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TESTO Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero

Ileana Mortari - rito ambrosiano  

VII domenica T. Pasqua (Anno A) (05/06/2011)

Vangelo: Lc 24,13-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Con la pericope odierna (propria di Luca) ci troviamo di fronte ad una delle pagine più belle del terzo evangelista e di tutto il Nuovo Testamento, "un capolavoro", secondo Dupont, in cui la maestria narrativa di Luca si unisce all'insegnamento del predicatore. Essa ci consente di accedere alla delicata e fondamentale fase della comunità primitiva in cui si passò dallo sconcerto totale (e cocente delusione) per il "fallimento" del presunto "Messia" di Nazaret, processato, morto e sepolto, alla straordinaria, gioiosa, ineffabile scoperta del fatto che invece incredibilmente Gesù era risorto e vivo, e ancora presente tra i suoi!

Luca ha costruito questo racconto, un vero gioiello letterario, servendosi di una tradizione (orale?) sorta nell'ambito giudeo-cristiano di Gerusalemme, che stava ai margini di quella ufficiale riflessa in 1° Cor.15,3-9, e che parlava di due discepoli al di fuori della cerchia degli Undici. Questo depone a favore della storicità dell'episodio e mette bene in chiaro che la resurrezione di Gesù non è frutto della creazione della fede o delle attese dei discepoli; non abbiamo discepoli irriducibili, disposti a tutto pur di non dover rinunciare al "sogno" suscitato dal Nazareno: abbiamo due poveretti dal cuore smarrito e sconvolto, che, in preda ad una terribile delusione, se ne tornano amareggiati verso casa e verso la vita di un tempo.

E qui accade il "miracolo": Gesù stesso (lo sanno il redattore e il lettore, cioè noi, ma non i discepoli diretti ad Emmaus!) si affianca ai due lungo il cammino e, com'era uso a quei tempi, si unisce alla conversazione. Di fronte alle ragioni della loro delusione e tristezza, li scuote violentemente, sgridandoli con durezza per non aver creduto ai profeti e aggiunge: "26"Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?". 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.>

Gesù rimprovera i due per non aver saputo leggere le Scritture. Anche questo elemento riflette un dato del tempo, in quanto l'attesa di un Messia sofferente, identificato con il Servo di Jahvè di Isaia o con la figura del Giusto sofferente, non era affatto evidente nell'Antico Testamento e nel giudaismo del I° secolo.

Il v.27 riveste una grande importanza; anzitutto ci rivela che è stato il Signore resuscitato il primo "maestro" che ha insegnato a scrutare le Scritture in relazione agli avvenimenti della sua vita. E' da notare che solo Luca nei racconti delle apparizioni pasquali narra che il Risorto aprì la mente degli apostoli all'intelligenza delle Scritture, qui e anche nel v.45 dello stesso capitolo 24.

D'altronde sul piano storico la vicenda del Nazareno rimane uno scandalo, un vissuto senza senso, prima dell'incontro con il Vivente. Le stesse Scritture, peraltro ben note ai due discepoli giudei, sensibili alle speranze messianiche, rimangono sigillate. Questo perché la chiave di interpretazione della storia di Gesù, come delle Scritture, è il Signore risorto! Solo Colui che ora è "il Vivente" può dare un senso allo scandalo della sofferenza e della morte sullo sfondo delle Scritture stesse.

Viene spontaneo chiedersi quali siano nella fattispecie i testi dell'Antico Testamento citati dal Maestro. Ma molto probabilmente l'evangelista ha in mente non alcuni brani particolari, bensì la Bibbia nel suo insieme.

E notiamo anche che, se Gesù risorto avesse fatto l'analisi dettagliata di tutti i testi veterotestamentari che parlano del Messia in generale e del Messia sofferente in particolare, non sarebbe certo bastata la durata di un viaggio verso Emmaus! Dunque l'affermazione del v.27 supera la situazione concreta del racconto. Luca generalizza e pensa a una situazione ideale in cui Cristo risorto agisce come fonte e modello di ciò che diverrà l'uso cristiano della Scrittura.

Fortunatamente, abbiamo comunque modo di accedere a quello che sarà stato il discorso di Gesù ai due discepoli, utilizzando i "testimonia", cioè quelle raccolte o "collane" (in ebraico "haritz") di citazioni del Primo Testamento che gli apostoli e i predicatori utilizzarono nel loro ministero di annunciatori. Li ritroviamo ad esempio in Atti 2,25-36; 3,22-26; 4,24-26; etc.

