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TESTO Commento su Luca 24,46-53

Monastero Domenicano Matris Domini  

Ascensione del Signore (Anno C) (16/05/2010)

Vangelo: Lc 24,46-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Lectio
Contesto
Il brano di Luca proposto per la domenica dell'Ascensione è la parte finale del suo vangelo; si tratta di un testo cerniera, perché con lo stesso episodio Luca inizia il racconto degli Atti degli Apostoli. Questo testimonia l'importanza del momento e il suo significato per la vita della chiesa (e non solo secondo la teologia lucana). Siamo nel contesto delle apparizioni del Risorto e come vedremo l'evangelista colloca qui la sua interpretazione dell'ascesa di Gesù al cielo e il suo senso per la missione dei discepoli.
La pericope è chiaramente divisa in due parti: vv. 46-49 discorso di Gesù risorto ai dodici; v. 50-53 la sua ascensione al cielo. Nella prima lettura proposta in questa domenica abbiamo il testo parallelo (At 1,1-11) la cui lettura è fondamentale per cogliere il senso della pericope evangelica. La seconda lettura (Eb 9,24-28; 10,19-23) suggerisce un'interessante interpretazione dell'ascensione collegandola al sacerdozio di Cristo.
46. Disse loro: "Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno,
Gesù è tra i suoi, la sera della resurrezione (vedi 24,36); dopo il primo momento di stupore e gioia e il riconoscimento del Maestro egli rilegge con i discepoli le Scritture (v. 44) per far loro comprendere il senso della sua passione, morte e resurrezione. In un secondo momento (v. 45) Gesù apre loro la mente alla comprensione delle Scritture. Sembrerebbe una ripetizione, in realtà l'evangelista vuole introdurre un altro elemento. I vv. 46-49 sono una sua composizione propria in cui, oltre ad elementi comuni agli altri sinottici, troviamo temi specifici del terzo vangelo, quali la centralità di Cristo per la storia della salvezza; l'importanza di Gerusalemme; la continuità tra la missione di Cristo e quella della chiesa.
Il v.46 è introdotto da un solenne: così sta scritto, (il termine greco houtos (così) indica il contenuto e dunque vuol dire: questo è ciò che dice la Scrittura) che indica un rimando generale all'A.T., senza che ci sia un testo che in esso parli della resurrezione del Messia! A cosa si riferisce Luca, cosa vuol dirci? L'evangelista sta chiaramente rileggendo le Scritture alla luce della Pasqua di Gesù e scrive questo testo utilizzando le formule tradizionali del kerygma cristiano; per lui la morte-resurrezione è il fulcro della vicenda di Gesù e il compimento delle Scritture.
L'uso del verbo patire, che Luca usa spesso, del termine Cristo, anziché di Figlio dell'uomo, il verbo anastenai (alzarsi) che accentua il carattere Cristologico, al posto del più tradizionale egeirein (svegliare) dicono il riferimento alla predicazione apostolica. Del resto i temi del vv. 46-49 sono quelli tipici di quest'ultima come appare descritta nel libro degli Atti degli apostoli(vedi v. successivo).
47. e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48. Di questo voi siete testimoni.
Anche il v. 47 dipende dal così sta scritto del v. 46; quindi per Luca non solo la passione, morte e resurrezione di Gesù, ma anche la missione degli apostoli di annunciare il vangelo a tutte le genti sono il compimento delle Scritture, che legittimano la missione cristiana presso i pagani. La missione di Gesù continua in quella dei cristiani (vedi At 26,22s; 13,47; cfr. Lc 3,4-6; 2,30-32).
Troviamo il tema tipico che ritroviamo negli Atti: l'invito alla conversione per il perdono dei peccati (cfr. At 2,38; 3,19; 5,31; 8,22; 26,18), dove la prima è un processo, che deriva dall'ascolto della predicazione e porta ad un presa di coscienza della propria storia, al pentimento per quanto di male si è compiuto a causa dell'ignoranza del vangelo di Gesù (o del vero Dio, nel caso dei pagani, cfr. At 3,17; 14,15).
La conversione ha un aspetto teologico e uno morale, per Luca il primo è il più importante: la conversione è un volgersi a Dio, toccati dalla sua grazia che ci raggiunge attraverso la predicazione.
L'indicazione a tutti i popoli ha un riferimento a Mc 13,10 (ma al di fuori del suo contesto apocalittico) e un aggancio a Is 49,6: "perché tu porti la mia salvezza sino all'estremità della terra" (vedi At 13,47).
Del tutto lucano il riferimento a Gerusalemme, centro della vicenda di Gesù e luogo da cui parte la predicazione della chiesa. Questo versetto ha un chiaro collegamento ad At 1,8 (vedi prima lettura di questa domenica) che rimanda alla realtà di Gesù Messia luce delle genti.
Il v. 48 riconosce ufficialmente agli apostoli la funzione di testimoni del Risorto, di cui possono garantire la veridicità (cfr. At 1,22; 2,32; 3,15). La funzione di testimone come caratteristica degli apostoli è propria del terzo vangelo e risponde alla promessa scritta nel prologo (Lc 1,2) circa la solidità degli insegnamenti ricevuti da Teofilo.
49. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto".
La conclusione del discorso di Gesù agli apostoli, e della sua missione sulla terra, si riferisce al dono dello Spirito santo, essenziale perché essi possano compiere la loro missione. E' Gesù stesso a mandare lo Spirito, insieme al Padre (come diceva l'A.T.). Lo Spirito caratterizza il tempo della Chiesa; l'indicazione dello Spirito come potenza dall'alto ha un riferimento in Is 32,15, mentre la promessa di questo dono e l'esserne rivestiti sono temi comuni nel N.T. (vedi Gal 3,14; Ef 1,13; At 1,4; 2,33; Rm 13,14; 1Cor 15,53; Col 3,10).
