PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento su Matteo 14,22-33

Omelie.org - autori vari  

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (07/08/2011)

Vangelo: Mt 14,22-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 14,22-33

[Dopo che la folla ebbe mangiato], 22subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.

24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di Padre Alvise Bellinato

IL VALORE DI UN INCORAGGIAMENTO
CORAGGIO!

Se un bambino vive nel sorriso impara a sorridere.
Se un bambino vive nell'ironia impara ad essere timido.

Se un bambino vive nella vergogna impara a sentirsi colpevole.

Se un bambino vive nella tolleranza impara ad essere paziente.

Se un bambino vive nell'incoraggiamento impara ad avere fiducia.

(Dorothy Law Nolte).

Oggi la Parola di Dio ci fa incontrare tre situazioni di scoraggiamento.

Scoraggiamento significa che il cuore viene meno, non ci sostiene più: ci viene a mancare il sostegno interiore per proseguire il nostro cammino.

Il profeta Elia, dopo aver combattuto, solo contro tutti, per difendere la sua fede in Dio davanti a Israele, si sente venir meno il cuore e vorrebbe farla finita.

Sul monte Oreb il Signore gli viene accanto e gli dice: "Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco".

Sono molto importanti quelle due semplici lettere, pronunciate da Dio: "Su!".
Equivalgono a "Coraggio!".

Elia ritrova la forza di ricominciare il suo cammino, con animo rafforzato.

La vicinanza di Dio e l'incoraggiamento ricevuto riaccendono la speranza.

San Paolo ha "nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua" nel suo ministero, nel constatare la chiusura dei suoi fratelli Israeliti nei confronti di Cristo.

Ci parla con sincerità del suo cuore e della pena che lo abita, della pesantezza che lo opprime.

Ma anche a lui capita, ad un certo punto della vita, di fare un'esperienza molto simile a quella di Elia.

"La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma»" (At 23, 11).

L'incoraggiamento ricevuto lo sosterrà fino alla prova suprema del martirio, donandogli un'energia soprannaturale e potente.

Durante l'attraversamento del lago di Tiberiade, gli apostoli, turbati, gridano dalla paura.

Potremmo dire che viene meno tutto il loro coraggio: sono impauriti e disorientati.

Ma anche in questo caso Gesù viene loro accanto e dice: "Coraggio, sono io, non abbiate paura".
Subito il terrore sparisce e lascia lo spazio alla fede.

Pietro, addirittura, impara ad avere una fiducia tale che gli permette di camminare qualche metro sulle acque.

È proprio vero che Se un bambino vive nell'incoraggiamento impara ad avere fiducia.

La Parola incoraggiante di Dio genera fiducia e produce energia nuova negli uomini.

DIO INCORAGGIA SEMPRE

L'origine etimologica della parola "incoraggiare" è "dare il cuore".

"Coraggio, sono io, non temete!". Gesù rivolge queste tre espressioni agli apostoli.

Dà loro il cuore, il suo cuore, e assicura una vicinanza personale e umana.

Il teologo tedesco Paul Tillich diceva che l'incoraggiamento è una delle prerogative tipiche di Dio: "Se l'angoscia viene definita la coscienza di essere finiti, Dio lo dobbiamo chiamare il fondamento infinito del coraggio".

Dio non vuole mai creare panico, scoraggiamento e senso di inferiorità, ma sicurezza e gioia: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Gv 3, 17).

IN CHE MODO DIO INCORAGGIA

È interessante osservare in che modo Dio incoraggia gli uomini.

Nel capitolo 19 del primo libro dei Re si descrive l'incoraggiamento ricevuto da Elia, che avviene in due momenti successivi.

Un primo momento accade nel deserto vicino a Bersabea. Elia si siede sotto a un ginepro e dice: "Ora basta, Signore! Prendi la mia vita". Si corica desideroso di morire. Un angelo lo tocca e gli dice: "Su, mangia!". Elia si alza e mangia la focaccia cotta su pietre roventi che trova accanto a sé. Trova così il coraggio di camminare fino al monte Oreb.

