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TESTO Traccia di comprensione per At 1,9a.12-14; 2Cor 4,1-6; Lc 24,13-35

don Raffaello Ciccone  

VII domenica T. Pasqua (Anno A) (05/06/2011)

Vangelo: At 1,9a.12-14|2Cor 4,1-6|Lc 24,13-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,13-35

13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Lettura degli Atti degli Apostoli. 1, 9a. 12-14

Il luogo dell'Ascensione è collocato sul monte degli ulivi: da qui è iniziata la passione, qui, con l'ascesa al cielo, è iniziato il trionfo totale di Gesù, vincitore del peccato e della morte.

L'indicazione del cammino di un sabato ci ricorda che l'Ascensione avviene, secondo il calcolo giudaico, all'interno del confine cittadino di Gerusalemme ovvero a circa ottocento metri dalle mura: così Luca riconduce nella città anche l'ultimo evento terreno della vita di Gesù.

Poi il gruppo si ritroverà a Gerusalemme per l'avvenimento fondamentale della nuova Chiesa: la discesa dello Spirito Santo (At 2).

L'indicazione del piano superiore della casa indica che nella tradizione giudaica vi si svolgono le riunioni di studio e di preghiera.

La presenza di Maria, accostata all'annuncio del battesimo in Spirito ("Avrete forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni.1,8") ricorda il momento dell'annunciazione di Maria (Lc 1,35: "lo Spirito Santo scenderà su di te e su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo").

I discepoli obbediscono al comando di aspettare a Gerusalemme e si radunano insieme: sono ricordati qui tre gruppi di persone: gli apostoli, il gruppo di donne di cui dovevano far parte, con Maria, le mogli degli apostoli ed alcune discepole che hanno seguito Gesù e che Luca ricorda; infine sono ricordati i fratelli di lui: la parentela rimasta abbastanza estranea al gruppo di Gesù e che invece le apparizioni del risorto hanno riunito in un unico gruppo. I familiari arrivano, anzi, ad assumere ben presto anche la direzione della comunità dei discepoli quando Giacomo subentra a Pietro.

Luca continua ad insistere molto sull'unanimità della preghiera che significa attesa del

compimento, e quindi per loro, gioia per i fatti avvenuti e preparazione per ciò che questa

comunità dovrà compiere, come progetto che il Signore aprirà loro. La preghiera rinsalda le fragilità di cui i discepoli sono consapevoli e permette loro di ripensare profondamente al messaggio che il Signore Gesù ha loro, passo passo, insegnato.

Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. 4, 1-6

Paolo sa di dover vivere una testimonianza faticosa e tuttavia non vuole scoraggiarsi perché questo suo ministero è frutto della misericordia del Signore verso di lui.

Egli sta rivendicando la sua franchezza nell'annunciare il Vangelo e riprende perciò una riflessione che aveva troncato alcuni versetti prima: "Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza" (3,12).

A questo punto Paolo aveva fatto una digressione sul velo di Mosé il quale, dopo aver parlato con Dio, mostrava sì un volto luminoso che inizialmente abbagliava i suoi ascoltatori. Ma poi, dice Paolo, quella luminosità veniva meno e Mosé continuava a tenere il velo perché non ci si accorgesse che quella luce era "effimera". Consapevole del suo compito che Dio gli ha affidato perché obbedisse alla parola di Gesù e la offrisse alla Comunità cristiana, Paolo rivendica di essere stato sincero, senza astuzia e senza falsificazioni. La sua luce non è effimera. E' quella che Gesù sa offrire ad ogni credente in Lui.

Accettando di rispondere ad ogni coscienza e a Dio stesso che lo aveva inviato, rivendica il suo apostolato. Si rende conto che alcuni avversari hanno reagito con diffidenza, negandogli fiducia.

Di loro è preoccupato, soprattutto perché la loro incredulità può essere pensata come conseguenza di un cattivo comportamento di Paolo stesso. Paolo invece insiste che è il Dio di questo mondo che li ha accecati e non sanno vedere "lo splendore del Vangelo glorioso di Cristo che è immagine di Dio".

Il mondo di cui parla Paolo ha le stesse sfumature, secondo la tradizione del giudaismo che contrapponeva il mondo presente, animato dal peccato e quindi da Satana, e il mondo futuro che Dio realizza, dove i giusti trionferanno. Colui che annuncia (questa è la coscienza di Paolo) non si assume un altro compito se non quello di far rifulgere il volto di Cristo. Esso fa riflettere la conoscenza della gloria di Dio. In un certo senso, ci si riporta all'immagine degli specchi: sul volto di Gesù si rispecchia la gloria di Dio, e sul volto dell'apostolo (Paolo si sente servitore della comunità di Corinto per amore di Gesù 4,5), si rispecchia il profilo di Gesù. E di Gesù offre la sua confessione di fede: "Cristo Gesù Signore" (1Cor 4,1).

