TESTO Commento su secondo Samuele. 12, 1-13, seconda Corinzi. 4, 5b-14, Luca. 13, 22-30
don Raffaello Ciccone Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza
IX domenica dopo Pentecoste (Anno A) (14/08/2011)
Vangelo: 2Sam 12, 1-13, 2Cor 4, 5b-14, Lc 13, 22-30
1Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
3Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. 4Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. 5Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».
6Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: 7«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». 8E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? 9Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? 10Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, 11dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». 12Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».
Lettura del secondo libro di Samuele. 12, 1-13
Davide è un uomo intelligente, passionale e, insieme, violento, vendicativo e fedele a Dio. La sua vita è raccontata dall'autore biblico come un insieme di infiniti episodi di protezione, di misericordia da parte di Dio, ma anche di guerre, di conquiste e di tragedie familiari.
Natan è un amico di famiglia che si è assunto il compito di essere la coscienza critica del re, poiché ogni re doveva rappresentare la giustizia di Dio con tutte le caratteristiche di intelligenza, di rettitudine e di misericordia.
Chi deve fare giustizia deve essere, lui prima di tutto, giusto.
Natan non fa una predica a Davide ma racconta una parabola di vita quotidiana in cui si riflettono i vizi e le virtù, le giustizie e le ingiustizie.
Davide ha peccato, inizialmente, sotto l'impeto della passione ma anche di stordimento e di pigrizia. C'è una guerra in corso, ma egli ha preferito restare a Gerusalemme e mandare il suo esercito, sicuro di vincere e sazio di beni. L'adulterio con Bersabea è considerato un fatto occasionale, disposto a dimenticarlo se non ci fosse stato, in seguito, l'annuncio del concepimento di un figlio. A questo punto il re deve preoccuparsi della sua reputazione, e sente che quel figlio concepito da una donna sposata non può essere suo agli occhi del suo popolo. Così organizza, con astuzia e perfidia, una scappatoia che produce disastri, lacerazioni e morte. Ma raggiunge lo scopo di sentire della morte di Uria per mano dei suoi nemici. Così si sente tranquillo ed in pace con se stesso. Anzi dimostra magnanimità poiché agli occhi di tutti Davide si fa protettore delle vedove e accoglie nel suo harem e nella sua reggia chi è rimasta sola.
Dio smaschera l'ipocrisia attraverso il suo profeta che deve diventare un coraggioso difensore della legge di Dio.
Davide seriamente viene ricondotto alla consapevolezza e seriamente chiede perdono.
E Davide si sente perdonato attraverso le parole del profeta. Ma ascolta anche un futuro di tragedia sulla propria casa.
Questo testo è probabilmente frutto della riflessione teologica successiva che rilegge le vicende di Davide e cerca di cogliere il senso di ciò che spesso viene chiamato il castigo di Dio. E' il male che produce da sé le tossine ed il veleno. Già nel Primo Testamento si dice:"Il male si riverserà su chi lo fa" (Sir 27,27) e il profeta Geremia ricorda che "La tua stessa malvagità ti castiga e le tue ribellioni ti puniscono" (2,19).
Infatti almeno tre dei figli di Davide moriranno in modo violento, e al di là del pensiero corrente del castigo di Dio, Davide è stato incapace ad educare i propri figli i quali si sono alimentati, in particolare, dell'orgoglio e dello spirito violento di Davide stesso.
Il male produce male nella società, nella famiglia, nel quartiere e diventa difficile contrastarlo. Eppure la lotta contro il male è il compito di ciascuno, superando diffidenze e contrasti. Dio stesso perdona.
Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. 4, 5b-14
Paolo viene contestato nella sua comunità di Corinto da persone che vengono dall'esterno e quindi da credenti che hanno accettato critiche e diffamazioni. Paolo sa di dover vivere una testimonianza faticosa e tuttavia non vuole scoraggiarsi perché questo suo ministero è frutto della misericordia del Signore verso di lui.
Egli sta rivendicando la sua franchezza nell'annunciare il Vangelo e riprende perciò una riflessione che aveva troncato alcuni versetti prima: "Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza" (3,12). E non fa come Mosé (3,7-17) il quale, dopo aver parlato con Dio, mostrava sì un volto luminoso che inizialmente abbagliava i suoi ascoltatori. Ma poi, dice Paolo, quella luminosità veniva meno e Mosé continuava a tenere il velo perché non ci si accorgesse che quella luce era "effimera". Paolo rivendica di essere stato sincero, senza astuzia e senza falsificazioni. La sua luce non è effimera. E' quella che Gesù sa offrire ad ogni credente in Lui.
Accettando di rispondere ad ogni coscienza e a Dio stesso che lo aveva inviato, rivendica il suo apostolato. Si rende conto che alcuni avversari hanno reagito con diffidenza, negandogli fiducia. Di loro è preoccupato, soprattutto perché la loro incredulità può essere pensata come conseguenza di un cattivo comportamento di Paolo stesso. Paolo invece insiste che è il Dio di questo mondo che li ha accecati e non sanno vedere "lo splendore del Vangelo glorioso di Cristo che è immagine di Dio".