Gesù qui chiama Dio Padre mio, come la prima volta che lo cita in Luca (2,49); l'evangelista in questo versetto associa le tre persone della Trinità, così come Matteo al termine del suo vangelo (cfr. Mt 28,19).
Mentre in Gv 20,22s il Risorto dona subito lo Spirito, Luca rimanda questo dono ed ordina di rimanere a Gerusalemme. Questo prepara a quanto dirà nel libro degli Atti al capitolo primo, che continua idealmente il vangelo, passando dal racconto della missione di Gesù a quella degli apostoli.
50. Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo.
Luca conclude il vangelo narrando l'Ascensione di Gesù, ripresa poi negli Atti, utilizzando molto probabilmente una tradizione precedente (cfr. At 1,9-11).
Si tratta ancora della sera del giorno della resurrezione? Verso Betania, (gli Atti dicono sul monte degli ulivi, 1,12, ma ciò non è contraddittorio), ossia il luogo da cui Gesù era disceso per entrare solennemente a Gerusalemme (Lc 19,29ss) prima della sua passione. Come al termine di una celebrazione Gesù benedice i suoi. Del resto se pensiamo a tutto il capitolo 24 del vangelo di Luca possiamo vedervi adombrata una celebrazione domenicale della prima comunità cristiana ed è naturale che dopo la lettura delle Scritture (v. 44) e un pasto conviviale (vv.41-43) essa termini con la benedizione di coloro che presiedono e guidano la comunità. Il gesto richiama anche il testo di Sir 50,20-21, sebbene Luca non presenti elementi di una riflessione su Gesù come sacerdote. Altro riferimento possono essere i testi di congedo come Gn 27,4; Tb 10,11; Giud 22,10.
A differenza di At 1,6-12 (dove si dice che il fatto avvenne dopo 40 giorni) qui Gesù ascende al cielo lo stesso giorno di pasqua. Luca parla di essa in due prospettive diverse: nel vangelo l'ascensione conclude le apparizioni del risorto, negli Atti il periodo di preparazione degli apostoli alla loro missione mondiale.
Il verbo anapherein (salire; portato su nella nuova traduzione) che suggerisce un'azione progressiva è al passivo (unica volta nel N.T.) e riferisce l'azione a Dio con un collegamento ai testi di rapimento nella Bibbia (per esempio per Enoch o Elia, vedi Gen 5,24; Sir 44,16; 49, 14; 1Re 2,9ss; Sir 48,9.14). Ma l'idea che l'evangelista vuole trasmettere è diversa: egli indica l'esaltazione del risorto alla destra di Dio, ben attestato nella predicazione apostolica (vedi Fil 2,9; 1Tm 3,16: 1Pt 3,22; At 2,33; 5,31).
Nel cielo (eis ton ouranon) al singolare, è una forma abituale, ripetuta tre volte nel testo parallelo di At 1,10-11.
52. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53. e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
L'evangelista utilizza qui per la prima volta il verbo proskynein (prostrarsi; presente anche in Sir 50,21): si tratta di un gesto di adorazione dovuto solo a Dio. In effetti ora i discepoli hanno un nuovo rapporto con Gesù Signore, di cui riconoscono la regalità e la filiazione divina (elementi già presenti nei testi dell'infanzia, capitolo 1 e 2).
Come Gesù ha ordinato (v. 49) essi tornano a Gerusalemme, il centro dell'evento Cristo per Luca, con grande gioia, la gioia tipica della comunità post-pasquale (cfr. At 2,46); la partenza di Gesù non è motivo di tristezza, perché con la resurrezione si inaugura la pienezza del tempo messianico.
Il vangelo di Luca ha termine nel luogo in cui era iniziato, il tempio, ora luogo di partenza della grande missione evangelizzatrice rivolta a tutti i popoli.
Altro tema caro all'evangelista, la lode di Dio (cfr. Lc 1,64; 2,28, con un'espressione propria di Luca), che ora si riferisce in particolare alla grande opera di Dio che è la resurrezione; per Luca essa non è in contrapposizione al gesto di adorazione rivolto a Gesù, ma naturalmente collegata ad essa.
La presenza nel tempio rimanda a diversi testi degli Atti (2,46-47; 3,1; 5,21.42) e riporta un ricordo storico del legame tra la prima comunità cristiana e questo luogo sacro, sino alla sua distruzione nell'anno 70 d.C. La lode di Dio come ultima tappa del vangelo è anche indicativa dell'atteggiamento che Luca si aspetta dalla Chiesa nel suo cammino lungo la storia (G. Rossé).
Meditiamo
1) Come vivo l'assenza fisica di Gesù nella mia vita di fede, come motivo di tristezza, di incertezza? O come segno di una nuova dimensione, più profonda della sua presenza?
2) Leggere tutti i testi di questa domenica per cogliere il loro legame profondo e vedere i diversi aspetti della realtà dell'ascensione di Gesù al cielo.
3) Quale missione mi affida il Signore Gesù, come suo discepolo?
4) La conversione che introduce all'atteggiamento di fede piena nel risorto è un elemento presente nella mia vita di credente? Come alimentarla ed esprimerla?
Preghiamo
Salmo Responsoriale (dal Salmo 46)
Ascende il Signore tra canti di gioia.
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore,
l'Altissimo, grande re su tutta la terra.
Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.
Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,

Dio siede sul suo trono santo.
Colletta
Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria. Egli è Dio...

 

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