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TESTO Le tue parole sono carta straccia: de-ficiente!

don Marco Pozza  

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (26/06/2011)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,51-58

51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Il predicatore era in ritardo. Nella cappella del convento, le suore in attesa erano arrivate al quindicesimo mistero del Rosario, quando suonò il campanello della portineria. Trafelato, il predicatore si scusò imbarazzato dicendo alla superiora che l'attendeva: "Mi dispiace, Madre, ma non sono riuscito a prepararmi". "Non importa" - rispose cortesemente la superiora. "Parli pure a vanvera".

Quanto pagherei vedere un "faccia a faccia" tra quella superiora e il vecchio Mosè, pastore-profeta, tutt'intento a raccomandare al popolo in prossimità della Terra promessa: "Porrete nel cuore e nell'animo queste mie parole: ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi". Quasi a dire: guai a dimenticarle queste parole. Perché parole umane non sono, ma recano impronte di strategie divine! A fare l'analisi grammaticale è da prendere paura. Dice: "porrete". Cioè: andate incontro alla Parola, appropriatevene, prendetela, collocatela dentro di voi, portatela via, spezzatela in casa, sfruttatela! In chiesa caricatevi, a casa colorate le mura con questa Parola. Peccato che basti fotografare una liturgia della Parola domenicale per massacrare di delusione il cuore di Mosè profeta: sembra quasi che la liturgia della Parola sia un'iniezione letale, una flebo rassegnatamente inflittaci, un valium fastidioso da accettare. Gente spenta, estranea, senza vera passione. Incapace di commuoversi, di lasciarsi strattonare da sillabe divine, di farsi tormentare per scrutare la serenità. Mosè è allucinante nella sua esattezza. Precisa: "queste mie parole". Queste qui! Non altre: quelle che piacciono, i passaggi del Cantico e dei seni come cerbiatti, della colomba nascosta nelle fenditure della roccia e del Gesù biondo e col pizzetto versione Harry Potter. Del Gibran trasformato in Scrittura e dei versetti del salterio inzuppati di new age. No: proprio queste. Garantito che, se il cuore è aperto, quelle parole sono giuste per te, non altre. Non è questione di quantità, con Dio è doverosa la qualità. Basta una parola, forse una sillaba, peggio ancora uno spazio di silenzio perché la Bibbia ti metta ko. La Scrittura rimane dardo lanciato dall'alto per trafiggere e tornare dopo aver trafitto. Ma l'uomo è un genio diabolico: riesce a trasformare il dardo in una confezione di miele ambrosoli. Scrivendoci: "sponsor ufficiale della nazionale cristiani permododidire".

Parole da custodire, secondo la ricetta prescritta dal patriarca, "nel cuore e nell'animo". Solo quando lambiscono l'interno, acquistano la capacità di cantare. Di parlare. Di evocare. Sono costruite per entrare dentro, per allargare l'immaginazione, per spolverare l'anima. E prendono la forma di chi le accoglie, al pari dell'acqua che s'inventa geometrie sempre nuove a seconda del contenitore che l'ospita. Sbocciano nel cuore: finché sta nel cervello non fa problemi. E' parola dotta, brillante, sapiente, illuminata, spiegata. Fredda! Quanti libri scritti per spiegare un messaggio vissuto da Uno che non ha mai scritto! Carta straccia! E' quando scende nel cuore che la Parola diventa pericolosa: sconvolge e infiamma, straripa e allaga, denuncia, coinvolge e strapazza. Irride, provoca e lambisce. Taglia, sveste e denuda. Accende, brucia e colpisce. Stropiccia il sonno e accende la curiosità del cuore. La riconosci subito questa parola: chi la pronuncia non la possiede, ma ne è posseduto. La sua bocca è calda, appassionata, divorata dal furore. Posseduto mentre se ne stava in ginocchio ad estrarla, a cavarla, a sradicarla con sudata testardaggine dal suo intimo. Senti subito che la parola gli esplode in mano. Da cosa lo percepisci? Non t'indottrina: ti racconta, t'avvolge, ti stupisce. Ti sorprende, ti anticipa, ti fa piangere. Vedi che non ha paura di mettersi a nudo, di testimoniarti la sofferenza di chi scavando viene scavato. Di chi cercando viene rapito. Di chi parlando viene zittito. Ma t'incanta perché la Parola è "come un pendaglio tra gli occhi". Cioè è stampata nel suo volto. Il volto: l'unica Bibbia che i popoli leggono ancora! E' là che la gente cerca la Parola di Dio. Quanto schifo certe facce di predicatori spenti e appassiti, freddi e implacabili, calcolatori amministrativi e deficienti (de-ficere) conoscitori della Parola. La gente non scorge la passione, non avverte la fatica, non sa distinguere la spiegazione della Parola dalla lettura delle prescrizioni scritte nelle confezioni dei medicinali. La faccia non parla (anche se il colletto è perfettamente sistemato, il clergyman impreziosito da polsini d'oro, la testina inclinata e abitata da un farabutto misticismo calcolato). Ma gli occhi non parlano e il popolo brancola nelle tenebre. E' da lodare la capacità di raggelare l'uditorio che certi ministri possiedono. Per loro Giovanni Verga scrisse l'elogio funebre ancor prima che nascessero: "ma il Reverendo aveva altro in testa che perdere il tempo a leggere il breviario, e se ne rideva del rimprovero di Monsignore. Se il breviario era coperto di polvere, i suoi buoi erano lucenti, le pecore lanute, e i seminati alti come un uomo" (Il Reverendo, Novelle Rusticane, 1883).

Parlano. Ma non parlano. Perché non brillano! Cioè la chiesa diventa il magazzino del quartiere, deposito ammuffito di parole spente. Di suoni zittiti. Non portandole più sulla strada, le navate diventano le stanze della sede del club uditori intimoriti. Con il curato come presidente e il vice-parroco amministratore delegato. Guai a testimoniarle fuori: rischieremmo il linciaggio! Quando Mosè, poverino, si raccomandò di tenerle a mente "quando sarai seduto in casa tua e quando camminerai per via".

E' uscito in questi giorni il primo romanzo di don Marco Pozza dal titolo Penultima lucertola a destra. La sconfitta è l'arma segreta dei vincitori (Marietti Scuola 2011, pp. 256 - prefazione di Magdi Cristiano Allam)

Un libro pensato e realizzato per lavorare nelle scuole superiori e negli oratori; utile a chi cerca di organizzare la speranza nel mondo degli adolescenti.

L'autore è disponibile ad incontrare i ragazzi nella modalità "Incontro con l'autore".

Per maggiori informazioni visita il sito http://www.sullastradadiemmaus.it/il-segreto-della-lucertola.html

Clicca per vedere i libri di don Marco Pozza

 

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