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TESTO Il Pane vivo fonte di vita

padre Gian Franco Scarpitta  

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (26/06/2011)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Che Gesù abbia promesso di essere presente fra i suoi dopo l'Ascensione, lo abbiamo riscontrato più volte nelle liturgie precedenti. E abbiamo anche notato l'adempiersi delle sue promesse con l'invio dello Spirito Santo, che dal giorno di Pentecoste ci ragguaglia costantemente sulla viva presenza del Risorto. Lo stesso Gesù aveva del resto annunciato: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20), e tale presenza è avvalorata dall'azione dello Spirito che nel Cristo ci orienta verso la verità per intero (Gv 14, 17 - 18). Ma Gesù garantisce, nel tempo, una presenza non solo reale ma anche sostanziale, qualcosa che vada oltre il solo senso spirituale del suo essere fra noi e che riguardi l'immediatezza, la tangibilità la sensorialità, anche se permane nell'ambito del mistero ed esclude il ricorso ai sensi, di immediato e di entusiasmante, anche se non se ne afferra la certezza mediante i sensi, chiamando in causa l'atto libero della fede.

L'Eucarestia. In questo consiste la presenza reale e sostanziale di Gesù, che nelle sembianze del pane e del vino ci si ripropone con la stessa efficacia di salvezza con cui interagiva in Galilea e in Giudea manifestando la misericordia del Padre con le sue parole e con i suoi atti miracolosi. La presenza eucaristica è un modo di "essere con noi" che si perpetua nel tempo trasformando la sostanza del pane e del vino in quella del vero Corpo e del vero Sangue del Nazareno e riproponendo tutto il valore della ricchezza spirituale, della forza interiore e della salvezza.

Eucarestia significa etimologicamente "ringraziamento" e tale è infatti il primo atto con cui Gesù intrattiene i suoi discepoli alla presenza del pane colto dalla mensa: egli "rese grazie", com'era tipico di ogni padre di famiglia all'inizio o durante ogni pasto. Secondo Jeremias, in quei momenti, Gesù disse molte più parole di quelle di cui oggi siamo in possesso, ma i termini indubbi che egli utilizzò sono quelli relativi al ""corpo" (soma), al "sangue" e all'"alleanza".

Ma andiamo con ordine: egli spezza il pane, e con tale gesto realizza anche la "ripartizione" di se stesso ai suoi discepoli, nel senso che egli in qualche modo "spezza" se stesso per offrirsi ai suoi come un dono straordinario e irripetibile (Ratzinger). Poi afferma "Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio Corpo" e al termine del pasto, preso fra le mani il calice, soggiunge: "Questo calice è il mio Sangue, dato per voi". Sempre Jeremias sostiene che quando si distribuiva il vino durante i pasti giudaici si era soliti tacere e non dire nulla, ma qui Gesù sta donando, nel suo Sangue, la nuova Alleanza, il patto definitivo di salvezza: con questo gesto egli prefigura la propria immolazione cruenta sulla croce, nella quale si realizzerà il patto definitivo fra Dio e l'uomo che si compie appunto nel sangue, nel sacrificio di espiazione dell'Agnello immolato che è Lui stesso. Il Sangue "dato per voi" è quindi il Sangue sparso per il nostro riscatto, che paga i nostri debiti e le nostre colpe rendendoci degni di Dio e del suo amore salvifico.

Con l'espressione "Questo è il mio corpo" pronunciata sul pane Gesù offre se stesso come amorevole cibo di vita eterna e medicina di immortalità. In tutte le accezioni linguistiche orientali l'espressione "Questo è il mio Corpo" suona come "Questo sono io" e del resto anche la copula "è" (estin) è allusiva all'identità fra il pane e il Cristo stesso che lo distribuendo.

L'evangelista Giovanni (cap 6) informa della volontà di Gesù che tutti si nutrano della sua carne e bevano il suo sangue per avere la vita, rammentando che Gesù è il "pane vivo disceso dal cielo" nonché alimento di vita e di salvezza universale, consumando il quale tutti si ottiene vita e speranza.

Con le espressioni "Questo è il mio Corpo", "questo è il mio Sangue dato per voi" Gesù realizza allora la sua presenza effettiva, certa, reale e sostanziale in mezzo ai suoi, avvalorata dalla succitata promessa "Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" e avallata anche dalla frase conclusiva: "Fate questo in memoria di me", con la quale Gesù espressamente chiede che tale atto sacrificale eucaristico venga perpetuato nel tempo. Finché egli non tornerà all'epilogo della storia, saremo sempre invitati a nutrirci del suo Corpo e ad usufruire della sua presenza viva ed efficace seppure silente e umilmente dimessa. Agli apostoli e ai loro successori è dato mandato di protrarre nel tempo questa sua presenza mediante l'esercizio ministeriale coadiuvato dai presbiteri. Cosicché nella celebrazione eucaristica, che è l'espressione della centralità della vita cristiana nella comunità radunata dallo Spirito attorno alla mensa del Corpo e del Sangue, noi facciamo tesoro di questa presenza misteriosa e ineffabile; assumendo le specie eucaristiche entriamo in comunione con il Padre mediante lo stesso Cristo Pane di vita e realizziamo al contempo la comunione anche fra di noi. La Messa domenicale è il momento privilegiato del cristiano, che viene coinvolto direttamente dall'amore universale di cui Dio sin dall'eternità ha voluto rendere oggetto ogni uomo. Espressione massima di questo amore è il sacrificio espiativo della croce e in questo Sacramento esso ci si ripresenta come attuale mentre noi ne celebriamo il memoriale. Amore infinito e universale è anche Cristo pane di vita che ci si offre come alimento nel banchetto stesso dell'Eucarestia con il quale noi entriamo in comunione con Dio e con i fratelli.

Occorre allora che nemmeno per un istante consideriamo l'Eucarestia come una mera banalità fra le tante o come uno dei tanti momenti della nostra vita liturgica e cristiana che passano dopo averci entusiasmati fugacemente. Non possiamo non considerare piuttosto in Essa il motivo, il fondamento e la motivazione dell'intera esistenza cristiana: assumere l'Eucarestia con la dovuta riverenza della fede, scongiurando ogni forma di abitudine e di lassismo vano, apporta progressivi frutti nella nostra vita di fede, di speranza e di carità, genera fiducia e perseveranza di fronte ai problemi, risolleva e dona vigore nelle difficoltà perché lo stesso Cristo di cui ci nutriamo agisce silenziosamente mentre noi lo rechiamo con noi e a tutti gli altri. E' mia esperienza personale di aver tratto durante l'adolescienza maggiore slancio e ottimismo proprio quando mi riavvicinavo alla Messa domenicale comunicando al Corpo del Signore: avvertivo un senso di fiducia e di risolutezza mai provata anteriormente, la quale, seppure non scansava le comuni difficoltà di tutti i giorni, era di ausilio perché esse potessero essere viste con ottica di serenità e di fiducia. A condizione, certo, che si riconosca sempre il reale e sostanziale Corpo del Signore in quella forma di pane azzimo che ogni Domenica (o tutti i giorni) riceviamo nella Mensa del banchetto della vita.

 

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