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TESTO Commento su Matteo 11,25-30

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XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (03/07/2011)

Vangelo: Mt 11,25-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo Gesù disse: 25«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di Padre Gianmarco Paris

Dopo il cammino della Quaresima e della Pasqua, dopo le solennità della Trinità (il nome di Dio) e del Corpo di Cristo (il dono della sua vita per la nostra), la liturgia riprende i passi del "tempo comune" e la Parola di Dio continua il percorso iniziato a Gennaio, invitandoci a seguire Gesù e ad ascoltare il suo insegnamento, come l'evangelista Matteo lo ha trasmesso alla sua comunità e da allora è giunto fino a noi.

In questo modo la Chiesa obbedisce alla missione che Gesù le ha lasciato, che abbiamo ascoltato nella festa dell'ascensione: andando fate discepoli tutti i popoli,... insegnando ad osservare tutto ciò che vi ho ordinato. La Chiesa esiste per evangelizzare, e per fare ciò legge e annuncia sempre da capo la Parola del Vangelo, come la Scrittura ce l'ha trasmessa.

Riprendendo il filo del racconto di Matteo ritroviamo Gesù impegnato nella sua missione di annunciare il Regno in Galilea: dopo aver proclamato la novità del Regno nel discorso del monte, conferma la sua autorità con segni di potere al servizio di persone malate e bisognose; dopo aver inviato i suoi dodici discepoli in una prima esperienza missionaria, rivolge il suo insegnamento alle folle, provocandole a reagire al suo annuncio. Giunge Gesù a paragonare i suoi contemporanei ai bambini che sulla piazza non accettano di entrare nel gioco; e rivolgendosi severamente alle città della Galilea le richiama alla responsabilità di rispondere alla grazia che hanno ricevuto.

Dopo i toni severi, nel vangelo di questa domenica ascoltiamo un movimento del cuore di Gesù, che benedice il Padre per un'esperienza che sta facendo nella sua missione di araldo del Vangelo: scopre che i "piccoli" e i semplici accolgono l'annuncio del Regno, mentre per i "saggi" questo annuncio resta nascosto.

Queste parole di Gesù potrebbero essere interpretate male e dire il contrario di ciò che Egli vuole dire. Per Gesù i "piccoli" non sono gli ingenui o le persone ignoranti, ma gli umili e i miti, quelli che si aprono all'annuncio, che si fidano più di Gesù che delle loro sicurezze. Mentre i "sapienti", ai quali il Padre ha nascosto la rivelazione del Regno, non sono le persone intelligenti, che cercano sinceramente la verità e il senso della vita; sono piuttosto quelli che sono così sicuri di sé e della loro dottrina che non si aprono alle parole di Gesù, tanto più che in vari momenti e atteggiamenti Egli esce dalle abitudini e dalle regole di buon costume degli altri "maestri". Nel suo ringraziamento al Padre Gesù ci invita ad andare oltre le apparenze, e capire che la vera sapienza della vita è riconoscersi umili per accogliere il suo insegnamento, e non essere come quei saccenti che pensano di sapere ciò che è importante e non hanno ancora cominciato a capire cosa è la vera sapienza, come direbbe Paolo ai Corinti.

Trasformando il dialogo con il Padre in insegnamento per chi lo ascolta, Gesù riconosce ammirato che il Padre gli ha affidato il compito di far conoscere all'umanità il mistero di Dio, la sua volontà di alleanza con l'umanità, offrendo l'umanità del Figlio come cammino unico per conoscere il Padre.

Senza accorgerci, mentre ascoltiamo Gesù, entriamo anche noi a far parte della schiera dei semplici che possono entrare nel mistero di Dio. E per aiutarci a decidere Gesù trasforma la sua lode al Padre in invito aperto a tutti: venite a me! Chiama coloro che sono stanchi e oppressi, sia socialmente che religiosamente. Gesù sa che la vita è anche un giogo, come quello che si applicava agli animali per lavorare e agli uomini per trasportare pesi. Non ci illude di poterci liberare come per miracolo da ogni "giogo", ma ci propone de lasciare i nostri gioghi per assumere su di noi il suo, che è leggero. Il giogo che Gesù ha caricato sulle sue spalle è stata la croce: come può dire che è leggero e dolce? Il peso non dipende dal giogo ma da chi lo porta, dal perché lo porta, dal come lo porta. Gesù ci indica una pista, quando si definisce "mite e umile di cuore". Mite è la persona che è in pace con se stessa, che non è violento e non misurando il suo valore sul confronto con gli altri. A quelli così nella Bibbia Dio promette l'eredità, la terra, la vita. L'umile di cuore è colui che riconosce il suo giusto posto in rapporto a Dio, colui che si accetta come creatura che non può sostituirsi al creatore. Chi accetta di imparare da Gesù queste virtù, sperimenterà il suo giogo leggero. Mite e umile è anche il ritratto del re ideale che Zaccaria descrive nella prima lettura e che la tradizione riconosce come la promessa del Messia futuro.

Il cristiano, il discepolo che decide di seguire il maestro, è già passato sacramentalmente attraverso il "giogo della croce" quando ha ricevuto il battesimo; vive già sotto il "giogo soave" della risurrezione ed è chiamato ad accogliere, a riconoscere e sperimentare come vero per sé, nella vita di ogni giorno, questo dono che Cristo ha guadagnato per tutti.

È quanto S. Paolo ci sta insegnando nel capitolo ottavo della lettera ai Romani, che parla della nuova vita nella Spirito che abbiamo ricevuto come grazia a partire dal nostro battesimo e che siamo chiamati a seguire. Nelle parole di Paolo il giogo che affatica e opprime è la carne, cioè la spinta a vivere secondo l'istinto dell'orgoglio e dell'egoismo, mentre il giogo leggero è la vita nello Spirito, che abbiamo ricevuto gratuitamente e che spetta a noi far fruttificare nelle scelte concrete della vita.

 

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