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TESTO Commento su Primo Re. 8, 15-30, Prima Corinzi. 3, 10-17, Marco. 12, 41-44

don Raffaello Ciccone  

X domenica dopo Pentecoste (Anno A) (21/08/2011)

Vangelo: 1Re. 8, 15-30, 1Cor 3, 10-17, Mc. 12, 41-44 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 12,41-44

41Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. 42Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. 43Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Lettura del primo libro dei Re. 8, 15-30
Finalmente si corona il sogno di Davide che aveva progettato di costruire un tempio magnifico, degno della gloria del Dio liberatore del suo popolo e liberatore della propria vita, pensa Davide, che sa di essere stato portato alla pienezza della gloria di re. Ma il Signore aveva rifiutato questo progetto dalle mani di Davide poiché le sue mani si erano macchiate del sangue dei suoi nemici.
Davide ha raccolto, comunque, materiali, danaro e tesori ingenti ed ha comprato il terreno su cui sarebbe stato costruito il tempio del Signore (2Sam24,18-25). La costruzione iniziò al quarto anno del regno di Salomone, figlio di Davide, e fu terminata sette anni dopo (1Re 6,37-38).
Nella liturgia, qui riportata in parte, si possono verificare due parti distinte celebrate dal re: un primo discorso che è insieme benedizione, ossia preghiera di ringraziamento e memoriale dei benefici offerti dal Signore stesso. E' il re l'unico officiante che prega, esorta e benedice. Sta svolgendo, come re, il grande compito del padre di famiglia del suo popolo. Nella riflessione interviene anche il messaggio di Dio, in prima persona, per cui il re è anche profeta, poiché parla a nome di Dio comunicando il suo pensiero.
Salomone, facendo memoria del progetto del tempio pensato dal padre, giustifica lo sfarzo e le spese e, insieme, ricorda Dio come garante della sua elezione. Tra fratelli e prima ancora nell'harem di Davide si è sviluppata una sorda lotta di successione, vinta da Salomone, scelto tra i figli rimasti di Davide per volontà espressa di Davide ma preparata dalla madre di Salomone, Bersabea.
La seconda parte è, propriamente, la preghiera "davanti all'altare, di fronte a tutta l'assemblea, e con le mani stese verso il cielo", in piedi come fa sempre l'ebreo, consapevole della sua dignità di creatura fatta da Dio con il suo soffio vitale. La richiesta fondamentale a Dio è quella che il Signore continui ad essere fedele, mantenendo insieme "alleanza e benevolenza (o fedeltà)" che sono propri del Dio d'Israele. Seguono perciò i ricordi di ciò che Dio ha offerto, aggiungendovi quindi la richiesta di nuovi favori. Nel linguaggio ebraico si ricordano "la bocca e la mano": cioè la promessa e la potenza. Nella preghiera traspare, insistente, la richiesta della continuità nella storia della discendenza di Davide e, insieme, lo stupore che un Dio, incontenibile per la sua grandezza, possa essere presente in questo tempio.
Ma c'è la fiducia di trovarsi nel luogo della presenza, più che nel luogo del culto poiché nelle parole di Salomone il tempio è fondamentalmente luogo della preghiera. C'è la preghiera di intercessione per altri e c'è l'intercessione per ottenere il perdono.
La preghiera insiste su un verbo fondamentale per Israele; "Ascolta" (ripetuto 5 volte) e c'è la consapevolezza che la preghiera nel tempio arrivi a percorrere le strade impercorribili dei cieli fino alla dimora di Dio.
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. 3, 10-17
Paolo richiama ai Corinzi la loro fragilità e superficialità: essi infatti continuano ad essere "carnali", o "neonati", senza maturità, capaci solo di bere latte e non capaci di mangiare cibo solido (3,1-2). Il segno di questa immaturità sono "l'invidia e la discordia" che sorgono nella comunità, divisa nel parteggiare per i diversi ministri del Vangelo, siano pure Paolo o Apollo.
Utilizzando due immagini, una agricola ed una edilizia, Paolo vuole ricordare che cosa è da attribuire agli operai e che cosa è fondamentale in questa opera di rinnovamento e di rigenerazione. I predicatori del Vangelo sono "servitori, collaboratori" e assomigliano ai contadini che irrigano, piantano, dissodano la terra, seminano. Ma chi fa crescere è il Signore.
L'altra immagine, quella edilizia, ripensa al valore insostituibile del fondamento.
