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TESTO Lei ha dato quanto aveva per vivere

Ileana Mortari - rito ambrosiano  

X domenica dopo Pentecoste (Anno A) (21/08/2011)

Vangelo: Mc 12,41-44 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 12,41-44

41Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. 42Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. 43Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Nel vangelo di Marco la pericope odierna chiude l'attività pubblica di Gesù: seguiranno il lungo discorso escatologico e il racconto della passione, morte e resurrezione del Signore. In quest'ultimo episodio del suo ministero Gesù ci lascia un insegnamento davvero fondamentale.

Egli si trova seduto (in atteggiamento appunto di Maestro, di nuovo Mosè) "di fronte al tesoro" del Tempio. Di che si trattava? Lungo le pareti interne dell'atrio delle donne del tempio erodiano erano disposte tredici cassette con apertura a forma di tromba, per raccogliere offerte volontarie e imposte per la gestione del Tempio, come ad esempio la "seconda decima" (cfr. Dt.14,22-26), versata dai circa 100.000 pellegrini ogni anno. Gli offerenti dovevano dichiarare al sacerdote in servizio (cui consegnavano le monete), l'entità del dono e lo scopo per cui l'offrivano; quindi l'addetto controllava il tipo di moneta, se l'offerta bastasse allo scopo dichiarato e infine metteva l'offerta nell'apposita cassetta. Questo modo di procedere imponeva una sorta di trattativa a voce alta fra il sacerdote e l'offerente, della quale poteva essere testimone chiunque si trovasse nelle vicinanze. Era dunque un gesto pubblico e, specie in caso di grossi donativi, diventava un'occasione per ottenere all'offerente un attestato di benemerenza e uno statuto sociale di rispetto, sottolineato e convalidato dal ringraziamento del sacerdote che in quel momento sovrintendeva al "tesoro".

Tra la folla che getta monete nelle cassette l'evangelista sottolinea la presenza di "tanti ricchi che ne gettavano molte" e di una "vedova povera che gettò due monetine". La vedova è probabilmente riconoscibile dal suo abbigliamento. E qui si colloca l'insegnamento di Gesù ai discepoli, preceduto da quel "In verità io vi dico" ("Amen" in ebraico) che nei vangeli introduce sempre con solennità un insegnamento importante. Al contrario di quanto potrebbe apparire (nessuno dà importanza alla piccola offerta della vedova che passa quasi inosservata), è proprio lei che ha fatto l'offerta più grossa, perché gli altri hanno dato del superfluo (cioè quello che avanza dopo aver garantito la propria vita entro ampi margini di sicurezza), mentre lei ha versato "tutto quanto aveva per vivere" (v. 44).

Per capire a fondo le parole di Gesù, è opportuno qualche ragguaglio storico. Anzitutto occorre sapere che la situazione delle vedove nelle strutture sociopolitiche dell'Antico Oriente era particolarmente drammatica: con la perdita del marito esse non avevano più chi assicurava loro personalità giuridica e tutela e spesso si riducevano alla mendicità, in balìa della prepotenza altrui. Anche al tempo di Gesù la vedova era la persona più povera e indifesa: non poteva contare su nessuno, non aveva sicurezze, né riserve, né pensioni. Essa era dunque assurta, insieme all'orfano e all'oppresso, a simbolo biblico del povero.

In secondo luogo si deve ricordare che al tempo di Gesù l'opinione comune riteneva che una donna non avesse nulla da insegnare, tanto meno una vedova, considerata appunto ai margini della vita sociale. E invece Gesù - andando controcorrente come in tante altre circostanze - addita un modello di comportamento proprio in quella vedova povera.

La donna versa due spiccioli ("leptà" in greco); l'evangelista sottolinea che erano due, perché la vedova - data la sua indigenza - avrebbe potuto darne solo uno e tenersi l'altro; dunque ella dà tutto quello che ha. Lo spicciolo era la più piccola moneta di rame allora in circolazione; due spiccioli corrispondevano al "quadrante" (o "quattrino") romano, che pure era la più piccola unità monetaria presso i Romani: era quanto serviva per vivere una giornata. La donna compie il suo gesto nell'ombra, in silenzio, con umiltà, quasi scusandosi del poco che ha (mentre spesso il ricco dà del superfluo, facendolo pure pesare! O addirittura, come osserva S. Ambrogio, "Se tu, ricco, fai l'offerta, non dai del tuo, ma dai ciò che hai rubato prima"!).

Per questo Gesù richiama l'attenzione dei discepoli, che in quel momento erano forse più interessati ad osservare gli abbondanti donativi dei ricchi: quello che conta veramente non è l'entità dell'offerta, ma l'intenzione e l'amore con cui la si fa; i primi lo fanno per vanagloria, la vedova povera offre quanto aveva per vivere in quella giornata con totale fiducia in Dio e nella Provvidenza; il suo amore per Dio è così grande che la libera dalla paura del futuro, e in questo ella è immagine del vero discepolo, cui Gesù dice: "Cercate, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Mt.6,33).

E' molto probabile che Gesù stesso si riconosca in quella donna che ha offerto al Tempio tutto quello che aveva per vivere. Come detto prima, siamo al termine del ministero pubblico del Nazareno: Egli si prepara ad affrontare la morte. Ha consumato tutta la sua esistenza non trattenendo nulla per sé e anche nel momento estremo la sua tunica sarà tirata a sorte e gli abiti disputati dai carnefici. Possiamo quindi vedere nella vedova povera una sorta di "figura profetica" di Gesù che dà tutta la sua vita per noi.

L'insegnamento di Gesù è - come sempre nella Bibbia - Parola di Dio "viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore." (Ebrei 4,12).

E tale Parola è davvero inquietante, perché dice chiaro e tondo di staccarsi da tutto, anche dal necessario, fidandosi unicamente di Dio, senza avere timore per il futuro. Siamo chiamati ad applicarlo alla lettera? Specie per chi ha famiglia, e deve provvedere non solo a sé, ma a creature piccole e bisognose di tutto, un tale comportamento sarebbe a dir poco incosciente.

Ora, riguardo all'uso dei beni, un primo criterio che la Bibbia, per la precisione l'Antico Testamento, ci propone, è la "decima": pur nella consapevolezza che tutto quello che abbiamo appartiene al Signore (cfr. 1° Cor.4,7), si tratta di destinare a Dio e al prossimo la decima parte dei nostri guadagni, non solo, ma anche del nostro tempo e delle nostre energie. Il Nuovo Testamento invece non indica una quantità materiale, ma dice: "Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia" (2° Cor.9,7) e il Codice di Diritto Canonico dichiara che i fedeli sono tenuti all'obbligo di sovvenire alle necessità della Chiesa per opere di carità e sostentamento dei ministri (cfr. can.222).

Un secondo criterio potrebbe essere questo: mantenere sempre la disponibilità a lasciare tutto, o gran parte del nostro possesso, o perché una disavventura ce ne ha privati, o perché - come ad esempio S. Francesco, Don Bosco e Madre Teresa di Calcutta - è il Signore stesso che ci chiede una scelta così radicale, anche qui nella certezza che "il Signore non lascia che il giusto soffra la fame" (Prov.10,3).

In ogni caso è di grande aiuto il confronto sull'uso dei beni nell'ambito della comunità cristiana.

Visitate il sito www.liturgiagiovane.it ed il relativo blog, sul quale è possibile aggiungere i vostri commenti, osservazioni, suggerimenti, proposte.

 

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