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TESTO Chi ha orecchi, ascolti!

mons. Gianfranco Poma

XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (17/07/2011)

Vangelo: Mt 13,24-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 24espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. 28Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. 29“No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio”».

31Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. 32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».

33Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

34Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, 35perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:

Aprirò la mia bocca con parabole,

proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.

36Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». 37Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. 38Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno 39e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. 40Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità 42e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!

Forma breve (Mt 13,24-30):

In quel tempo, Gesù 24espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. 28Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. 29“No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio”».

Continua, nella domenica XVI del tempo ordinario, la lettura del "discorso in parabole" (Matt.13,24-43). Guardando la struttura del Vangelo di Matteo, questo discorso si trova al centro, per sottolineare, anche con la sua collocazione, l'importanza del messaggio che esso vuole comunicare. Si tratta di una pagina profondamente rielaborata dall'evangelista che ripensa alle parole di Gesù alla luce della vita della comunità cristiana nascente, delle situazioni e delle difficoltà che incontra, delle domande e dei problemi che nascono nel cuore dei credenti. Certamente Gesù non ha pronunciato in un unico discorso questa serie di parabole: gli esegeti studiano l'opera redazionale di Matteo che partendo dalle parabole pronunciate da Gesù in diverse situazioni, le ha collegate, le ha sviluppate e le ha messe in un contesto preciso, per arrivare a comunicare un messaggio ricco, articolato, sul quale la Chiesa e i Padri della Chiesa sin dall'antichità hanno riflettuto fino ad arrivare alla sintesi che oggi è chiamata "la teologia della storia". Sono ancora gli esegeti che si pongono la domanda se sia possibile, partendo dalle pagine del Vangelo, risalire alle parole autentiche di Gesù:: essi concordano nell'affermare che Gesù con parole essenziali rivela sempre il mistero di Dio presente nella storia, mentre l'intervento dell'evangelista è in funzione della risposta che la comunità credente è chiamata a dare alla rivelazione. Questo è molto importante per noi: Gesù ".non parlava se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo" (Matt.13, 34). Gesù, con le sue parole, i suoi gesti, la sua vita, la sua umanità, Lui stesso, è la "parabola del Padre": Lui ci introduce nel mistero di Dio, Lui ci apre alla dimensione misteriosa, divina, della nostra vita. Almeno tre volte, anche San Paolo, dice che Gesù ci ha rivelato il mistero nascosto in Dio: Rom.16,25;1Cor,2,7; Col.1,26. E' molto importante, leggendo le parabole come le troviamo nel Vangelo che non ci lasciamo prendere solo dalla preoccupazione di ciò che noi dobbiamo fare, ma che prima ci lasciamo illuminare dalla rivelazione che Gesù vuole comunicarci: solo la bellezza della contemplazione del mistero di Dio a cui Gesù vuole introdurci aprendo i nostri occhi e i nostri orecchi, cambia la nostra vita. Anche per questa via possiamo accogliere il messaggio del Vangelo di Matteo: Gesù è il compimento del cammino compiuto da Dio per parlare agli uomini: "Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità vi dico, molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate e non lo videro.".. "chi ha orecchi, ascolti". E comprendiamo la novità cristiana: se il popolo d'Israele molte volte proclama davanti a Dio: "Noi abbiamo fatto e ascoltato", dando il primato all'osservanza della Legge, i discepoli di Gesù sono felici perché hanno "visto e udito" e perché "figli della luce" possono rispondere alla Parola di Dio "Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo". Con questa frase così semplice, Gesù solleva il velo che ci impedisce di vedere ciò che è da sempre davanti ai nostri occhi: tutto ciò che esiste è creatura di Dio e come dice la prima pagina della Genesi, "è buono". Tutto ciò che esiste, come creatura è fragile, limitato, ma è buono: tutto ciò che esiste è un atto di amore dell'infinito Amore, è una goccia dell'infinito oceano. Dio per creare si fa piccolo, fragile, ma è pur sempre amore. Gesù ci parla della propria esperienza: "egli, pur essendo nella condizione di Dio, non volle mantenere gelosamente la sua uguaglianza con Dio, ma svuotò se stesso, assumendo la condizione di servo, diventando simile agli uomini. Apparso come uomo, si fece piccolo, sottoponendosi persino alla morte, alla morte di croce. Per questo Dio lo esaltò." (Filip.1,5ss.) Dio è un mistero incontenibile di Amore, che si inabissa, si annienta.ma quanto più si fa piccolo, tanto più è Amore. Ed è questa la grande rivelazione: da Dio non viene il male, viene soltanto ciò che è buono, magari fragile, ma frutto dell'infinito desiderio di Dio di donarsi. Per Gesù la croce stessa è il momento del grande abbraccio con il Padre: lo sguardo rivolto alla croce si apre infatti allo splendore della risurrezione. "Credere l'Amore", sempre, è dunque la grande proposta di Gesù.

Ma questo non può non suscitare le grandi domande: perché c'è tanto male nel mondo? Perché la presenza del regno dei cieli non ha eliminato dal mondo ogni tipo di sofferenza e di peccato? "Signore, se tu hai seminato del buon seme, da dove viene la zizzania?" Gesù nella parabola dà una risposta che rimane aperta all'interpretazione di chi parla della "teologia della storia" e degli attuali esperti di psicologia e di psicanalisi che indagano la complessa profondità dell'uomo. Dice Gesù: "Mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò". La creazione, l'uomo, tutto è dono d'amore di Dio, ma è solo una piccola e fragile goccia: in questa partecipazione fragile all'infinito di Dio sta la radice della complessità drammatica della storia. Rimane il mistero della relazione della creazione con il creatore: rimane l'oscurità, rimane l'incomprensione, il sonno nel quale si innesta il nemico, "il diavolo". "colui che divide". Quando il figlio maggiore comincia a dubitare dell'amore del Padre perché ama il figlio minore, si spezza la fraternità (Lc.15) Quando Caino comincia a guardare al fratello come a un rivale, arriva ad ucciderlo. Quando ciascuno di noi ha paura della propria fragilità, non l'accetta, mette la maschera, anziché gustare ciò che ha e vedere l'altro come fratello con cui scambiare i propri doni, "separa", rompe la famiglia umana; la relazione uomo-donna, le relazioni sociali, tutto può essere vissuto come meravigliosa ricchezza, comunione, gioia. Tutto dipende dal credere l'Amore" che giunge a noi nella fragilità, nella condivisione: nell'oscurità "diabolica", in uno sguardo privo di amore, la fragilità, diventa fonte di gelosia, di giudizio, di condanna, di male.

"Lasciate crescere l'una e l'altro": è sconvolgente questa indicazione di Gesù! Tutto il nostro impegno la contraddice: noi vogliamo essere "perfetti", vogliamo una Chiesa "perfetta", una società "perfetta", una umanità "perfetta" e nel "nostro volere" giudichiamo, separiamo, combattiamo e ci sostituiamo a Dio che ama "questo" mondo sino al dono del proprio Unigenito. Solo accettando la nostra fragilità, solo amando la fragilità degli altri, possiamo "fare bello" il mondo: questa, per Gesù, è l'indicazione fondamentale, per cogliere e vivere il senso della storia.

Egli parla poi di "fine del mondo": in realtà l'espressione greca usata da Lui è più complessa e significa il "raggiungimento comune del fine del tempo": è il momento nel quale le fragilità delle creature entrano nella pienezza del creatore, le gocce rientrano nell'oceano e viene meno ciò che è stato solamente l'immagine falsificata del mondo, mentre rimane solo l'Amore.

 

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