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Marco Pedron  

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (03/07/2011)

Vangelo: Mt 11,25-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo Gesù disse: 25«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Qui c'è un'esplosione di giubilo di Gesù, un momento di commozione, di illuminazione, di consapevolezza, di stupore. E' quando all'improvviso tutto ti diventa chiaro. Fino ad un attimo prima non riuscivi a comprendere niente e poi all'improvviso tutto si apre: "Adesso capisco; adesso tutto è chiaro".

Per capire queste parole dobbiamo capire cosa succede prima, in quale oscurità Gesù si trova. Gesù pensava di poter cambiare la religione del suo tempo, ma...

Il momento che Gesù vive non è facile. Dagli scribi è considerato un bestemmiatore (9,3) e meritevole della pena di morte. I farisei hanno iniziato una campagna denigratoria nei suoi confronti. Non possono negare ciò che compie (miracoli, guarigioni) e così lo accusano di stregoneria (scaccia demoni in nome di Beelzebul, 9,34); attaccano inoltre la sua reputazione ("è un mangione e beone", 11,19).

Ma non è tutto. Le principali città della Galilea non sembrano minimamente sfiorate dal suo insegnamento. Prima di questo brano Gesù se la prende con Corazim e Betsaida e dice: "Se Tiro e Sifone (città pagane, nemiche storiche di Israele) avessero visto ciò che voi avete visto (i miracoli) si sarebbero già convertite" (11,20-22).

Gesù è deluso: "Con tutto quello che è successo! Con tutto quello che avete avuto la fortuna di vedere! Ma come fate a non credere? Ma quanto siete ostinati!". Perché non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere e sordo di chi non vuol sentire.

Ad una donna è stato diagnosticato un tumore maligno. La diagnosi era nefasta. Un'amica la indirizza da uno che faceva risalire il tumore ad un conflitto che lei avrebbe vissuto. La cosa le sembrava strana ma diceva: "Perso per perso, le proviamo tutte!" (tutto questo gratuitamente da parte del curante). Ha funzionato. Quando tutti la davano per spacciata è riuscita a guarire. Qualche mese dopo ha denunciato il tipo per metodologia non convenzionale: "Ma ti ha guarito, non ha voluto soldi, non ti ha chiesto cose impossibili, ti ha detto solo di crederci e di avere fede; ti ha fatto fare cose semplici e ti ha guarito del tutto. L'hai visto tu! L'hai sperimentato sulla tua pelle! Com'è possibile?". Chi non vuol vedere, non vuol vedere. Chi è "ricco" di sé, di come le cose dovrebbero essere e andare, non può vedere.

Ma l'amarezza più grande di Gesù è rivolta per la sua città (9,1): Cafarnao. Lì ha compiuto i gesti più significativi di liberazione ma non è servito a nulla. Se tali cose le avesse compiute a Sodoma (città inospitale per definizione nella Bibbia, Gn 19) questa si sarebbe convertita. Cafarnao no.

Gesù è profondamente deluso e triste: "Con tutto quello che ho fatto, come fate a non credere?". Qui c'è il volto umano di Gesù, che, come tutti noi, non capisce e non si dà spiegazione di certi comportamenti.

Tu fai il bene, insegni ad amare, a non giudicare, porti accoglienza e dignità dove mai è stata sperimentata, guarisci, liberi, aiuti a ritrovare il proprio volto deturpato dalle ferite della vita, a ritrovare il senso di una strada persa o mai trovata, a ritrovare la gioia e l'emozione di vivere e poi la gente ti rifiuta, ti gira le spalle, ti accusa, ti attacca, ti si scaglia contro come il peggiore dei nemici. E ti chiedi: "Ma cos'ho fatto di male?". In realtà: "Niente".

Quando ti trovi in questa situazione sei vicino al primo salto spirituale: passare dal fare ciò che fai a partire dal riconoscimento degli altri, al farlo a partire dalla tua motivazione interiore.

Un animatore dei centri estivi è stato accusato dalla gente di intascare soldi, quando lui presta servizio gratuitamente per un mese! Qui c'è il salto: o lo fai a partire da ciò che hai dentro o mandi tutti a quel paese e molli.

