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TESTO Il segreto per essere grandi

padre Gian Franco Scarpitta  

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (03/07/2011)

Vangelo: Mt 11,25-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo Gesù disse: 25«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Aspirare ai vertici della vita sociale e professionale. Coltivare ambizioni, sogni, ideali e perseguire apogei di grandi affermazioni e di predominio, molte volte senza neppure disporsi a lottare o a sacrificarsi, è fenomeno non raro nell'atteggiamento umano. Non di rado anche nel clero e nella gerarchia ecclesiastica si ambiscono ruoli di massimo rilievo, si invidiano le altrui posizioni altisonanti, si aspira ad ottenere titoli (usanze stupide e insensate, prive di fondamento biblico o teologico), benemerenze, per conseguire l'altrui riverenza e i baciamano della massa.

Quanto invece fruttuoso e significativo è il lavoro semplice, umile, nascosto, di tante persone che, sempre nella Chiesa si adoperano per gli altri operando nel silenzio, nel nascondimento, nell'umiltà, senza avere aspirazioni di sorta! E' il caso di tanti uomini illustri che soltanto adesso godono della gloria degli altari ma che da vivi non facevano, presso il popolo, lo stesso rumore che da morti (vedi P. Pio).

Persone che incarnano davvero il vangelo dell'umiltà, della carità e della penitenza, meriterebbero almeno una parte degli onori sopra esposti; sarebbero meritori di ricompense, doni e benemerenze che ingiustamente vengono conferite a quanti sono soliti auto esaltarsi e farsi forti di ridicoli fasti e glorie. E invece sono condannati molto spesso a passare inosservati, a non essere considerati e non di rado anche ad essere dimenticati dalla storia. O comunque a non ottenere la ricompensa adeguata e proporzionata al loro eroismo e alle loro virtù.

Mi viene in mente il personaggio manzoniano del Cardinale Borromeo, esempio di testimonianza (a mio giudizio) di vero ministero ecclesiale e di provata virtù sacerdotale, anche al di sopra dello stimato Fra' Cristoforo. Manzoni descrive espressamente che il traguardo vocazionale di questo personaggio del clero di Milano non aveva riguardato la porpora o la poltrona, quanto piuttosto la volontà di servire i fratelli nell'umiltà e nella carità attiva e generosa. Cosa che dimostrò alacremente quando si prodigò, di sua mano, nel soccorrere gli ammalati durante il morbo della peste; o come quando si adoperò nel venire incontro, nonostante gli impegni pastorali con il clero della sua Diocesi, alle difficoltà delle povere Agnese e Lucia. Perché un uomo magnifico e nobile come questo non ebbe i riconoscimenti della stampa e della storia? Appunto perché non è raro il caso in cui persone semplici ed esemplari, che nulla chiedono se non di usare amore e sincerità verso il prossimo, vengano presto dimenticate o ricordate solo troppo tardi e non sempre con la debita attenzione.

Non siamo in grado di calcolare quante persone ora defunte meriterebbero il processo di canonizzazione o almeno un piccolo riconoscimento per la loro provata virtù, e invece sono state relegate in un cantuccio. Sappiamo tuttavia con certezza che Dio concederà ad essi la gloria e gli onori che il secolo suole concedere molte volte a chi non li merita.

Abbiamo parlato della Chiesa, ma dalla ambizioni sproporzionate non sono esenti neppure tante branche della società professionale o del mondo della cultura, della politica o dello sport, dove l'arrivismo e la tracotanza di chi ha successo è davvero ridicola e demoralizzante. C'è chi ha affermato di recente di guadagnare 20000 euro al mese svolgendo una professione in fin dei conti neppure meritoria di tanto emolumento; come se non bastasse lamenta che la moglie, nello svolgere un lavoro simile, percepisce la paga "troppo bassa" di 5000 euro mensili. Forse certi personaggi dovrebbero esperire cosa significhi lottare per la sopravvivenza, fare tutti i giorni levatacce e sbracciarsi in un servilissimo lavoro manuale per riuscire a sopravvivere assieme alla famiglia con uno stipendio da miseria. Per non parlare poi di tantissimi calciatori che si gonfiano di presunzione, di orgoglio e di superbia forti delle grosse cifre da capogiro percepite semplicemente giocando a pallone, mentre tanti loro coetanei rischiano ogni giorno di perdere l'impiego sottopagato o sono costretti a lavorare faticosamente in nero.

Ma è proprio vero poi che l'ambizione, la gloria, il successo e il potere garantiscono tanta felicità e soddisfazione? E' proprio vero che coloro che mirano a una posizione altolocata vengano appagati nella loro. Stando a quanto insegna la Parola di Dio, effettivamente no. Prima o poi si precipita nella fossa che la stessa arroganza e presunzione ha scavato per noi, si pagheranno le conseguenze dannose che la stessa vanagloria, la presunzione e l'arrivismo comportano e si conseguirà solamente la disillusione e lo smarrimento interiore. Anche perché si può scoprire ad un certo punto che determinate posizioni vantaggiose non ci sono confacenti o noi non ne siamo all'altezza, con disastrose, irrimediabili conseguenze per noi e per gli altri.

La vera arma del successo è data invece dalla Parola di Dio, soprattutto quella incarnata in Gesù Cristo suo Figlio: egli "da ricco che era si è fatto povero per arricchirci della sua povertà" (2Cor 8, 9), e pur essendo in continua comunione d'amore con il Padre e con lo Spirito Santo formando con Essi un solo Dio nell'unità della sostanza e della natura, ha preferito raggiungere l'uomo cavalcando un puledro figlio di asina per entrare a Gerusalemme. Non ha disdegnato di umiliarsi e di concedersi ai semplici, agli ultimi e agli esclusi, di servire i poveri e gli abbandonati avendo come sola ricompensa il disprezzo e l'abbandono sulla croce. Cristo è stato capace di spogliare se stesso abbracciando ogni sorta di meschinità e precarietà umana vivendo con noi il nostro tempo senza eludere alcuna delle tappe della nostra storia travagliata, pur essendo egli il fautore della storia medesima. Ha mostrato di prediligere la nullità e la meschinità delle condizioni umane, le debolezze, le miserie e le precarietà che egli stesso ha abbracciato liberamente e senza riserve, perché in tutte queste prerogative vi sono tante vittorie quante sono le sconfitte che apportano superbia e vanagloria.

Cristo ha ringraziato il Padre esulando nello Spirito Santo perché ha voluto rivelare i segreti del Regno ai piccoli e agli ultimi, nascondendo il suo messaggio ai potenti, che hanno già abbastanza risorse per poterlo comprendere ai fini di metterlo in atto.

E proprio questa sua esperienza di spoliazione e di abbandono gli conseguì la gloria dell'innalzamento e dell'esaltazione da parte del Padre. Cristo infatti dopo essere stato umilato è stato esaltato e innalzato al di sopra di tutte le cose (Ef 2, 6-11).

Il segreto per essere grandi consiste nel farsi piccoli davanti agli altri, ma è impossibile farsi piccoli se non si procura di esserlo veramente.

 

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