuore e suo Padre.

Per questo Pietro diventa "scandalo". Lo "scandalo" era la pietra che ti faceva inciampare. Tu facevi la tua strada e una pietra ti faceva cadere, ti impediva di proseguire la strada. E' proprio scandaloso quando qualcuno ti impedisce di fare la tua strada!

Un figlio, finita la maturità, è indeciso se fare veterinaria (gli animali sono la passione della sua vita) o giurisprudenza (come suo padre). Suo padre gli dice: "Fai come vuoi, ma vedi, questo studio è tuo. Fai come vuoi!, ma qui hai già la strada fatta. Fai come vuoi, ma sappi che ci starei male se non lo facessi. Fai come vuoi, ma fare il veterinario non produce molti soldi. Fai come vuoi tu; se fai il veterinario, però, non venire poi a chiedermi soldi o quant'altro!". Evviva la libertà!

Un ragazzo voleva uscire dal seminario (aveva tredici anni!). Allora lo andò a dire a sua madre (donna molto religiosa) che gli disse: "Guarda che Gesù non è mica tanto contento se esci, sai!".

Una donna si confida con un'amica (separata): "Non va ben tra me e mio marito!". L'amica: "Lascialo! Tanto un altro lo trovi dove vuoi!". Non proiettare mai i tuoi nodi irrisolti sugli altri!

E' scandaloso che le persone tentino di farti fare la strada che loro vogliono. Fai la tua e lascia a me la mia. E se ti chiedo un aiuto, aiutami a vedere la mia strada, non dirmi di fare una che vuoi tu!

Quell'espressione: "Vattene, satana" (16,23) è la stessa che Gesù dice al tentatore, al diavolo nel deserto (4,10). Quel Pietro che è discepolo, che sarà Papa, adesso qui è il demonio. Pietro qui è il diavolo, satana, il tentatore. Satana è quando tu ti ostini, ti metti contro, ostacoli, resisti, al piano di Dio.

Satana nella Bibbia non è mai nemico di Dio ma degli uomini. Indica un ostacolo forte nella direzione di Dio. Satana non ha mai un nome proprio (solo una volta e in un contesto particolare è denominato come una persona, con il proprio nome 2 Cr 21,1) ma sempre un nome comune (es: Gv 8,44: Padre della menzogna").

Satana (lett. avversario; in tribunale era colui che si poneva a destra dell'accusato per denunciarne e farne risaltare le colpe) o il diavolo (lett. colui che divide, che separa, che spezza) non sono un'entità divisa, altra da noi. Come se ci fosse realmente Dio e l'anti-dio (satana), il Bene e il Male (il manicheismo fu un'eresia condannata tanti secoli fa dalla chiesa).

Certo che c'è il male, la perversione e il diabolico! Ma non è qualcosa fuori di noi, è dentro di noi. C'è perché non siamo evoluti, perché non lasciamo spazio a Dio, perché il buio, l'ombra e lo sconosciuto è in noi; perché i nostri impulsi prendono il sopravvento; perché la rabbia e l'odio invece che essere liberati rimangono in noi; per i limiti della nostra condizione umana e per tanti altri motivi.

E' più semplice dire: "E' il demonio!". Credere nell'esistenza di una persona chiamata "demonio" è semplicistico. Così gli si attribuisce tutto ciò che non capiamo, che non sappiamo. E' molto più difficile, invece, da digerire la verità che io sono (posso essere) il demonio, che io sono satana. Il demonio non è fuori di noi, altro da noi, è dentro in noi, in noi.

Pietro, in questo istante, è lo stesso demonio con cui Gesù si è confrontato nelle tentazioni. Lì il demonio (che era una voce interna a Gesù) cercava di distrarlo dalla sua strada, e qui il demonio (la voce di Pietro) fa lo stesso.

La mentalità di un demonio fuori di noi ha creato nella storia aberrazioni tremende. Così il demonio entrava nelle persone e se ne impossessava, per cui queste persone erano "demoniache".

Dal 1275 (primo caso) al 1793 (ultimo caso conosciuto) sono state uccise migliaia di streghe. Si parla da un minimo di centomila ad un massimo di due milioni!

Papa Innocenzo VIII (Papa che aveva vari figli, alcuni anche riconosciuti!) scriveva: "Molti individui di entrambi i sessi hanno malvagie relazioni con i demoni incubi e succubi. Con i loro incantesimi, le loro seduzioni, scongiuri e altre superstizioni sacrileghe, con eccessi, crimini e delitti di sortilegi, fanno deperire e morire fanciulli, piccoli animali, raccolti, uva, frutta, uomini, donne, greggi, bestiami e altri animali, vigne, verzure, prati, pascoli, grano, frumento ed altri prodotti della terra. Con indicibili sofferenze sia interne che esterne esercitano il loro malefico influsso e tormentano uomini e donne, bestie da soma, greggi, bestiami e altri animali. Impediscono la procreazione di figli".