C'è uno psicologo che gratuitamente fa dei bellissimi incontri e aiuta i genitori nella relazione con i figli ma alcuni dei suoi colleghi lo attaccano (invidia!) e lo denigrano (anche perché li fa gratuitamente). O lo fai perché ci credi, per una motivazione tua, interna o molli tutto!

E' famosa la preghiera di Madre Teresa: "Gli uomini sono irragionevoli, illogici ed egoisti, amali lo stesso. Quando fai il bene, diranno che lo fai per motivi egoistici e per secondi fini, ma tu continua a farlo. Quando hai successo, ti fai dei falsi amici e dei veri nemici, ma tu continua ad averlo. La sincerità e la franchezza ti rendono vulnerabile, ma tu continua ad essere sincero e franco. Quel che hai costruito in anni di lavoro può andare distrutto in una notte, ma tu continua a costruire. Del tuo aiuto c'è realmente bisogno ma forse la gente ti attacca quando l'aiuti, tu però, aiutala ugualmente. Da' al mondo il meglio di te, e ti tratteranno a pesci in faccia, ma tu continua a dare il meglio di te".

E dobbiamo notare che Betsaida, Corazim e Cafarnao erano tutte sedi di sinagoghe. E le sinagoghe sono apertamente ostili a Gesù (10,17: "Vi flagelleranno nelle loro sinagoghe"). La sinagoga non solo dominava le persone ma faceva credere loro che essere dominati fosse un bene. E Gesù constata la sua impotenza: se uno vuole essere dominato dalla religione non c'è niente da fare.

Se una persona non ha un motivo vero per vivere, se la sua vita è inutile o se semplicemente non è capace di reggere la sofferenza di cercare la verità, di trovarla di persona, che cosa fa? Si vende a qualche idea. Così si convince di avere un motivo nobile e alto per vivere. Se si vende ad un'idea religiosa, allora, crede di avere pure una missione religiosa, di avere un mandato da Dio per fare ciò che deve fare e per dire ciò che deve dire (pensate ai terroristi religiosi). Se uno è dominato dalla religione, cioè se le ha affittato il cervello, è un uomo perso. Non c'è niente da fare: perché stai combattendo contro "Dio" (crede lui!), non hai speranze.

Vi ricordate quand'eravamo piccoli e dovevamo prevalere sul nostro amichetto: "Guarda che lo dico a mio papà; guarda che mio papà è poliziotto; guarda che il mio conosce il capo della polizia; guarda che il mio è avvocato; guarda che il mio conosce il presidente della repubblica". Se uno dicesse: "Guarda che il mio è Dio", cos'altro puoi dirgli? Ha vinto, ovvio!

Anche Gesù non ha potuto nulla contro quelli che si credevano mandati da Dio, suoi intermediari, e, paradosso, in nome di Dio proprio Lui, il Figlio di Dio, è stato ucciso da quelli che si ritenevano gli inviati di Dio.

S. Teresa d'Avila diceva: "Dio ci liberi da quelli che si credono santi; se quel signore non fosse così "santo", sarebbe più facile convincerlo che si sbaglia".

Ciò che stupisce di Gesù è la sua reazione. In una situazione di delusione e di scoraggiamento, lui innalza un inno alla vita e si lascia stupire da ciò che Dio fa. Gesù non cade nella trappola del negativismo: vede il male, vede l'ottusità e l'oscurità ma sa vedere tutto il bene e la meraviglia che c'è nel mondo.

C'è il male nel mondo? Certo e più cerchiamo e più ne troviamo. C'è il bene nel mondo? Certo e più cerchiamo e più ne troviamo. C'è negatività nel mondo? Oh sì tantissima e più la cerchi più la trovi. C'è positività nel mondo? Oh sì, tantissima e più la cerchi e più la trovi. Tutto dipende dai tuoi occhi: cosa cerchi? Perché troverai ciò che vuoi trovare; troverai nient'altro ciò che cerchi.

Due uomini guardano fuori dalle sbarre della prigione: uno vede il fango e l'altro le stelle.