E Paolo non teme di dire che "secondo la grazia di Dio, che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra" (3,10) e questo fondamento è Gesù. Su questo fondamento si costruisce, utilizzando diversi materiali. L'oro, l'argento e le pietre preziose indicano non tanto un materiale edilizio ma raffinati elementi che rendono preziosa la costruzione, e manifestano un buon lavoro, coscienzioso e responsabile a beneficio dei fedeli. Gli altri materiali, "legno, fieno e paglia", rappresentano un lavoro povero, fatto male e, probabilmente, per secondi fini. C'è una verifica e "il giorno del Signore" verrà a collaudare la solidità e la consistenza. Chi ha predicato il Vangelo, usando materiale di scarto, si salverà, ma come attraverso il fuoco, a fatica, poiché l'opera mal fatta risulterà inconsistente.
La Chiesa è perciò il tempio di Dio, il nuovo tempio in cui Gesù è presente, ed è costituita dall'assemblea dei credenti.
Si passa così dalla costruzione sontuosa e splendida di architetture che costituivano il vanto di una nazione, vedi il tempio di Gerusalemme nel tempo in cui Paolo scrive, alla realtà viva di un popolo che veramente, nella propria fede, conosce e celebra la presenza di Dio tra noi. Questo è il vero e autentico tempio di Dio. Fare del male a questa assemblea è peggio che distruggere un tempio. Per il Signore è una offesa gravissima.
Lettura del Vangelo secondo Marco. 12, 41-44
Gesù è nel tempio di Gerusalemme e sta insegnando (v38). Egli mette in guardia dalla mentalità e dalla operosità degli scribi. Non discute il loro compito né il loro ruolo nella comunità ebraica, ma il loro comportamento. Mostrano vanità ed ostentazione, pretendendo riverenza e privilegi, approfittano delle persone deboli e delle vedove "per divorare le loro case" e così inducono a costruire un mondo di furbi, si esibiscono in pratiche religiose impeccabili (12, 38-40).
Gesù è seduto di fronte al grande cassone dove vengono versate le offerte dei fedeli. Sente che i suoi sono affascinati dal rumore scrosciante delle monete che qualche ricco ha portato, e coglie l'occasione di offrire un esempio rovesciato di vera religiosità, aiutando i suoi a penetrare nel cuore di ogni persona, senza restare alle emozioni esterne o alle impressioni. Così indica una povera vedova.
Marco tiene a ricordare l'attenzione che Gesù mantiene circa la religiosità di alcune donne: la sconosciuta, che soffriva di emorragia, di nascosto, aveva toccato con fede il mantello di Gesù (Mc5,25); la sirofenicia si accontenta delle briciole che cadono dalla tavola del popolo di Dio ed ha commosso Gesù (Mc7,24-30); questa vedova offre tutto quello che ha; tra qualche giorno una donna offrirà il profumo in casa di Lazzaro a Betania (Mc 14,3).
Gesù ha ammirazione per la gratuità e la discrezione di questa vedova che dona tutto, che non si esibisce, né si lamenta della sua povertà.
Essa non fa parte del gruppo di Gesù e, probabilmente, non ha neppure sentito molto degli insegnamenti che Gesù ha offerto alle persone che lo hanno incontrato. Eppure Gesù la riconosce come una vera ospite del Regno, capace di scelte evangeliche poiché ha offerto, in modo totale, "tutto quello che aveva per vivere". Gesù spesso richiama la totalità e l'ha posta al vertice delle scelte che siamo incoraggiati a fare verso Dio. "Ama con tutto il cuore, tutta l'anima, tutta la mente e tutte le forze" (Mc12,30). E non a caso viene ricordato il numero 4 che corrisponde all'orizzonte del mondo. E con questo amore il nostro mondo deve potersi aprire anche al prossimo.
Nel testo si contrappone il molto e il tutto; e si entra, qui, in una dimensione radicale da cui non ci si può liberare facilmente.
Questa radice resterà comunque ad interrogarci anche quando altri potrebbero apprezzarci per ciò che diamo o per ciò che facciamo.
La riflessione a cui Gesù vuol portare è anche il coraggio di saper vedere oltre le apparenze. Non è il tanto, il cumulo, l'abbondanza che conta agli occhi di Dio. A noi può sembrare una grande conquista, può rappresentare la soluzione di molti problemi e, probabilmente, con la quantità molto si decide.
Ma agli occhi di Dio valgono, in particolare, l'interiorità e la pienezza del dono, a somiglianza di ciò che il Signore ha fatto. Egli ci ha dato il suo Figlio, ce lo ha consegnato nelle mani, non è intervenuto a castigare né lo ha sottratto dalle mani degli uccisori. Ha accettato di offrire fino in fondo la sua pienezza.
E Gesù propone alla sua Chiesa questi stessi parametri e questi stessi cammini di maturazione.

Visitate il sito www.liturgiagiovane.it ed il relativo blog, sul quale è possibile aggiungere i vostri commenti, osservazioni, suggerimenti, proposte.

 

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