Il libro "Il martello delle streghe" insegnava come, quanto e dove torturare le donne sospette di stregoneria. Fu best-seller, con trentaquattro edizioni e trentacinquemila copie. In codesto libro si scriveva: "... E di conseguenza bisogna chiamare questa eresia non degli stregoni (cioè, uomini) ma delle streghe (cioè, donne), perché la denominazione risulti ancor più giustificata. E sia benedetto l'Altissimo che finora ha preservato il sesso maschile da un così grande flagello. Egli ha infatti voluto nascere e soffrire per noi in questo sesso, e perciò lo ha privilegiato".

Il Papa Giovanni XXII era talmente superstizioso che portava con sé un pane in cui era conficcato un coltello d'argento, ritenuto amuleto infallibile contro le stregonerie; e lo stesso Papa condannò nel 1328 al rogo il vescovo della sua città natale perché accusato di stregoneria. Non c'è bisogno di commenti!

Tre sorelle non riescono ad avere figli. Rimangono incinte ma poi sempre "lo perdono". Si parla di una maledizione. La suocera della loro madre (vivevano insieme ed era una guerra continua), in preda all'ira, un giorno le disse: "La pagherai che mi hai portato via mio figlio e che lo hai traviato!". Queste parole risuonarono come una bomba di timore nel cuore della loro madre. Se avesse avuto un po' più di fede avrebbe sorriso a queste parole; ma quando la paura attanaglia i nostri cuore, le parole non sono più parole ma diventano realtà, fanno effetto. Nessuna maledizione, solo un grande conflitto della madre, che purtroppo si trasmise alle figlie. Ma risolto, tutte le figlie partorirono felicemente.

Una donna del paese era chiamata "la strega". Invece di avere il gatto nero (ai miei tempi c'era un'auto: la Prinz verde) o l'autoambulanza o una suora, la gente aveva lei. A chi la vedeva, doveva poi accadere qualcosa di nefasto. E siccome chi vuol vedere una cosa la vede anche se non c'è, ecco fatta la strega! Nessuna strega: solo tanta ignoranza.

Una ragazza, si diceva, "era posseduta" dal demonio. Così la portarono da un frate esorcista. Dopo l'esorcismo guarì. Certo: la rabbia e l'odio di questa donna era così grande, la dissociazione così forte, che solamente un rito forte, profondo, che facesse appello alla sua anima e alle sue forze più interne poteva aiutarla a riunire la sua disgregazione interna (per questo poteva farlo, forse, solo il frate!). E così fu.

Il demonio, per la Bibbia, non è mai una persona ma una situazione. E' quando tu non sei più tu, ma è come se un altro fosse entrato in te e parlasse al posto tuo. Non sei più tu ma un altro. E' quando uno "ha un demonio nel corpo". Non sei più tu che possiedi e guidi la tua auto, ma è lei che ti porta dove vuole. Pietro è stato Papa; Pietro è stato il demonio. Io sono figlio di Dio. Io sono il demonio.

Il demonio ha tre funzioni: divide invece di unire; accusa e giudica invece di comprendere e di amare; non ti fa essere te stesso, ti fa essere la deformazione di chi sei tu.

C'è un uomo che ogni giorno, costi quel che costi, deve avere un rapporto sessuale con sua moglie. La Bibbia, direbbe: "Ha un demonio dentro, perché dai, bisogna proprio assolutamente ogni giorno?!".

Un uomo quando "scatta" impreca, urla, diventa rosso, una iena e bestemmia: "Ha un demonio dentro".

Un altro quando s'arrabbia non si controlla e alza le mani con suo figlio: "Ha un demonio dentro!".

C'è una donna che ha da dire su tutto, niente e nessuno le va bene; tutto fa schifo, tutto è sbagliato: "Ha un demonio dentro", perché è chiaro che mica tutto il mondo è sbagliato.

C'è un uomo che era solare, simpatico, meraviglioso. Adesso è in depressione, non sembra più lui. Triste, abulico apatico, irriconoscibile: "Ha un demonio dentro; non è più lui".

Pietro rifiuta la sofferenza di Gesù. Dice: "No, non è possibile che ti accada; questo non ti accadrà mai" (16,22). Nessuno vuol soffrire e nessuno, sano di mente, cerca la sofferenza. Ma non è questo il punto.

Gesù poi dice: "Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (16,24).

Intanto si dice "sua croce": ognuno ha la sua. Alcune persone si sentono più "sfortunate" rispetto ad altre. Non c'è confronto: io ho la mia vita con le sue difficoltà, tu le tue. Non guardare agli altri, prenditi cura delle tue. Se guardi agli altri eviti le tue.

