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TESTO Commento su Luca 9,51-62

Monastero Domenicano Matris Domini  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (27/06/2010)

Vangelo: Lc 9,51-62 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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51Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55Si voltò e li rimproverò. 56E si misero in cammino verso un altro villaggio.

57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Lectio
Questo brano si trova all'inizio della seconda grande parte del vangelo di Luca, che viene indicata convenzionalmente con il nome di Viaggio verso Gerusalemme. Egli sta andando a compiere la sua missione: la sua passione, morte e risurrezione.
Il viaggio verso Gerusalemme si apre con un rifiuto. Un villaggio samaritano non vuole accogliere Gesù. Luca ha dato a questo episodio un valore programmatico, come aveva già fatto per la scena di Nazaret che inaugura il suo ministero in Galilea (Lc 4,16-30). Esiste un certo parallelismo: i Samaritani ostacolano il viaggio di Gesù verso Gerusalemme, voluto da Dio. I Nazareni si erano opposti all'universalismo del messaggio di Gesù. In ambedue i racconti affiora la figura di Elia. Il parallelismo però viene subito superato. I Samaritani non rifiutano Gesù in quanto tale, ma semplicemente perché vuole recarsi al tempio di Gerusalemme. Questo incidente di percorso dà a Gesù l'occasione per correggere la falsa idea di messianismo che avevano i suoi discepoli: egli non è venuto a condannare, né a minacciare l'inferno per chi non accoglie il Vangelo.
In questo brano può leggersi anche un insegnamento per i futuri missionari: chiamati a preparare la venuta del Signore, essi devono aspettarsi anche di essere respinti, insieme a Gesù, e condividere così il suo cammino verso la croce.
Il «viaggio» continua poi con tre piccoli episodi sul tema del «seguire Gesù». I primi due sono in comune con Matteo (fonte Q), il terzo può essere stato scritto da Luca o appartenere a una fonte sconosciuta da Matteo. I tre detti mettono in luce tutta la serietà della vocazione a essere discepoli di Gesù. Non a caso l'evangelista pone tali esigenze all'inizio di questa sezione, nel contesto del viaggio di Gesù verso Gerusalemme e prima dell'invio dei discepoli in missione (Lc 10,1ss).
Il testo successivo è quello tratto dalla Sinossi di A. Poppi.
51. Ora, avvenne che, compiendosi i giorni della sua assunzione, allora egli rese duro il volto per andare a Gerusalemme.
Gesù rende duro il suo volto, come il servo di Jahvé (Is 50,6-7), nella piena accettazione delle sofferenze che sa che lo aspettano e si rivolge verso Gerusalemme, la città in cui si compirà la sua «assunzione». Quale significato dare a questo termine «assunzione» (analempsis)? La traduzione normale è: assunzione, rapimento; il verbo corrispondente viene utilizzato da Luca per parlare dell'ascensione di Gesù (At 1,2.11.22) e proviene dal vocabolario del rapimento di Elia (2Re 2,9-11). Però Luca parla dei «giorni dell'ascensione», quindi di qualcosa che dura per un po' di tempo. Ovviamente egli intende anche la passione e la risurrezione. Come Giovanni egli usa un termine a doppio senso (come anche la parola «esodo» in Lc 31) per indicare l'unico mistero, profondo e pieno di sfaccettature, che va dalla passione di Gesù fino alla sua ascensione al cielo.
52. E mandò dei messaggeri davanti al suo volto. E (costoro), essendo andati, entrarono in un villaggio dei samaritani, per preparare per lui.
Il fatto che Gesù mandi avanti dei discepoli nel villaggio è plausibile: il pernottare di un gruppo numeroso richiede una certa preparazione. Inoltre si tratta di un villaggio samaritano. Tra Giudei e Samaritani non vi erano buoni rapporti da quando, dopo la prima deportazione in Mesopotamia, la Samaria era stata ripopolata da elementi stranieri, con il risultato di ridursi a una zona semipagana. Attorno al IV secolo a.C., i Samaritani costruirono sul monte Garizim il loro proprio luogo di culto. Anche Flavio Giuseppe racconta di zuffe tra i Samaritani e i Giudei che volevano recarsi a Gerusalemme.
In questo invio dei discepoli possiamo leggere anche la missione postpasquale. I discepoli sono identificati con i messaggeri che precedono la venuta del Messia e preparano la sua accoglienza (Ml 3,1).
53. E non lo accolsero, poiché il suo volto era diretto a Gerusalemme.
L'ospitalità viene negata a Gesù, pellegrino galileo: non lo accolgono «perché il suo volto era diretto a Gerusalemme». Il motivo storico riceve un valore teologico? La ripresa dell'espressione ebraizzante del «volto» lo suggerisce: i Samaritani, come anche i discepoli, non capiscono la necessità divina che deve portare Gesù a Gerusalemme, verso la sua «assunzione».
