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TESTO Una donna e per di più straniera

mons. Roberto Brunelli

XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (14/08/2011)

Vangelo: Mt 15,21-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 21partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. 22Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». 23Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». 24Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». 25Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». 26Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 27«È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 28Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Una donna, e per di più straniera, è co-protagonista del vangelo di oggi (Matteo 15,21-28). Il fatto è di per sé notevole, se si considera da un lato quanto fosse marginale il ruolo sociale della donna nel mondo antico, e dall'altro la concezione fortemente nazionalistica degli ebrei, i quali ritenevano Dio, il Dio di Abramo Isacco e Giacobbe, come il "loro" Dio, dal cui orizzonte gli altri popoli erano rigidamente esclusi.

L'episodio si svolge "all'estero", "nella zona di Tiro e Sidone", cioè nel Libano meridionale, fuori dal territorio abitato dagli ebrei, e una donna del luogo, alla quale evidentemente era giunta la fama taumaturgica di Gesù, lo implora per sua figlia gravemente malata o, per dirlo con le sue parole, "molto tormentata da un demonio". Con nostra sorpresa, Gesù sembra non darle retta; la donna però rinnova la richiesta, e con tanta insistenza da indurre gli stessi discepoli - non per sensibilità verso il suo dolore, ma per togliersela di torno - ad associarsi a lei: "Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!" Commuove, l'amore di questa madre che intravede una possibilità di salvezza per la figlia e non desiste prima di averla esplorata fino in fondo; ma pare non commuovere Gesù, il quale ai discepoli risponde di doversi occupare soltanto delle "pecore perdute della casa d'Israele", e alla donna ricorda che "non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini". Con questo duplice riferimento al mondo animale, egli richiama la concezione corrente della divisione degli uomini in due: il popolo d'Israele, composto dalle pecorelle di cui Dio si prende cura (si ricordi il salmo "Il Signore è il mio pastore") e tutti gli altri, che non hanno la stessa fortuna; le pecorelle sono figli, gli altri no. Ma l'insensibilità di Gesù è solo apparente, motivata forse solo dal voler indurre la donna a manifestare la sua fede appieno; ed ella lo fa', con un'obiezione brillante: "E' vero, Signore; però i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni". Gesù a questo punto cede, e addirittura la elogia: "Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri".

Ogni pagina, ogni frase del vangelo per essere ben compresa va inquadrata in tutte le altre. Si vede allora che non è questo l'unico caso in cui Gesù beneficia i non ebrei: a richiesta di un centurione, cioè di un ufficiale dell'esercito romano di occupazione, risana il suo servo; si rivela alla donna samaritana; guarisce un samaritano lebbroso; e soprattutto comanda agli apostoli di andare in tutto il mondo e fare suoi discepoli tutti i popoli. La salvezza che egli ha portato non ha confini di razza, di cultura, di sesso, di colore della pelle; tutti gli esseri umani sono fatti a immagine e somiglianza di Dio, e tutti sono le sue pecorelle: di cagnolini non c'è più traccia.

A ben guardare, questo era già promesso nell'Antico Testamento, come esemplifica la prima lettura (Isaia 56, 6-7): "Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e amarlo, li condurrò sul mio monte santo; la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli". Oggi troviamo strano che gli ebrei non abbiano compreso questo e tanti altri analoghi proclami; in ogni caso la loro visione nazionalistica della fede era tanto radicata, che persino gli apostoli, malgrado gli espliciti inviti di Gesù, stentarono a spogliarsene; è nota la diatriba sorta nei primi anni di vita della Chiesa, se essa dovesse o no accogliere i pagani. C'è voluto l'esempio di Pietro, il quale non esitò a battezzare il centurione Cornelio; c'è voluta l'energia di Paolo, il quale, come si è visto la scorsa domenica, aveva la massima considerazione per il popolo ebraico, cui egli stesso apparteneva, ma questo non lo trattenne dal dedicarsi agli altri, addirittura qualificandosi proprio apostolo delle genti, cioè dei non ebrei. Lo dichiara anche nella seconda lettura di oggi (Romani 11,13): "A voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero".

 

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