TESTO La perenne città
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Ascensione del Signore (Anno A) (05/06/2011)
Vangelo: Mt 28,16-20

16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
La celebrazione della Pasqua, memoriale della morte e risurrezione del Signore, è centrale nella fede cristiana, ragione per cui la si rinnova ogni sette giorni: questo è il senso primo della domenica. La Pasqua annuale non è diversa: è soltanto più solenne e articolata nei suoi successivi momenti, che la prolungano sino alle solennità di oggi e della prossima domenica. Oggi si considera il ritorno di Gesù al Padre suo, avvenuto subito dopo la risurrezione e, in modo visibile agli occhi degli apostoli, con quella che chiamiamo l'Ascensione: "Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. (...) Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi" (Prima lettura, Atti 1,1-11). Delle cose di cui parlò in quei quaranta giorni, la Scrittura riferisce in vari passi; il vangelo di oggi (Matteo 28,16-20) riporta così le ultime: "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".
Dunque: Colui che ha ogni potere in cielo e in terra (noi lo celebriamo come Cristo Re dell'universo) assicura il suo quotidiano sostegno agli apostoli (e, se fino alla fine del mondo, anche ai loro successori) inviati a condurre tutti gli uomini alla fede, mediante l'insegnamento e il battesimo. E' qui delineata l'essenza della Chiesa, che non ha altra ragion d'essere se non questa: forte dell'assistenza divina, offrire a tutti la possibilità di realizzarsi nella vita, aderendo a Colui che per tutti ha dato la propria. Realizzarsi, cioè vivere come lui ha comandato, per poterlo poi definitivamente raggiungere.
In questo schema sta il rapporto tra la vita presente e quella futura. Non è mancato nei secoli chi, considerando importante solo la meta, ha svalutato questo mondo, ignorandolo quando non disprezzandolo, astraendosi dai suoi problemi per chiudersi in una torre d'avorio dove costruire la propria presunta perfezione. Ma un tale atteggiamento è lontanissimo dalla volontà di Dio: basti ricordare le beatitudini (Matteo 5,3-11) o il metro con cui saremo giudicati (Matteo 25,31-46); il cristiano è chiamato ad operare attivamente in questo mondo, per migliorarlo secondo giustizia e amore. Peraltro non manca chi, al contrario, si muove come se dovesse restare in questo mondo per sempre, ed è tutto teso a coglierne quanto lo può soddisfare, non importa se per farlo calpesta gli altri (nelle mille possibili forme di ingiustizia) o rovina le comuni risorse presenti e future (con l'inquinamento, ad esempio, o con lo sfruttamento dissennato del suolo). "Non è qui la perenne città", ricorda più volte il coro di quel mirabile dramma che è "Assassinio nella cattedrale" di T. S. Eliot, riprendendo la Scrittura: "Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura" (Lettera agli Ebrei 13,14). Ammaestrato dalla Parola di Dio, il cristiano sa di essere cittadino di due città; operare in questa con tutte le capacità di bene di cui è dotato, è la condizione per potersi poi insediare nell'altra, quella definitiva.
Delle due, da tenere sempre ben presenti entrambe, la liturgia di oggi invita a guardare a quella futura: "Il Signore Gesù, mediatore tra Dio e gli uomini, giudice del mondo e Signore dell'universo, non si è separato dalla nostra condizione umana, ma ci ha preceduti nella dimora eterna, per darci la serena fiducia che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi sue membra, uniti nella stessa gloria".