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TESTO So a chi ho dato fiducia - 1

don Daniele Muraro  

IV Domenica di Pasqua (Anno A) (15/05/2011)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

La similitudine delle pecore e del pastore Gesù la racconta dopo lo scambio di battute con i Giudei i quali pretendevano di vederci bene da soli, senza bisogno della luce dei suoi insegnamenti e della guida dei suoi esempi.

A questo punto il Signore parla in maniera oscura anche volutamente, per confondere la pretesa autonomia ed egemonia di coloro che si dichiaravano capi e maestri. Il risultato infatti è che "Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro".

Eppure Gesù si stava riferendo proprio alla differenza tra un atteggiamento religioso genuino e invece la presunzione di ergersi a dottori e guide senza un previo mandato da parte di Dio.

Il popolo dei fedeli, constata Gesù, è capace per intuito di distinguere tra autentica semplicità e doppiezza fasulla, e perciò i capi che aveva non li gratificava né di una spontanea adesione né di generosa approvazione.

La soluzione c'è, dice il Signore, ed è affidarsi a Lui stesso. Nella condotta delle pecore che conoscono la voce del pastore e lo seguono, ma evitano di confondersi con un estraneo, Gesù traspone per immagini la bontà della sua missione salvifica.

Egli possiede tutte le caratteristiche del "pastore giusto" che i profeti avevano preannunciato: si interessa della felicità del suo gregge, conosce ciascuna pecore per nome e soprattutto entra nel recinto per la porta, ossia per la via diretta.

Essa era stata tracciata da Dio nella rivelazione dell'Antico Testamento e infatti la prima conoscenza che noi abbiamo della nostra salvezza viene proprio di lì. Esiste una corrispondenza tra la persona di Gesù e la sua anticipazione nelle Scritture sacre. Gesù accetta di passare per esse, cioè recupera quanto avevano detto i profeti e lo rende concreto.

In questo senso Egli stesso diventa la porta, perché attraversando quanto le Scritture avevano inquadrato, lo realizza al completo. Si entra nella salvezza solo attraverso la verità. Le Scritture sono una porta verso Cristo e Cristo è la porta verso la beatitudine.

Le Scritture svolgono anche la funzione di guardiano, interrogando chi ambisce al ruolo di pastore se ne è degno e invitandolo a mostrare le sue credenziali prima di permetterne l'accesso. Il portinaio è preposto a custodire la porta, come le Scritture a custodire le verità di fede che in Gesù aspettano il suo autore pratico.

Ma siccome la Scrittura è ispirata da Dio, potremmo dire che il Portinaio è lo stesso Spirito santo; è Lui infatti che ispira per il meglio le scelte dei fedeli e ne anima l'adesione incondizionata al Signore. Egli secondo l'insegnamento di Gesù introduce alla verità tutta intera.

Chi vuole entrare nel recinto delle pecore, cioè vuole avere l'approvazione del popolo di Dio, a prescindere da Cristo, è necessario che eluda il passaggio attraverso la porta, ossia che eviti il confronto con le Scritture e ignori l'azione dello Spirito santo.

Considerate le qualità di Gesù in se stesso e anche in rapporto alle Scritture e allo Spirito santo, ci restano da approfondire le caratteristiche delle pecore. Come mai il Signore ha scelto proprio questo animale per rappresentare i suoi fedeli discepoli?

La similitudine è radicata nella storia del popolo di Israele, a lungo dedito principalmente all'allevamento ovino. Le pecore sono animali sociali, più facili da trattare di cavalli muli o asini, prive della superbia dei primi, dell'ostinazione dei secondi e dell'ottusità degli ultimi.

Mancano anche dello slancio aggressivo del cane e sono più pulite di altri animali. Inoltre abbisognano di essere portate al pascolo e difese nei pericoli, ma sono utili al loro padrone.

In questo senso il Signore mette in guardia i suoi discepoli, alieni per definizione da ogni pensiero offensivo e propensi a dare credito al prossimo, a non fidarsi di chiunque, ma ad esaminare bene a chi ascoltare come maestro e seguire come guida.

Sarebbe meglio evitare le brutte sorprese. Quando è il danno ricevuto a marcare la differenza tra la via d'uscita e trappola, è già tardi.

Per sapere a chi aderire, oltre alla traiettoria di ingresso del pastore, che deve essere la più diretta e trasparente possibile, il Signore fornisce un altro criterio, quello della libertà interiore.

La fede è un dono che è sempre possibile rifiutare, essere cristiani comporta assumere atteggiamenti che di proposito e anche se imprudentemente si possono lasciare cadere. Non c'è nessuna costrizione nell'appartenere al gregge del Signore, perché il legame che tiene uniti i fedeli con il divino pastore e tra loro è solo l'amore.

E infatti a contatto con il Signore si esperimenta una pace e una realizzazione interiore che non si può trovare altrove. "Se uno entra attraverso di me... entrerà e uscirà e troverà pascolo." Gesù è veramente la possibilità di vita e di benessere per chi si affida a Lui. Il suo modo di proporsi corrisponde alle esigenze più autentiche dell'animo umano.

Perciò alla fine o si decide di essere pecore o si diventa lupi, perché come dice il proverbio "chi va col lupo impara a ululare", chi invece resta col Signore si dimostra mite, capace di perdono e sempre pronto a ricominciare nei rapporti sociali e di fede.

 

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