Poi c'è: "Rinnegare (lett. "dire di no a") se stesso". Queste parole hanno fatto credere che bisognasse perdersi, esaurirsi per gli altri; che ascoltare i propri bisogni, i propri desideri o i propri sogni fosse peccato o negativo.

E, infine, "croce". Alcuni hanno pensato che "prendere la croce" fosse darsi delle sofferenze. C'è stato nella storia chi si è punito, frustato, procurato tormenti al proprio corpo. Oggi se uno facesse così lo considereremo un autolesionista e lo manderemo da uno psichiatra. Un'idea di questo c'è rimasto nel detto che "la vita è una croce".

Ma cosa vuol dire questa frase? Gesù ha avuto la sua croce e tu hai la tua. La sua croce non è stata il morire in croce, questa è la modalità, diversa per ciascuno, ma l'essere fedele a se stesso, cioè al Dio che aveva dentro. Se tu sei fedele a te stesso, al Dio che hai dentro, senza raccontartela, incontrerai inevitabilmente "la croce", cioè, difficoltà, scontri, opposizione, rifiuto, odio. Ci saranno giorni in cui dovrai compiere delle scelte e saprai che queste scelte ti esporranno, creeranno risentimento, disapprovazione o forse odio intorno a te, e dovrai decidere se seguire il tuo cuore o la tua paura.

Un imprenditore del Sud ha avuto una serie di "diffide" dalla mafia: cedere od opporsi? Lui ha denunciato tutto. Ma sa benissimo che è una scelta che potrebbe costargli cara.

Alex Zanotelli rispondendo ad una domanda ha detto: "La mia croce sono i poveri. Sento il bisogno di essergli fedele, di prendere le loro parti, perché hanno il diritto di essere uomini e di essere rispettati. Facendo così ho perso il ruolo che avevo e l'amicizia di molti; molti storcono il naso a solo sentire il mio nome; qualcuno ha cercato di ridurmi al silenzio e forse qualcuno mi ha anche tradito. E' una scelta che mi è costata molto, ma sono rimasto fedele al mio cuore".

Croce, allora, è per Gesù come per me: vado fino in fondo alla mia vocazione, alla mia strada, a ciò che la Vita mi chiede di vivere, e lo chiede solo a me. Non mi sottraggo alle possibili conseguenze e non ascolto la voce della paura e del compromesso. Sospinto dalla Sua forza seguo il mio cuore, ovunque mi porti fino anche alle conseguenze più pericolose, radicali o estreme. La meraviglia è che chi rimane fedele a sé non si sentirà mai tradito. Magari rimarrà da solo o soffrirà molto. Ma essere fedeli al Dio in noi non tradisce mai. Ci dà la sensazione chiara e certa di essere dietro a Lui, di seguirlo nella nostra strada.

E rinnegare? Rinnegare vuol dire dirsi di no. E quanti "no" bisogna dirsi!

Ho un bisogno d'amore dentro enorme. Vado dalle persone e gli dico: "Riempi il mio buco". Così mi attacco, pretendo, rivendico, esigo. E, invece, mi devo dire: "No!", nessuno può colmare il mio buco. Devo imparare a darmi ciò che mi serve e a convivere con il mio vuoto.

Ho una rabbia repressa dentro. E sfogo sul mio partner che non mi capisce, che non è all'altezza, che non mi fa felice, che dovrebbe capirmi, che dovrebbe essere diverso. Ma mi devo dire: "No!". Sono io che non sono in pace con me; sono io che ho "un demonio" dentro, che sono sempre tormentato.

Sto vegetando, sopravvivendo. Tiro avanti, non ho più slanci, né voglia di vivere. Allora mi devo dire: "No!", devo rinnegare, rifiutare questo modo di vita. Perché Dio mi ha fatto dono della Vita e io la sto sprecando. Vegeto perché ho paura di cambiare rotta e temo le conseguenze.

Sento che la mia fede si sta impoverendo. Mi dico: "Ma se faccio quello che ho sempre fatto perché adesso non va più bene?". E vorrei che tutto funzionasse come prima. Allora mi devo dire: "No!", qui non si può continuare così perché la mia anima languisce. Devo fare qualcosa.

Ho quarant'anni e sento che si è rotto qualcosa: sono triste, insoddisfatto, innervosito. Ma faccio finta di niente, faccio le cose come prima e cerco di dirmi che non è vero, che è solo un periodo, che passerà. Mi devo dire: "No!", non passerà e non è un periodo. Devo pormi davanti la questione anche se so che è difficile e che mi costringe a muovermi dalle posizioni attuali.

Tra me e mia moglie (marito; figlio; amico) si è "rotto" qualcosa. E' difficile accettare che le cose "non sono più come prima". E' puerile andare avanti come se niente fosse successo. Ma non funziona. Allora mi devo dire: "No!", qui dobbiamo fare qualcosa; qui c'è qualcosa che non va.