Sull'Oreb ha luogo il secondo momento. Dio gli dice: "Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco" e apre la sua mente a una prospettiva di speranza, dandogli delle indicazioni nuove, totalmente inaspettate e piene di speranza.

Il primo incoraggiamento è stato fisico, il secondo spirituale. Come si fa ad incoraggiare una persona che non sta nemmeno in piedi dalla fame?

È bello vedere la dinamica dell'incoraggiamento spirituale ricevuto da Dio, che potrebbe essere riassunta in un forte ampiamento di prospettiva e nella rivelazione di una nuova dimensione.

Dio invita Elia a non essere stretto di mente: lo aiuta a vedere più cose di quelle che aveva considerato finora. Gli ordina di ungere due nuovi re e un nuovo profeta: Eliseo.

È come se gli dicesse: "Vai avanti! Non credere che tutto sia finito solamente perché tu hai sperimentato il rifiuto e la non accettazione".

Inoltre gli rivela qualcosa che Elia non poteva conoscere, nella sua visione limitata: "Guarda che io mi sono risparmiato in Israele settemila persone, quanti non hanno piegato le ginocchia a Baal e quanti non l'hanno baciato con la bocca".

È facile per noi vedere nella storia di Elia qualcosa che ci tocca da vicino. Nei momenti di sconforto esiste un rimedio "fisico", il pane eucaristico, e un rimedio spirituale: la coscienza che Dio vede più lontano di noi, e ci mette accanto persone che ci sostengono, se solo accettiamo di aprire gli occhi per vederle.

Nel capitolo 9 della lettera ai Romani si descrive la situazione di Paolo, caratterizzata da una sofferenza "grande e continua".

È una sofferenza che molti di noi sperimentano: consiste nel constatare che i "consanguinei secondo la carne" non conoscono Cristo.

Paolo sarebbe disposto a qualsiasi sacrificio, pur di poter fare qualcosa "a vantaggio dei suoi fratelli". Ma si scontra con la propria limitatezza: la desiderata conversione non avviene, nonostante tutti i suoi reiterati sforzi.

Dinanzi a situazioni come queste, dopo aver chiesto qualcosa a Dio per molto tempo e aver constatato di non esser stati esauditi, credo che sia naturale scoraggiarsi.
Egli deve arrendersi allora a un progetto che lo supera.

Sappiamo che anche San Paolo ha saputo riprendersi in numerosi momenti molto difficili grazie all'incoraggiamento di Gesù.

Anni più tardi, in un momento di prova e dolore, mentre si trova in carcere a causa della sua fede, il Signore gli viene accanto e gli sussurra all'orecchio una parola efficace: "Coraggio!".

La dinamica usata da Gesù per rincuorare il suo servo fedele consiste in una offerta di significato: "Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma" (At 23, 11).

Non c'è nulla di peggio di una sofferenza di cui non si capisce il senso.

L'incoraggiamento consiste nella scoperta del senso: Dio ha un progetto anche su certe situazioni, che per noi sono difficili da accettare, proprio a causa della limitatezza della nostra visione.

Nella lettera apostolica Salvifici doloris, che ha come tema il senso cristiano della sofferenza umana, Giovanni Paolo II cita proprio l'esempio di S. Paolo per affermare che la scoperta del senso libera dallo scoraggiamento e può portare perfino alla gioia: "È così che Paolo può arrivare a dire «Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi» (Col 1, 24). La gioia proviene dalla scoperta del senso della sofferenza, ed una tale scoperta, anche se vi partecipa in modo personalissimo Paolo di Tarso che scrive queste parole, è al tempo stesso valida per gli altri. L'Apostolo comunica la propria scoperta e ne gioisce a motivo di tutti coloro che essa può aiutare - così come aiutò lui - a penetrare il senso salvifico della sofferenza" (Salvifici doloris, 1).