Quando ti guardi allo specchio, cosa vedi? Se cerchi un bel sorriso con i denti allineati, una pelle perfettamente liscia e tonica, magari non li trovi. Se cerchi le rughe, invece, le trovi tutte. Troverai ciò che cerchi. Se cerchi il viso di un uomo che prova ad amare, che si appassiona, che ha raggiunto dei successi e che ha commesso dei fallimenti, ma che crede ancora nella vita, anche questo troverai.

Quando guardi tuo figlio cosa vedi? Se vedi che non si è laureato, che ti ha deluso, che non è come tu volevi, beh, ne sarai parecchio deluso e ti dirai che, come genitore, hai fallito. Se guardi che sta germogliando, che ha la forza della vita, la luce negli occhi, che fa le sue scelte nella libertà, allora non potrai che gioire ed essere orgoglioso di quel tuo figlio.

E quello che ti succede nella vita? Una crisi può essere un dramma ma anche la grande occasione della tua vita. Niente è veramente negativo; tutto dipende dai tuoi occhi. Il pessimismo o l'ottimismo non è dovuto a ciò che succede fuori ma a ciò che tu hai dentro.

Il pittore James Whistler voleva intraprendere la carriera militare ma fu cacciato fuori dall'accademia di West Point. Cosa negativa? Dipende! Era così depresso che, come terapia, abbracciò la pittura.

Il cantante Julio Iglesias, voleva essere solo e nient'altro che un giocatore di calcio. Ma un giorno fu ferito e addirittura restò paralizzato per un certo periodo. Cosa negativa? Dipende! Un'infermiera gli portò una chitarra per aiutarlo a far passare il tempo... e non si fermò più di suonare.

C'è una storia orientale eloquente a questo proposito: "Un giorno Akbar e Birbal andarono a caccia nella selva. Sparando col suo fucile, Akbar si ferì il pollice e gridò di dolore. Birbal gli fasciò il dito e lo consolò con le sue riflessioni filosofiche: "Maestà, non sappiamo mai ciò che è bene o è male per noi". L'imperatore si infuriò e scaraventò il ministro nel fondo di un pozzo abbandonato. Poi continuò a camminare solo per il bosco. Frattanto un gruppo di selvaggi gli venne incontro in piena selva, lo attorniò, lo fece prigioniero e lo trascinò davanti al suo capo. La tribù stava preparandosi ad offrire un sacrificio umano e Akbar fu accolto come la vittima che Dio aveva loro inviato. Lo stregone della tribù lo esaminò attentamente e notando che aveva un pollice rotto, lo respinse perché la vittima prescelta non doveva avere nessun difetto. Allora Akbar si rese conto che Birbal aveva avuto ragione, provò rimorso per il suo gesto inconsulto, tornò correndo al pozzo nel quale lo aveva gettato, lo trasse fuori e gli chiese perdono per il male che, tanto ingiustamente, gli aveva causato. Birbal rispose: "Maestà, non deve chiedermi perdono, perché non mi ha fatto alcun male. Al contrario, mi ha fatto un grande favore: mi ha salvato la vita. Infatti, se non mi avesse scaraventato in questo pozzo, io avrei continuato a camminare al suo fianco e questi selvaggi avrebbero preso me per il loro sacrificio. Come vede, Maestà, non sappiamo mai se una cosa sia bene o male per noi ".

Buona fortuna? Cattiva fortuna? Chi lo sa? Lasciamo fare alla Vita.

Ciò che Gesù sta vivendo non è affatto bello né gratificante. Eppure tutto questo non gli impedisce di tenere un cuore capace di stupirsi, di meravigliarsi, di cantare, di gioire, di sorridere e di amare. Con l'aria che "tirava attorno" non c'era mica tanto da ridere per Gesù. Eppure Gesù era capace di sorridere, di tenerezza, di abbracciare, di cantare, di stupirsi e di benedire.

Non permettere che i fatti della vita induriscano o inacidiscano il tuo cuore. Tienilo vivo; tienilo libero.

L'esperienza di Dio è così grande che l'unico sentimento adeguato è lo stupore. Cioè: non ci sono parole.

Mistica, da miein, in greco, vuol dire proprio questo: "Non ci sono parole, troppo grande". Lo stupore è poter vedere la forza e la bellezza della vita al di là di ciò che succede o di ciò che sembra. Lo stupore è questione di fede: vedo i problemi, le difficoltà, il negativo, ma non permetto che tutto questo distrugga ciò che sono, la mia felicità, il Dio che mi abita dentro.

Se il medico del corpo fa gli esami del sangue per vedere se il corpo è sano, il medico dell'anima fa l'esame alla capacità di meravigliarsi, di stupirsi, di piangere e di commuoversi per vedere se è ancora sana e viva.

Lo stupore è fare l'esperienza che c'è un di più che ci supera e lasciare che ci entri dentro. Non è il saperlo con la mente ma è il lasciarsi coinvolgere con il cuore. Il bambino vive di questo.

Il bambino non sa che la mamma lo ama, lo sente. Il bambino guarda una foglia, le stelle o un gatto e ne vede un mistero dietro, si stupisce, gli sorride e gli vuole bene.

Un giorno chiesero ad Einstein quale fosse la forza che lo aiutasse nel suo continuo studio. Rispose: "Lo stupore. La meraviglia della vita è l'unica forza che mi spinge nella mia vita e nel mio lavoro".

Una tradizione araba dice che "finché ci sarà anche un solo uomo che si alzerà al mattino e guardando il sole loderà Dio, il mondo non finirà". Cioè: lasciatevi stupire da quello che vi circonda.

I mistici a volte dicono: "Signore potrei morire perché sono colmo di gioia". Cioè: la vita è bella, grande, colma, ricca, entusiasmante (a volte anche tragica), meravigliosa da essere quasi sazio.

Nel film American Beauty, uno dei personaggi diceva: "C'è così tanta bellezza nel mondo", e si vedeva un sacchetto di plastica danzare, volare nel vento. Per chi ci vede, c'è così tanta bellezza.

Se tu lasci che il volto, il cuore di tua moglie ti entri dentro... allora la vita è amore. Se tu lasci che il cielo o le stelle ti entrino nel cuore... allora la vita è colma. Se tu lasci che la passione per una causa giusta ti invada... allora la vita è significativa. Se tu ti lasci toccare dalle parole di un uomo... allora sentirai che la vita è comunione. Se tu ti lasci toccare dal pianto, dalla sofferenza di un uomo... allora sentirai che la vita è umana. Se tu ti lasci toccare da ciò che vedi, da ciò che senti, da ciò che succede... allora non capirai Dio perché nessuno lo può capire, ma saprai che c'è. Se tu vivi così, ricevendo, accogliendo, imparando... allora la vita sarà sempre ricca, sarà sempre piena, sarà sempre colma, sarà sempre leggera e sarà bello vivere.

Gesù si rivolge a tutti gli affaticati e gli oppressi.

Affaticati e oppressi era tutta la povera gente che non riusciva a sostenere il culto pesante della legge ebraica con tutte le sue prescrizioni e le sue decime (per i poveri era impossibile essere bravi religiosi).

Oppressione possono essere quelle regole religiose che ci incatenano, che non ci lasciano amare, che ci condannano dopo certi errori. Anche se le regole religiose ci condannano, Gesù ci chiama e ci accoglie per andare da lui. Lui aspetta proprio noi.

Molte persone dopo aver divorziato non possono più accedere alla comunione e alla confessione. Per loro è un grave peso. Spesso viene sentito come un'onta, un giudizio, una condanna. Sappiano che Gesù li accoglie sempre, che sono sempre i benvenuti e gli aspettati da Lui.

Oppressione per altre persone è il non riuscire a venir fuori da certi tunnel. Un uomo non riesce a smettere di bere. Ci sta provando davvero, ce la mette tutta, per un po' ce la fa ma alla prima frustrazione ci ricade. Forse la sua volontà è stata troppo ferita. Allora si sente indegno di Dio. Ma Dio accoglie tutti coloro che si sentono affaticati e oppressi.