54. Ora, i discepoli Giacomo e Giovanni, vedendo (ciò), dissero: «Signore, vuoi che diciamo che un fuoco scenda dal cielo e li consumi?».
La reazione di Giacomo e Giovanni non si fa aspettare. E' una domanda che tradisce un modo di pensare, un concetto messianico e missionario che Gesù non approverà: il ricorso alla vendetta divina. La punizione che Giacomo e Giovanni invocano richiama un'azione simile compiuta dal profeta Elia (2Re 1,10-12).
55. Ma (egli), voltatosi, li rimproverò.
Ma Gesù non segue il comportamento di Elia. Volgendosi verso i discepoli - espressione tradizionale che presuppone che il maestro preceda i discepoli, e in Luca allude al «viaggio» - li rimprovera severamente. L'avvicinarsi di Dio agli uomini non avviene con la forza, non con i propositi di giustiziere.
56. E andarono verso un altro villaggio.
Può darsi che Gesù visto il rifiuto dei Samaritani abbia deviato il suo cammino, prendendo la strada che per giungere a Gerusalemme attraversa la Perea. L'interesse di Luca in questa sezione è però soprattutto di presentare Gesù in «viaggio»; non importa quindi l'identificazione dell'«altro villaggio». Il versetto conclusivo ricorda Lc 4,30 (al termine dell'episodio del rifiuto di Nazaret) ed è probabilmente redazionale.
57. Mentre essi andavano per la vita, un tale gli disse: «Ti seguirò ovunque vada».
Lungo la via verso Gerusalemme si mettono in luce le esigenze richieste dalla sequela di Gesù. Chi siano i suoi interlocutori, e quale sia stato l'esito delle richieste di Gesù non ha alcuna importanza. L'accento è posto sulle esigenze formulate da Gesù e rivolte a tutti coloro che si sentono chiamati. Dopo il rifiuto ricevuto dai Samaritani queste esigenze diventano ancora più serie: si tratta di condividere il destino di un senza-patria.
La prima domanda implica la coscienza di scegliere un esistenza non comoda, e manifesta la prontezza alla sequela incondizionata «dovunque andrai». Già in questa domanda, il verbo usato nella scuola rabbinica «seguire qualcuno» per esprimere i rapporti maestro-discepolo, presuppone la radicalità della risposta e l'originalità delle esigenze di Gesù: il servizio esclusivo e assoluto alla sua causa, l'entrare in comunione di vita e di destino con il Signore, l'essere per sempre discepolo dell'unico Maestro che solo chiama a seguirlo.
58. E Gesù gli disse: «Le volpi hanno tane e gli uccelli del cielo nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo».
La prima risposta di Gesù è una sentenza di tipo sapienziale: si possono trovare anche nella letteratura greco-romana e giudaica. Esse parlano della condizione dell'uomo, vagabondo, fragile o minacciato, paragonata alla condizione degli animali.
Nel contesto del «seguire Gesù», il detto esprime la radicalità di tale sequela: anche animali sempre in movimento come le volpi o gli uccelli hanno un luogo dove posarsi, mentre Gesù, e quindi il discepolo al suo seguito, non ha nessun posto stabile. Il discepolo deve essere cosciente dei rischi della sua scelta: egli, certo è chiamato a entrare in comunione di vita con il suo Maestro, ma è una vita da profeta itinerante, privato della protezione di una casa, impegnato in un'esistenza di vagabondo e che, come suggerisce il contesto di Luca, deve anche affrontare una situazione di escluso, di fuggitivo.
Non sembra però che Gesù con queste parole abbia voluto rappresentare la globalità della sua esistenza (infatti sappiamo da altre fonti che egli aveva una casa a Cafarnao e che alcune donne al suo seguito lo assistevano economicamente). La sentenza poteva essere stata pronunciata in un momento particolare della sua esperienza, per esempio dopo l'ostilità incontrata a Nazaret o appunto il rifiuto dei Samaritani. La comunità cristiana l'avrebbe poi posta all'interno delle condizioni per seguire Gesù.
59. Ora, ad un altro disse: «Seguimi!». Ma quegli disse «Signore, permettimi prima che andando seppellisca mio padre».
Qui la posizione dell'interlocutore è differente. Si tratta di Gesù che chiama una persona a seguirlo e non della persona che decide liberamente di venire con lui. Il chiamato non rifiuta di rispondere all'appello di Gesù, ma fa una richiesta più che legittima: poter prima seppellire il padre; un prima che ha valore non solo temporale, ma di priorità nella gerarchia dei valori.
Già Eliseo aveva chiesto di poter salutare i genitori prima di seguire Elia, (1Re 19-20), ed è possibile che Luca vi si ispiri; ma ora il futuro discepolo domanda una proroga per un motivo ben più grave: il sacrosanto dovere di provvedere alla sepoltura del padre, richiesto dal quarto comandamento della legge e considerato un'importante opera di misericordia. Questo dovere della pietà filiale era rilevante non solo nel giudaismo, ma in tutta l'antichità.
60. Ma egli disse: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu, andando, annunzia il regno di Dio».
La risposta di Gesù è perlomeno scandalosa: egli, rifiutando la richiesta, non solo si pone in opposizione con la Legge e con la pietà giudaica, ma offende uno dei doveri umani più sentiti. La parola inoltre manifesta un dualismo settario accentuato: sono considerati «morti» tutti coloro che non seguono Gesù.
E' normale che il detto abbia ricevuto numerose «correzioni» e interpretazioni, nel tentativo di spiegare il suo contenuto piuttosto oscuro, e di attenuare la sua scandalosa radicalità. Bisogna probabilmente capire metaforicamente la prima menzione dei «morti»: sono i «morti spirituali», sinonimo nel giudaismo di «peccatori». Ciò corrisponde alla visione che Gesù aveva di Israele, un popolo di peccatori al quale Dio gratuitamente si rivolge e condona il debito.
Il detto risulta però comprensibile solo alla luce della realtà annunciata da Gesù: la vicinanza del Regno di Dio. Dinanzi all'Evento prioritario della vicinanza del Regno, la chiamata a seguire Gesù ha precedenza su tutto. Gesù non annulla la Legge: egli pone radicalmente il comandamento «Ascolta Israele» al primo posto, fedele più che mai all'esigenza fondamentale della Legge. C'è un evento che ha priorità su tutto, quindi il dovere di seguire Gesù supera ogni altro dovere.
La seconda parte della risposta, presente solo in Luca, è probabilmente una sua aggiunta, come mostrano anche lo stile e il contenuto: «Tu andando, annuncia il Regno di Dio». In questo modo Luca lega l'appello a seguire Gesù con la chiamata ad annunciare il Regno di Dio.
La chiamata a seguire Gesù è un appello al servizio incondizionato del Regno di Dio come messaggio da proclamare. Tale compito esige l'abbandono dei legami familiari, della patria. A queste condizioni il chiamato realizza la sua vocazione di discepolo che è di seguire Gesù sulla via che egli per primo ha percorso. Sono i preliminari per la scena seguente di Lc 10,1ss.
61. Ora, un altro gli disse: «Ti seguirò, Signore; ma prima permettimi d'accomiatarmi da quelli di casa mia». 62. Ma Gesù gli disse: «Nessuno che mette mano all'aratro e guarda indietro è adatto per il regno di Dio».
La terza scena è presente solo in Luca e sembra un po' meno radicale. Forse per questo Matteo l'ha omessa? Altra caratteristica è l'influenza del racconto della vocazione di Eliseo (1Re 19,19-21). Vi ritroviamo due elementi in comune: la richiesta di Eliseo ad Elia «permettimi di andare a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò» (v. 20), e l'immagine dell'aratro: Eliseo stata arando quando fu chiamato dal profeta Elia. Sembra proprio che Lc 9,61,62 sia stato aggiunto come un commento a Lc 9,59-60 per rendere comprensibile nella situazione postpasquale l'esigenza inaudita contenuta nella risposta di Gesù (Lc 9,60): l'autorità del Signore supera quella di Elia.
Come nella domanda precedente, l'interlocutore mostra la sua disponibilità a essere discepolo, ma chiede di poter accomiatarsi da quelli di casa sua.
Il verbo scelto per indicare il commiato è tipico di Luca: apotassein significa salutare, ma anche abbandonare, lasciare: appare il tema, caro a Luca, della rinuncia a tutto per essere discepolo di Gesù. La risposta di quest'ultimo ha di nuovo la forma di un proverbio: se il contadino vuole arare diritto non può permettersi di guardare indietro. Il compito affidato al discepolo - la predicazione del Regno - esige una grande determinazione, un impegno totale, senza nostalgie, che pone il dovere al servizio del Regno di Dio al di sopra degli affetti famigliari.
L'allusione alla vocazione di Eliseo da parte di Elia mette nuovamente a confronto quest'ultimo con il Messia. Gesù non è l'Elia redivivo, ma il «più di Elia». Le sue esigenze superano quelle del profeta più rappresentativo dell'AT; sono esigenze che corrispondono alla novità dell'intervento salvifico di Dio nella storia.
Meditiamo
1) Come è il mio atteggiamento nei confronti di quanti sembrano non accogliere la Parola di Dio e la fede cristiana?
2) Quali sono le cose che il Signore mi invita a lasciare per mettermi più decisamente a servizio del Regno di Dio?
3) Cosa posso dire del mio seguire Gesù oggi? Sono troppo coinvolto dai miei affetti famigliari o li vivo come aspetti della mia vocazione? Sto lavorando con impegno a seguire il Signore, o mi volto indietro con nostalgia?
Preghiamo
Salmo Responsoriale Dal Salmo 15
Sei tu, Signore, l'unico mio bene.
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,

dolcezza senza fine alla tua destra.
Colletta
O Dio, che ci chiami a celebrare i tuoi santi misteri, sostieni la nostra libertà con la forza e la dolcezza del tuo amore, perché non venga meno la nostra fedeltà a Cristo nel generoso servizio dei fratelli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te...

 

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