La luce di Gesù ha iniziato a splendere nel cuore degli apostoli e di Paolo. Il loro compito è quello di far splendere, a loro volta, la luce di Gesù nel mondo, portata dalla testimonianza della fede di chi ha vissuto con Gesù e ha condiviso con lui il cammino.
E tuttavia, mentre si difende, riconosce che il Vangelo è custodito in vasi di creta, nella sua debolezza e infermità. Ma più che riferimento al corpo (lettura greca) c'è la consapevolezza della fragilità di tutta la persona (lettura ebraica). Eppure proprio questa fragilità manifesta "la potenza straordinaria di Dio". Paolo sa che la sua vita non è un grande esempio di successo o di popolarità, perché "tribolati da ogni parte" ma non disperati, perseguitati eppure soprattutto coscienti di non essere abbandonati.
Paolo è consapevole che l'operosità e la missione che lo stimolano lo fanno diventare fiducioso agli occhi di coloro che incontra. Egli ha creduto e quindi parla. E così, nonostante la propria fatica, i cristiani di Corinto sono santificati dallo Spirito che vivifica ciascuno, e sono consci che la fede alimenterà ogni giorno la convinzione della risurrezione, "ponendoci accanto a lui" nella gloria.
Lettura del Vangelo secondo Luca. 13, 22-30
Il racconto che Marco sviluppa ha un forte messaggio teologico e segue le grandi scelte che Gesù ha operato.Nel primo capitolo l'inizio della predicazione di Gesù corrisponde al "lieto annuncio" che affronta, insieme, le emarginazioni del suo tempo: guarisce l'indemoniato (lotta contro l'alienazione), guarisce una donna, la suocera di Pietro (lotta contro la discriminazione femminile) e guarisce il lebbroso (lotta contro l'esclusione sociale). Tutti e tre sono rimessi al centro dell'attenzione ed accolti nella convivenza umana.
Nel II capitolo l'accoglienza si allarga al mondo intero, paralizzato dal male, incapace di cammino e condannato.
L'incontro con Gesù è curioso. La casa, dove Egli insegna, è piena di gente, con i grandi ed esigenti cultori della legge ed è impraticabile da chiunque altro voglia incontrare. Questa casa rappresenta la "Casa d'Israele" entro cui ci si trova e si discute.
Quattro portatori ed un paralitico non sanno come incontrare Gesù e quindi inventano un approccio completamente nuovo, imprevedibile, che obbliga a far posto. E' come sventrare la casa per aprire un varco anche agli estranei, agli altri impensabili ospiti non graditi. Il numero 4 dei portatori ci offre l'indizio che qui siamo di fronte all'umanità intera, impoverita, paralitica, incapace di soluzione. Solo Gesù è una speranza. E senza che nessuno chieda niente, neppure il paralitico, basta che ci si trovi, faccia a faccia, con Gesù perché Egli accetti di entrare nel merito di questa povertà e va alle radici. Siamo in un mondo desertificato dal male e dal peccato. Finché nessuno sa dire una parola autentica di perdono e finché non c'è qualcuno che garantisce che Dio, comunque, ti è amico, il mondo continua nella sua paralisi e nella sua disperazione.
Di fronte al male si sono trovate tante ipotesi.
Si è pensato che fosse una macchia da lavare o un peso da appoggiare sulle spalle di qualcuno. Da qui i richiami ai bagni rituali o alle tante cerimonie in cui venivano impiegati il sangue, il fuoco o gli animali in sacrificio e i capri espiatori che poi venivano inviati a morire nel deserto, avendoli caricati dei peccati del popolo.
Si è anche pensato al peccato come una ingiustizia nei confronti di un altro uomo e quindi non si è pensata altra soluzione se non il riparare il danno arrecato.
Si è anche pensato che non ci fosse possibilità di redenzione di fronte al male che corrode e si espande. Così si pensava e si pensa che finalmente verrà Dio giudice e distruggerà i malvagi.
Gesù si rivolge al paralitico chiamandolo "Figliolo" con tenerezza. L'umanità è sempre stata amata da Dio e i sentimenti sono espressi "dall'amore viscerale" della donna verso il suo bambino (significato del termine "amore di Dio" in ebraico).
Ogni persona, anche se non pentita, resta figlio amato di Dio.
Il giorno in cui prendiamo atto del perdono di Dio poiché accettiamo di essere amati, nonostante ciò che facciamo, e provvediamo a cambiare stile di vita sulla linea che Gesù ha suggerito, quel giorno il perdono di Dio, già presente e già offerto, diventa operativo e ci offre la possibilità di collaborare con il Signore a cambiare il mondo.
Il compito di Dio non è quello di punire ma quello di sradicare dal male.
Lo stupore degli scribi si sviluppa non solo per il perdono accordato, ma perché è un perdono dato da un uomo. La parola nuova di una comunità, in particolare dei discepoli di Gesù, è capace di abilitare le persone a riprendere la propria strada, a tornare a casa propria.
In sintesi:
- Davide riconosce il male fatto ed è perdonato pur dovendo, poi affrontare, i problemi della violenza che il male ha suscitato.
- San Paolo si rende contro della fragilità propria e degli altri, ma sa di poter confidare nel Signore.
- Gesù avvisa la sua comunità che, con la sua croce, ha perdonato i peccati di tutti e invita noi a testimonianza di pace e di non violenza.
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