Oppressione per altre persone è il pretendere da sé l'impossibile. Una donna è stata abbandonata dal marito, ha due figli adolescenti, e non è facile educarli da sola. Lei ci prova ma si accorge che da sola non basta, si accorge che caratterialmente le è difficile a volte essere dura su certe scelte dei figli. Allora si addossa tutte le colpe e si sente una cattiva madre. E' oppressa da questo peso: ma Gesù la conosce, vede tutto il suo impegno e la chiama a sé perché non si giudichi troppo e sia contenta di tutto quello che fa.

Gesù è la casa di tutti quelli che faticano a vivere, di tutti quelli che si sentono feriti, di tutti quelli che sono oppressi da pesi e dolori grandi. Quando ti senti così vai da Gesù. Lui ti accoglie e da Lui puoi trovare un po' di pace e di ristoro.

Oppressione per altri è l'ingiustizia subita. Una donna vive da sola. Ha due figli e il mutuo della casa. Ha solo la terza media e non può abbandonare il lavoro. Ma il suo datore la sfrutta: vigliaccamente sa che non può andarsene adesso e se ne approfitta.

Molti padri di famiglia si sentono con l'acqua alla gola: hanno una famiglia da portare avanti e i soldi non bastano mai. L'ansia li rende nervosi, si sentono sminuiti e incapaci di provvedere alla loro famiglia. Poi vedono l'ingiustizia di certi sistemi sociali, la differenza tra lavoro autonomo e dipendente, gli imbrogli e le influenze che ci sono e si deprimono o s'arrabbiano da morire.

Vai da Gesù: a Lui puoi urlargli tutto il tuo sdegno. Vai da Gesù e sfoga la tua rabbia; urla il tuo peso, piangi il tuo dolore e gridagli l'ingiustizia. Lui ti ascolterà; ti darà forza per andare avanti e luce per trovare altre soluzioni.

Gesù qui si definisce mite e umile di cuore.

Umile (humilitas) viene dal latino humus, terra, da cui le parole uomo (homo) e humor (umorismo). L'umiltà non ha nulla a che vedere con il dire sempre sì, con il piegare il capo, con quelle persone che sono il tappetino e lo zerbino di tutti e che vanno bene chiaramente a tutti.

L'umiltà è il coraggio di potersi vedere per quello che si è e come si è, senza fuggirsi, senza mentirsi. Il contrario dell'umile è il presuntuoso, colui che presume da tutto ciò.

Il mite non è colui che non si arrabbia mai, colui che non esprime e che se ne sta "lì lì buono buono". Mite non è il nostro "bonaccione", quello a cui va bene tutto.

Mite significa molle, tenero, saggio ed indica un processo. La parola intende che uno non nasce mite ma che lo diventa. Un po' come il grano che diventa fine dopo la macinatura. Mite, infatti, deriva da mola, la pietra del mulino.

Mite è colui che ha sperimentato la crisi e la disperazione, le gole buie della vita e le altezze piene di luce; colui che ha combattuto i suoi difetti e le sue debolezze, che ha vinto e che spesso ha perso, a volte i difetti li ha cambiati a volte no.

In ogni caso è colui che si è sempre rialzato e in questo suo cadere e rialzarsi ora conosce la vita. La macina della vita lo ha reso soffice, tenero, perché nella sua vita ha sperimentato cosa vuol dire vivere.

Per questo il mite ha uno sguardo più benevolo su di sé e sugli altri e più lungimirante nelle situazioni. Non si lascia prendere dai facili entusiasmi e non cade in depressione di fronte alle difficoltà: non perché non le provi o non le senta ma perché nel suo vivere, nel suo essere macinato dagli anni, ha trovato una fiducia più profonda. E' proprio perché ha macinato la vita che ora la conosce bene. E' diventato saggio, mite.

Chi non conosce la guerra non sa cosa voglia dire pace; e chi non conosce l'odio non sa cosa sia l'amore.

Pensiero della settimana
La passione per la verità a volte viene soffocata

da risposte che hanno il peso dell'autorità indiscussa.

 

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