Nel Capitolo 14 del vangelo di Marco si narra un episodio di forte scoraggiamento degli apostoli.

Fa una cerca impressione leggere che essi "si misero a gridare dalla paura".

In questo terzo caso l'incoraggiamento agli apostoli avviene in una forma particolare: l'invito ad avere fiducia.

Nella teologia spirituale è comune l'abbinamento tra scoraggiamento e mancanza di fiducia. Annotiamo due citazioni, una di un autore spirituale e l'altra proveniente dalla cultura popolare.

"Lo scoraggiamento è sempre una prova di eccessiva fiducia in sé e di assai scarsa fiducia in Dio" (Michel Quoist).

"Lo scoraggiamento ha bussato alla mia porta. Ha risposto la fede. Fuori non c'era più nessuno".

Gesù invita gli apostoli a rendersi conto che lui è vicino: "Sono io!".

La coscienza della vicinanza di Cristo è la causa dell'allontanamento del timore.

Nel Vangelo di Giovanni troviamo un episodio che ci può aiutare a capire l'espressione «Sono io!» sulla bocca di Gesù.

"Giuda preso un distaccamento di soldati e delle guardie fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e armi. Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro «Chi cercate?». Gli risposero «Gesù il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Appena disse «Sono io!», indietreggiarono e caddero a terra" (Gv 18, 3-6).

Alcuni degli esegeti moderni che si prefiggono di eliminare quanto più possono il miracolo dalla Bibbia, dicono che i primi soldati, sorpresi di trovarsi inopinatamente di fronte a Gesù, indietreggiarono e fecero cadere alcuni dei loro compagni. Ma il racconto di Giovanni non dà fondamento alcuno ad una tale spiegazione. La maestà del contegno e delle parole di Gesù produsse sui soldati tutti un effetto potente, sicché indietreggiarono e caddero; ecco il senso semplice e diretto di questo versetto. La maestà divina produsse su di essi un effetto analogo a quello provato poi da Saulo di Tarso, e dai suoi compagni sulla via di Damasco (Atti 26:14): li vinse lo splendore della maestà di Cristo e per un momento rimasero come morti. Ben dice Agostino: "Col chiamarsi: IO SONO, atterra gli empi. Che farà quel giudice, colui che tanto fece essendo giudicato? Che farà regnando colui che tanto fece morendo?". Un tal miracolo, operato in un tal momento, aveva per scopo di dimostrare, così ai discepoli come ai nemici di Gesù, che egli non si lasciava arrestare e crocifiggere per non poterlo impedire, bensì perché era pronto a soffrire per i peccatori.

Ricordiamo che "Io sono" è il nome di Dio, rivelato a Mose: "Dirai agli Israeliti: «Io Sono» mi ha mandato a voi" (Es 3, 14).

Agli apostoli scoraggiati e impauriti sul lago di Tiberiade Gesù dice semplicemente: "Io sono!".
Tutto si acquieta, il cuore si rafforza, la paura svanisce.

L'episodio successivo, che ci mostra Pietro che cammina goffamente sulle acque, conferma come la fede nella presenza di Cristo sia l'antidoto alla paura. "Ma per la violenza del vento Pietro si impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?»" (Mt 14, 30-31).

Il terzo modo, quindi, in cui Dio incoraggia gli uomini è rassicurandoli della sua vicinanza potente e invitandoli a credere a questo semplice fatto.

IMITATORI DI DIO

Tutto questo ci ricorda che anche noi siamo chiamati ad avere un atteggiamento simile, gli uni verso gli altri.

Anche a noi Gesù chiede di "avere un cuore" (coraggio deriva da "cor habeo" = "ho un cuore").

Soprattutto ci invita a non "togliere il cuore" a nessuno: "Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per il necessario incoraggiamento, giovando a quelli che ascoltano" (Ef 4, 29).

Anche a noi Gesù ripete oggi l'invito: "Va' e anche tu fa' lo stesso!" (Lc 10, 37).

 

Ricerca avanzata  (53956 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: