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TESTO Commento su Giovanni 20,19-23

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Pentecoste (Anno A) - Messa del Giorno (12/06/2011)

Vangelo: Gv 20,19-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 20,19-23

19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di don Paolo Ricciardi

LO SPIRITO SOPRA DI NOI

Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore.

Eccoci ad una nuova Pentecoste, "alta" come la Pasqua di quest'anno. Già c'è aria di estate ormai vicina; sono chiuse le scuole, qualcuno già parte, e le nostre comunità si apprestano a vivere le esperienze di questo periodo, tra centri estivi, campi scuola e pellegrinaggi. Cambiano le attività, ma per la Chiesa, grazie a Dio, non esistono periodi "morti". C'è una vitalità che affonda le radici nella festa di oggi...

Sono passate sette settimane dalla Pasqua. Nella "memoria" matematica il risultato della moltiplicazione di un numero per se stesso è uno dei ricordi più semplici. Nella "memoria" biblica il 7 moltiplicato per 7 dà una "pienezza" per una "pienezza" e al 49 si aggiunge 1, una nuova domenica, un compimento che dà il numero giubilare di "50".

Sì, per iniziare a capire la Pentecoste bisogna "dare i numeri". Gli apostoli da nove giorni sperimentavano un vuoto da riempire. Pur consapevoli della forza della Pasqua e della bellezza dell'incontro con il Risorto, la sua ascesa al cielo li aveva lasciati un po' spiazzati. Erano nel cenacolo, con Maria, l'unica garante di cosa significa essere ricolmati di grazia, in attesa di una pienezza.

Anche noi oggi riviviamo quell'evento. Anche noi ci mettiamo in attesa di una rinnovata Pentecoste, consapevoli che non c'è Pasqua che non trovi pienezza nella Pentecoste. Se non "diamo i numeri", facendo follie per il Signore, come hanno fatto gli apostoli (di cui sospettavano fossero addirittura ubriachi alle 9 del mattino) e come hanno fatto i santi, non possiamo dirci veri testimoni del Risorto.

Pentecoste significa apertura di porte: per fare entrare il vento dello Spirito; per uscire a testimoniare il vangelo al mondo. Pentecoste vuol dire vincere le nostre chiusure, le nostre paure, entrando così nella dinamica stessa dello Spirito Santo che è un "far respirare" l'Amore.

È quello che era già avvenuto, secondo l'evangelista Giovanni, nella sera stessa di Pasqua: Gesù si presenta al centro della sua comunità. Egli è il crocifisso risorto. Le mani e il costato sono segni evidenti della sua morte in croce. Quel costato era stato aperto, diventando la fonte del sangue e dell'acqua, segni sacramentali di salvezza. Dalla croce Gesù aveva già dato lo Spirito. ora, di nuovo, egli soffia il suo alito di vita. Con questo gesto, la sera di Pasqua, in questa "pentecoste giovannea" Gesù inaugura una nuova creazione. Infatti il richiamo è alla prima creazione, quando Dio alita sull'uomo plasmato con la polvere del suolo (Cfr. Gn 2,7). Come allora, ora c'è nuovamente un soffio vitale, di cui i discepoli sono i primi protagonisti: essi ora vivono già da risorti, comunicando alla forza prorompente della resurrezione. Un altro richiamo biblico è la visione che ha Ezechiele delle ossa aride che riprendono vita grazie al soffio dello Spirito di Dio. (cfr. Ez 37,9). I discepoli, afflitti per Gesù morto, riprendono vita dalla visione del Risorto.

Ora non temono più nulla, pur consapevoli che dovranno ricevere in modo potente lo Spirito dall'alto, per essere ulteriormente rafforzati in vista della testimonianza.

Nella Pentecoste gli apostoli si aprono alla forza dello Spirito che è Signore e dà la vita: comprendono cosa significhi entrare nella relazione stessa del Padre e del Figlio, un Io e un Tu che sfocia nel "Noi" di Dio che rende anche i credenti, pur così diversi, un "Noi": una comunità, la Chiesa.

Così si è espresso Papa Benedetto: In Gesù Cristo Dio stesso si è fatto uomo e ci ha concesso, per così dire, di gettare uno sguardo nell'intimità di Dio stesso. E lì, vediamo una cosa del tutto inaspettata: in Dio esiste un Io e un Tu. Il Dio misterioso e lontano non è un'infinita solitudine, Egli è un evento di amore. Se dallo sguardo sulla creazione pensiamo di poter intravedere lo Spirito Creatore, Dio stesso... adesso veniamo a sapere: lo Spirito Creatore ha un cuore. Egli è Amore. Esiste il Figlio che parla col Padre. Ed ambedue sono una cosa sola nello Spirito che è, per così dire, l'atmosfera del donare e dell'amare che fa di loro un unico Dio. Questa unità di amore, che è Dio, è un'unità molto più sublime di quanto potrebbe essere l'unità di un'ultima particella indivisibile. Proprio il Dio trino è il solo unico Dio.

L'apostolo Paolo parlando ai Corinzi lo conferma: alla radice di tutto e di tutte le diversità c'è lo Spirito Santo che si manifesta dando a ciascuno un dono particolare per l'utilità comune. Lo Spirito quindi è artefice di unità e di comunione, mai di divisione. "Tutti ci siamo abbeverati ad un solo Spirito": le vie dove scorre l'acqua sono diverse, ma unica è la fonte.

Respirare e far respirare l'Amore, entrare nell'atmosfera del donare: questo è il frutto della Pentecoste. Il miracolo delle lingue diverse con cui parlano e si fanno capire gli Apostoli è infatti il miracolo quotidiano di chi vive la pienezza dell'Amore. Per chi ama non esistono stranieri, lontani, nemici. Quando si annuncia l'amore tutti comprendono. Tutti sono chiamati a far parte di questo "Noi" della Chiesa nel "Noi" di Dio.

Abbiamo iniziato dando i numeri, concludiamo dando colore. La Pentecoste dona alla liturgia il rosso. È il segno dello Spirito, fuoco d'amore. È segno della vitalità del sangue e dell'effusione dello sangue nella passione di Cristo e nel martirio di innumerevoli testimoni.

Oggi la Chiesa, alle soglie dell'estate, si vuole ricolorare di fuoco, attingendolo al Sole dell'amore: è questo il "surriscaldamento" che non temiamo, anzi, di cui abbiamo bisogno. Siamo chiamati di nuovo a dare il sangue per il Signore e per il mondo. Affidiamoci di nuovo a Lui, perché con il suo Spirito d'Amore possa, attraverso di noi, infiammare la terra.

 

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