Quello che soprattutto importa al Signore è far capire ai due qual è il vero aspetto del suo messianismo: non quello politico e nazionalistico, che essi pensavano ("noi speravamo che egli avrebbe liberato Israele..." v.21), ma un messianismo fatto di sofferenza, umiliazione e sconfitta. La sua passione era predetta nelle Scritture (soprattutto nel Servo sofferente di Isaia 52-53), rientrava nel disegno di Dio ed era la via alla gloria.

Così, grazie alle riflessioni del misterioso compagno di viaggio, l'animo dei due discepoli comincia a rasserenarsi, il cuore comincia ad "ardere" (cfr. v.32), ma non è ancora la fede.

Al termine del cammino verso Emmaus, Gesù fa come se dovesse andare oltre; il gesto non cela certamente alcun inganno, manifesta piuttosto lo stile dell'agire del Rabbi verso di noi, che provoca la nostra libertà e si lascia incontrare solo se noi siamo disposti ad accoglierlo.

Così i tre si fermano nella casa di uno dei due discepoli e cenano insieme. "Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero." (vv.30-31)

I verbi sono gli stessi della moltiplicazione dei pani e dell'Ultima Cena: è evidente il riferimento all'Eucarestia. Ora, quello che non era accaduto prima, neppure dopo la spiegazione delle Scritture, avviene allo "spezzare del pane": Cleopa e il compagno finalmente riconoscono il Signore risorto. Ma perché proprio in quel preciso momento?

Perché il gesto dello "spezzare il pane" riporta la memoria alla vita del Gesù terreno ricapitolata nell'istituzione dell'Eucarestia (una vita totalmente donata, "spezzata") e alla sua morte in croce, che di quella dedizione è il compimento; i discepoli (delusi dall'apparente "fallimento" del loro Messia), finalmente riconoscono il Nazareno in quel gesto che richiama la sua vera, autentica vittoria (non politica né militare!): quella dell'amore sulla morte, che è poi la vittoria della vita.

"Ma egli sparì dalla loro vista" (v.31).

La pagina di Luca che stiamo esaminando è nata per rispondere all'interrogativo della prima comunità cristiana (e di ogni tempo) circa il Risorto: dove lo si trova? Che cosa fa? Come entrare in comunione con Lui? Perché non si fa più vedere come nei primi tempi, in modo da eliminare ogni incertezza?

La risposta-catechesi di Luca è molto chiara. Gesù ha voluto mostrarsi vivo ai suoi in diverse occasioni; ma nello stesso tempo, appena avvenuto il riconoscimento, Egli "sparisce", non è più visibile; questo perché ora è nella gloria, sottratto al controllo dei desideri o delle attese umane, è ormai oltre a ciò che è disponibile e a portata di mano.

Ora - dice Luca - Gesù è nella gloria, ma nello stesso tempo è anche in mezzo a noi, nelle modalità che questo straordinario brano evangelico ci mostra molto bene: Egli è presente e vivo nella Parola, nell'Eucarestia e nella comunità, alla quale i due pellegrini si recano di corsa per dare con gioia l'annuncio dell'incontro e scoprire che anche là Gesù era apparso. E' evidente che il brano riecheggia la celebrazione eucaristica, momento fondamentale per l'incontro con il Risorto.

"Anche se ora è sparito dai loro occhi, Egli resta nel loro cuore, infiammato di amore per il Risorto. Quando era assente dalla loro fede, si era fatto presente visibilmente; viceversa, si fa assente fisicamente ora che è presente nel loro cuore" (G. Giurisato)

A questo punto forse qualcuno proverà una punta di invidia per quei due oscuri discepoli, che ebbero la splendida sorte di incontrare il Risorto nei modi visti. Ma non c'è proprio nulla da invidiare a Cleopa, perché tutti noi possiamo identificarci nel discepolo anonimo e anche noi, oggi, possiamo essere protagonisti di questa stessa vicenda, dal momento che il Cristo passa continuamente nelle nostre vie, bussando alle nostre porte. Sta a noi saperlo "riconoscere" ed accogliere!

 

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