La luce di Gesù ha iniziato a splendere nel cuore degli apostoli e di Paolo. Il loro compito è quello di far splendere, a loro volta, la luce di Gesù nel mondo, portata dalla testimonianza della fede di chi ha vissuto con Gesù e ha condiviso con lui il cammino. I cristiani sono coloro che portano questa luce nel mondo perché ciascuno possa intravvederla come speranza della propria vita e del proprio ambiente.

Lettura del Vangelo secondo Luca. 24, 13-35

Nel Vangelo di Luca il testo dei due discepoli di Emmaus è posto come una catechesi e una liturgia: raccontato con intelligenza e con gusto, propone una linea teologica alla comunità cristiana che viene cercata da Gesù, rinsaldata, incoraggiata, spinta alla ricerca sulla Scrittura e spinta nella missione.

La fede, che nasce qui, è viva, senza chiusure e senza fronzoli, pulita, gioiosa, libera.

Essa commenta, in fondo, la nostra stessa liturgia domenicale poiché ripropone le medesime linee: delusione e disagio nella vita, ricerca, Parola di Dio, offerta di ospitalità, la Presenza, lo spezzare del pane, la condivisione, la gioia, la missione nella chiesa e nel mondo.

Due discepoli (non sono apostoli ma hanno seguito Gesù con fiducia) se ne vanno delusi, perché disorientati da promesse e segni non mantenuti. Il trionfo di una settimana prima li aveva rincuorati per un futuro diverso; adesso fuggono, tornando alla miseria e allo sfruttamento di situazioni povere e precarie e, per di più, vivono tutto come un tradimento. I due non sanno riconoscere Gesù eppure di lui conoscono tutto. Il problema che si pone a loro e a noi non è come Gesù sia risorto, ma come riconoscere il Risorto. Anzi essi, anche puntigliosamente, riferiscono della risurrezione ma tale conoscenza si rivela inutile e dannosa perché non sanno capire il significato dei fatti.

Gesù si è presentato come un "profeta": il richiamo biblico è il riferimento al profeta futuro di cui Mosé ha parlato (Deut 18,15) dando alcune manifestazioni e segni. Gesù li aveva confermati per cui il Messia non poteva essere che un re trionfante. Ma tutto è crollato.

"Stolti e lenti di cuore a credere a tutto ciò che hanno detto i profeti". E Gesù inizia il suo compito.

Compito di Gesù e quindi compito della Chiesa è quello di ricordare che: "Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?". Ma sono già passati tre giorni.

Secondo la cultura ebraica, dopo tre giorni, è impossibile nutrire qualunque speranza di fronte alla morte (si pensa, infatti, che per tale tempo l'anima si aggiri intorno al corpo del defunto); poi ogni possibilità di ritorno svanisce definitivamente (da ricordare la risposta di Marta a Gesù che davanti alla tomba di Lazzaro aveva chiesto che si togliesse la pietra. «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Gv11,39).

Al villaggio c'è l'invito a Gesù di fermarsi. Non è tanto l'offerta di ospitalità per chi ha bisogno, ma il desiderio di continuare un rapporto nuovo che scoprono ricco di conforto e capace di aprire loro il cuore. L'invito è fatto verso sera, quando le tenebre calano e riportano il buio, la desolazione della notte, la solitudine.

Gesù compie il gesto dello spezzare il pane come un capo famiglia; essi diventano ospiti di Gesù; e riconoscono la gratuità, la vita tornata, la speranza piena.

Però appena riconosciuto, Gesù non si ferma per una contemplazione gratificante e solitaria ma scompare poiché le scelte devono essere fatte dai due discepoli e, nel cuore, sorge loro subito, spontanea e immediata, la responsabilità di comunicare.

Il Signore chiede anche a noi di passare dalla conoscenza astratta e generica al riconoscimento di colui che si fa compagno di viaggio, amico che offre la vita e quindi che ospita, parola che rincuora, cibo che fa ritornare ad annunciare.

L'incontro con Gesù risorto non si risolve nello "stare con lui nella casa", ma nel correre,

consapevoli di una vita nuova, per raccontare. E sanno che debbono raccontare portando nel cuore il gesto fondamentale dello spezzare il pane.

A loro volta anche gli 11 raccontano la novità della notizia lieta (il Vangelo): "Davvero il Signore risorto ed è apparso a Simone".

In conclusione ci viene suggerito che, insieme con la comprensione delle Scritture e lo spezzare del pane, la fede nel Signore risorto è piena e completa quando si esprime in comunione con i fratelli e sorelle nella fede.

 

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