Bevo troppo; ho un bisogno estremo che gli altri mi dicano che sono bravo; sono troppo attaccato all'apparenza e al non sfigurare; penso solo al sesso; bestemmio sempre e sono colmo di ira; "scatto" in continuazione; non riesco ad esprimere affetto; sono arido come un fiume in secca: non posso far finta di niente. Mi devo dire: "No!", così non va bene, così non mi va bene. Devo prendere in mano questa situazione.

E non è difficile dirsi di no? E non è difficile vedere ciò che c'è da vedere? E non fa piangere, a volte, mettere il dito in certe ferite? Eppure dirsi "no" è l'unico modo per dirsi "sì". Amarsi, accettarsi e volersi bene è rinunciare, rinnegare, i comportamenti, gli schemi, che ci fanno male.

Poi Gesù dice: "Chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà" (16,25).

Un uomo, con un tumore abbastanza aggressivo, mi ha raccontato questo: "Sono andato dall'oncologo e gli ho detto: "Dottore, guardi che io voglio guarire!". E il dottore: "E perché vuoi guarire?". E io: "Perché voglio stare bene!". E lui: "E quando stai bene, che te ne fai della vita?". E mi ha spiazzato: che me ne faccio della vita e della salute? Ho capito: non sarei mai potuto vivere perché, riavuta la vita, non sapevo poi cosa farmene!". E così quell'uomo ha cambiato totalmente vita e ha trovato ragioni profonde per vivere. Ed è anche guarito!

La vita non può essere preservata! Non si può rimanere sempre giovani! Non si può vivere per sempre! Non si può garantirsi da ogni imprevisto! Non si può fare l'assicurazione-vita credendo che tutto andrà bene! Chi vive così, non vive! E' tutto concentrato a conservare qualcosa, invece di utilizzarlo.

Vi ricordate la parabola dei talenti? Il terzo uomo, invece, di impiegarlo, di spenderlo, di giocare, il proprio talento, si è solo preoccupato di conservarlo e così lo ha nascosto.

Tanto è uguale per tutti: la vita la perdiamo! E' illusione pensare di conservarla! Allora spendila, giocala, investila, per qualcosa che abbia senso, che sia significativo. Allora sentirai un senso e un significato profondo alla tua esistenza. Altrimenti è una vita banale, sprecata.

Ironicamente Gesù commenta: "Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?" (16,26).

Alcune persone conquistano il mondo ma non sono felici, non possono esserlo. Perché ciò che dà felicità vera è la propria anima. Se l'anima (la parte interna, spirituale, divina) vive l'uomo vive, altrimenti no.

Puoi dare tutto ai tuoi figli, ma se non c'è anima, rapporto, complicità, sorrisi, hai perso i tuoi figli. Puoi avere una casa da Beverly Hills, ma se non c'è comunicazione, scambio, intensità, coinvolgimento affettivo con tua moglie, a che ti serve? Puoi avere una bellissima immagine agli occhi degli altri e magari sei anche rispettato, acclamato e apprezzato, ma se dentro ti senti vuoto, senza valore, depresso, a che ti serve? Puoi avere un sacco di soldi, di tutto, permetterti cose grandiose, ma se non senti e non percepisci la vitalità e l'ebbrezza della vita, dimmi, a che ti serve?

La vitalità di un albero è in ciò che sta dentro; la vitalità di un uomo è in ciò che ha dentro.

Gesù poi dice: "Poiché il Figlio dell'uomo verrà e renderà a ciascuno secondo le sue azioni" (16,25). La Vita ci dà quello che noi vogliamo. Ciascuno avrà ciò che vorrà (non ciò che dice di volere).

Se tu non fai un attimo di silenzio e non ti ascolti mai non chiederti poi perché sei così nervoso. Se tu non preghi mai e non ti dai momenti e spazi per l'anima non chiederti poi perché ti senti così arido. Se non ti dai tempo e spazio per raccontarti e ascoltare i tuoi cari non chiederti poi perché li senti così lontani. Se tu non cambi mai, rimani fermo nelle tue posizioni e non ti smuovi, non chiederti perché non capisci più il mondo, perché ti senti "fuori", perché ti senti vecchio o fuori posto. Se tu non affronti i tuoi demoni interni e le tue paure non chiederti poi perché sei così!

E' quello che tu hai voluto e lo hai avuto. E' quello che tu hai cercato e lo hai trovato. Ognuno avrà ciò che lui vorrà.

Pensiero della settimana

Satana è forte ma se sei ancorato in Dio, non ha più potere.
Il buio è potente ma la Luce è più forte.
La paura è paralizzante ma sei vivi nella fede non ti frena.
Quando viene il vento forte, la quercia non teme.

Non hai nulla da temere se sei radicato in Dio.

 

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