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TESTO Commento su Geremia 20, 7-9, Salmo 62, 2-6; 8-9, Romani 12, 1-2, Matteo 16, 21-27

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XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/08/2011)

Vangelo: Ger 20, 7-9, Sal 62, 2-6; 8-9, Rm 12, 1-2, Mt 16, 21-27 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 16,21-27

In quel tempo, 21Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

L'Evangelo della precedente domenica, di cui l'odierno è il seguito, terminava col seguente versetto: "Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo". Il perché di quest'ordine è dovuto al fatto che questo titolo potrebbe essere frainteso e generare equivoci nei discepoli, che come tutti gli Israeliti, pensavano anch'essi che il Messia fosse un personaggio di successo. La risposta a Pietro "Và dietro a me, Satana" ne è la conferma. Il passo tra il sentirsi dire "Beato" e quello in cui ci sente dire "satana" è brevissimo; lo compiamo ogni volta che uscendo dalla sequela di Gesù presumiamo di indicargli la strada. ma chi si proclama cristiano deve prendere prendere la propria croce e seguire il Maestro nella strada che conduce alla risurrezione. Questa non è una strada comoda, facile da percorrere, ma è una strada faticosa, tutta in salita, segnata da prove ed amarezze, deve essere percorsa fino al calvario con amore, altrimenti la meta non viene raggiunta e la risurrezione non ha luogo.
La parola di Dio, fuoco divorante ( Ger 20, 7-9).
Geremia vive un'esperienza tormenta e si sfoga con il Signore con un'amarezza che rasenta la disperazione. Avrebbe preferito essere profeta di prosperità e di consolazione, ed invece lo è solo ed esclusivamente di contestazione. È tentato di abbandonare tutto, come qualche volta succede a noi allorché ci sorprendiamo a commettere sempre ed in continuazione gli stessi errori, ma la parola esercita su chi l'ascolta un fascino irresistibile ed una forza tale che ci tormenta fino alle lacrime a causa delle nostre ingiustizie.
Solo Dio può estinguere la nostra sete ( Sal 62, 2-6; 8-9).
Come la terra riarsa ha bisogno della pioggia per estinguere la sua sete e dare frutto, così anche noi, per portare frutto, abbiamo bisogno di Dio. Il Signore è l'unico nostro bene, il solo punto di appoggio su cui far leva per rendere fruttuosa la nostra vita, degna di Dio, espressione del nostro amore e della nostra riconoscenza per lui
Operare conformemente alla volontà di Dio è il vero culto ( Rm 12, 1-2).
Per S. Paolo il solo modello valido per offrire la nostra vita a Dio e non conformarci "alla mentalità di questo secolo" è Gesù. La mentalità del nostro tempo è fondata sulla religione del successo ed esso ha esercitato sempre un richiamo fortissimo anche nei tempi passati. Gli stessi discepoli ne erano dei validi cultori: "Dio te ne scampi, Signore", sono le parole di Pietro come risposta all'annuncio di sofferenza del Maestro. La sofferenza è dolorosa perché ci espropria di noi stessi, perché ci fa servi, perché ci umilia, ci abbassa ad inutili creature incapaci e ci obbliga a deporre l'orgoglio che tanto c'innalza.
A Dio non interessano le nostre preghiere e le nostre liturgie ma il nostro anelito a compiere, con la nostra vita, la sua volontà, che il Figlio imparo a compiere obbedendo alle cose che soffrì. Nessuna azione, nessun istante della nostra vita, sono accetti a Dio se non sono pieni di amore per lui e per il prossimo, quello più vicino e quello più lontano.
Pensare secondo Dio ( Mat 16, 21-27).
Soltanto la fede in Cristo diventa esperienza di Cristo. Solo con lui ed in lui si può "andare a Gerusalemme e soffrire molto", senza lui non c'è libertà nella scelta. È lui che ci dona il coraggio necessari per caricarci della croce e trasformarla in esperienza d'amore che, per i non suoi, ha il carattere della sconfitta e della debolezza. Amare veramente ci espropria della nostra vita, del nostro tempo, della nostra tranquillità, del nostro denaro. perché è come se l'avessimo ceduta alla persona che amiamo. La nostra vita la salviamo solo ad una condizione: dobbiamo essere disposti a perderla perché solo donandoci la ritroveremmo, solo chi muore risorge. Il giudizio comincia qui sulla terra ed il suo metro è la reale sequela di Cristo, porsi dietro a lui se seguirlo portando ciascuno la propria croce, cioè facendoci, come direbbe Isaia servi di tutti.
REVISIONE DI VITA
- Portare la nostra croce ci costa. La portiamo volentieri o cerchiamo di scaricarla sull'altro?

- Cerchiamo veramente il Regno, oppure altre realtà, per esempio il successo?

- Dio lo cerchiamo solo nel momento del bisogno, quando abbiamo qualcosa da chiedere o lo lodiamo per ciò che giornalmente da lui riceviamo e di cui non ci rendiamo neppure conto?

 

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