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TESTO Rivelazione e osservanza - 1

don Daniele Muraro  

VI Domenica di Pasqua (Anno A) (29/05/2011)

Vangelo: Gv 14,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Al centro della fede cristiana sta Gesù Cristo. Questo fatto non impedisce che nella vita del credente ci sia spazio per lo Spirito santo. Egli è promesso dallo stesso Gesù e stando ai termini di questo discorso nell'Ultima Cena, interverrà come un secondo Paràclito.

Compito peculiare dello Spirito sarà di rendere presente agli occhi degli Apostoli lo stesso Risorto e di ispirare la preghiera. Lo Spirito non si intromette, per così dire, a sostituire la persona Gesù, ma ne rende presente la forza di salvezza e ne rivela le profondità nascoste.

Paràclito significa consolatore, ma anche avvocato. Lo Spirito santo viene promesso come altra presenza in aggiunta a quella del Signore. Gesù si dimostra Consolatore in maniera somma proprio durante l'Ultima Cena, quando annuncia la discesa dello Spirito e rassicura i suoi discepoli sul fatto che tornerà da loro.

A questo proposito sant'Agostino introduce un bel paragone e dice: noi vediamo la faccia degli altri, ma non la nostra, mentre conosciamo la nostra coscienza, ma non quella altrui.

Cristo presentandosi di fronte alla Chiesa rivela in maniera esplicita e precisa il messaggio di Dio; lo Spirito santo nascondendosi per così dire nel cuore dei credenti approfondisce le sue parole e ne svela il significato completo.

L'uno dunque, Gesù, ce lo abbiamo per così dire di fronte; l'altro, lo Spirito, viene ad abitare le profondità del nostro animo. Se non fosse in noi, non potremmo né intuire né conoscere tale Spirito, come invece ci capita. Stiamo attenti però a non confondere l'azione dello Spirito con la semplice attività della nostra mente. La coscienza, infatti, non esiste fuori di noi, mentre lo Spirito Santo può esistere anche senza di noi; che Egli sia anche in noi dipende da un dono di grazia.

Cristo si è fatto vedere nel mondo e nella sua persona umana si è consegnato alla storia. Ogni categoria sociale ha potuto farsi una idea di Lui e alla fine i potenti apparentemente hanno anche prevalso sulla sua pretesa di essere il Salvatore.

Lo Spirito santo è riservato a chi ama Gesù e lo accetta come il Signore della sua vita. Se uno riconosce che Gesù è Dio già possiede lo Spirito santo; invece chi rifiuta di credere è come se lo Spirito santo non l'avesse mai ricevuto.

Salito al cielo, Gesù ci rappresenta presso il Padre, svolgendo così la sua funzione di avvocato. Per quanto riguarda lo Spirito santo Egli è avvocato verso di noi ispirandoci a chiedere. Ci previene affinché vogliamo quello che è giusto e buono e ci accompagna affinché non vogliamo inutilmente.

L'azione misteriosa dello Spirito santo richiede l'istruzione previa di Gesù per essere riconosciuta e apprezzata, dunque non può essere di immediata fruizione, ma a differenza dell'azione aperta del Signore ha un vantaggio: non solo il mondo non se ne può impadronire, ma non la può nemmeno impedire. Lo Spirito non è disponibile che per i credenti e, senza mai abbandonare chi gli è familiare, sfugge del tutto alla presa di chi gli è ostile.

In questa maniera il dono dello Spirito santo diventa la maniera con la quale Cristo edifica la sua Chiesa dopo la Passione in attesa del compimento finale. Se il Cristo risorto appare per consolare, lo Spirito consola i discepoli per fortificarli e continuerà a svolgere questo suo compito fino al giorno finale quando il Padre fortificherà del tutto i suoi eletti destinati alla gloria.

Fin d'ora chi crede gode di determinate conferme a premio della sua fede, la consolazione poi interviene a premio della speranza mentre la fortezza interiore gratifica la carità. Noi ora amiamo Dio credendo ciò che allora vedremo, mentre allora lo ameremo vedendo ciò che ora crediamo.

"Io vivo e voi vivrete" dice il Signore ai suoi Apostoli. Usa il presente per se stesso perché Egli è Dio, e perciò esiste da sempre e per sempre. Per gli Apostoli usa il futuro per promettere loro una vita più intensa. A contatto con quella vita senza pericoli di cedimenti che è il Signore non è possibile non partecipare alla sua pienezza.

La promessa del Signore vale non solo per l'ingresso finale nel Regno, ma copre tutto il periodo della Chiesa, perché già fin da subito i credenti possono fare esperienza della sua potenza della sua Resurrezione, nel dono dello Spirito infuso nei sacramenti.

Essere vivi vuol dire potersi muovere e comunicare. Essere vivi spiritualmente significa potere amare e l'amore bisogna dimostrarlo con i fatti altrimenti è una parola vuota e morta. Perciò la prova della partecipazione alla vita del Risorto per un cristiano è l'osservanza dei comandamenti.

Manifestare la verità conviene allo Spirito santo; è infatti l'amore che spinge a rivelare i segreti. Per questo san Pietro nella seconda lettura parla di dolcezza e rispetto nel testimoniare la verità, ma pone anche come requisito di una efficace comunicazione la retta coscienza che proviene da una degna condotta. Infatti in un annuncio credibile il comportamento converge con l'insegnamento e fornisce così un esempio concreto della potenzialità della fede.

Ama il Signore non solo chi custodisce nella memoria il suo insegnamento, ma lo attua nella vita; Lo ama non solo chi tiene presenti i suoi precetti nelle parole ma li esprime anche nei gesti. Ancora Lo ama chi dopo avere ascoltato i suoi ordini, li osserva praticandoli; Lo ama infine chi pratica i suoi comandamenti e in essi rimane costante.

 

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