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TESTO Dio non si sfida, a lui ci si affida

don Alberto Brignoli  

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (07/08/2011)

Vangelo: Mt 14,22-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 14,22-33

[Dopo che la folla ebbe mangiato], 22subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.

24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

Parole dell'uomo comune:

"Perché Dio è così misterioso? Perché il Signore non fa in modo di manifestarsi in maniera forte e decisa, così che molti di più crederebbero in lui?".
Parola di Dio:

"...ma il Signore non era nel vento...ma il Signore non era nel terremoto...ma il Signore non era nel fuoco".
Ancora l'uomo comune:

"Non faccio grande difficoltà ad ammettere che Dio esista. Ma se è così (e ne sono anche abbastanza convinto), perché non mi fa comprendere in maniera evidente la sua volontà su di me, senza bisogno che io mi tormenti a capire cosa devo fare?"
E ancora, la Parola di Dio:

"Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque".

Il parallelismo tra alcune espressioni che ci capita spesso di usare nei confronti di Dio, e la Parola che la Liturgia di questa domenica ci offre è evidente. Sono certo che ognuno di noi, nella propria vita, ha fatto e continua a fare una propria, personale esperienza di Dio. E nessuno può arrivare a dire: "Io nella mia vita di fede ho avuto la fortuna di sperimentare il vero volto di Dio". La Bibbia stessa ci mostra che le esperienze di Dio che gli uomini di fede possono fare sono le più disparate e differenti che si possa immaginare.

C'è chi incontra Dio "nel vento impetuoso e gagliardo", quando la vita ti sbatte da una parte all'altra senza che tu riesca a imprimerle una tua direzione, proprio come una foglia sbattuta dal vento che non può fare altro che lasciarsi andare a ciò che capita. Forse anche lì, e anche in quel modo, qualcuno ha sentito su di sé la presenza di Dio. Per quell'uomo dalla fede incrollabile che fu il profeta Elia, di certo non fu così.

C'è chi incontra Dio "nel terremoto", quando tutto ciò che ti sei costruito, crolla sotto i colpi della vita, e non rimane in piedi nulla se non macerie e polvere; la tua polvere, ciò di cui sei stato fatto e a cui ritornerai. Forse Dio per qualcuno si è manifestato proprio in quel modo, da grande distruttore. Non fu così per Elia.

C'è pure chi incontra Dio "nel fuoco", in un'esperienza forte di lui, passionale, coinvolgente, che prende fino in fondo quasi al punto di consumare tutto se stesso per Dio e per gli altri, in una sorta di zelo che non lascia scampo a una sola parte di noi, "consumati" d'amore per Dio. Forse, qualcuno ha vissuto il suo rapporto con Dio così, in maniera tremendamente coinvolgente. Elia non lo avvertì così.

Tutte queste forme di sperimentare la presenza di Dio nella nostra vita ci mostrano l'assoluta impossibilità di ricondurre Dio a uno schema, a una "modalità", a uno stereotipo nel quale ritrovare Dio in maniera certa ed evidente. Con la conseguente impossibilità, da parte nostra, di potere recriminare a Dio il "perché" di una sua mancata manifestazione così come noi ci aspetteremmo da lui. Dio è "Altro" da noi; anzi, Dio è l'"Assolutamente Altro" da noi. Ed è forse proprio nel momento in cui ci aspettiamo di incontrarcelo in un certo modo che lui si presenta a noi in altre forme.

L'esperienza di Elia sull'Oreb è emblematica. Le manifestazioni di Dio che il popolo d'Israele e Mosè in particolare, nell'Esodo, avevano sperimentato potevano rappresentare per Elia uno stereotipo in cui, più o meno, avrebbe potuto ritrovare quel Dio che cercava come sicuro rifugio dai problemi della vita (non dimentichiamo che la perfida regina Gezabele cercava di ammazzarlo). Invece non fu così, e da grande uomo di fede e di spirito com'egli era, Elia si mise in atteggiamento di silenzio e di ricerca di Dio aldilà di ciò che la sua religione e la storia del suo popolo gli poteva offrire. Ed ecco che Dio, il totalmente Altro, gli si manifesta "nel sussurro di una brezza leggera": niente di clamoroso e sconvolgente, quindi, ma ciò che di più ordinario, di semplice e di soave possa esserci nella quotidianità dell'esistenza. Dio parla al cuore dell'uomo anche così, nel silenzio, nell'intimità, nella dolcezza.

Ma proprio mentre ci sembra di aver trovato, con Elia, un modo di incontrare Dio più pacifico, più tranquillo, più sereno, la Liturgia della Parola di oggi, nel Vangelo, ci mette di fronte al Dio di Gesù Cristo che si manifesta ai discepoli, e a Pietro in particolare, in un'altra forma, ancora diversa, e certamente non meno sconvolgente. I discepoli, dopo aver sperimentato un Dio talmente potente da riuscire a sfamare cinquemila uomini con cinque pani e due pesci, hanno ora nella mente l'immagine di un Dio ritirato sul suo monte, a pregare, da solo, quasi intento a ritrovare se stesso dopo le fatiche del contatto con la folla. Erano convinti che quello fosse il suo posto, e non si sarebbero di certo aspettati che di lì a poco egli si sarebbe manifestato loro nell'aspetto terrificante di uno spirito, di un fantasma, per di più in un contesto drammatico come quello della tempesta.

La vita fa spesso fatica ad andare avanti, sballottata da venti di tempesta che in ogni istante la minacciano. Cerchiamo di metterci al riparo il più alla svelta possibile, in un luogo tranquillo e sicuro, dove Dio ci ha assicurato che ci aspetta per stare con noi. Ma sull'altra riva non riusciamo a giungere, e come se non bastasse Dio non solo tace, ma con i suoi modi di fare ci spaventa, perché ci si manifesta come mai l'abbiamo visto; non un amico, ma uno spettro, un incubo, un terrore...

C'è però chi non si perde d'animo: gli basta una parola di conforto del Maestro ("Coraggio, sono io, non abbiate paura") per andare incontro a lui, anche nel turbine della tempesta. Ma prima lancia il guanto di sfida a Dio: "Se sei tu, devi dimostrarmelo, facendo ciò che io ti dico". Questo è il senso delle parole di Pietro; questo è il nostro atteggiamento, quando vogliamo da Dio alcune prove che egli non dà.

Con Dio però non si scherza. Lui accetta la sfida, ma Dio non è mai da mettere alla prova, perché nel momento in cui lo fai lui ti fa sentire la fragilità della tua umanità, ti fa provare il terrore di affondare, e ti fa gridare a lui (stavolta, sì, per una paura motivata!): "Signore, salvami!". Poi ti afferra per mano, perché sia tu stesso a riportarlo sulla barca, con te.

Tutto questo per farci capire che la strada per incontrare Dio è lunga, e soprattutto non è fatta di stereotipi nei quali pensare di poterlo incontrare. Meno ancora, di pretese e di sfide nei suoi confronti. È fatta solo di fiducia e di abbandono, nonostante tutto.

Del resto, lo sappiamo. Abbiamo a nostra disposizione un Dio che può saziare la nostra fame in qualsiasi istante. Non abbiamo assolutamente di che temere.

Ma allora, tu, "uomo di poca fede, perché hai dubitato?"

 

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